Anche se non è lunedì, giorno dedicato alla rubrica degli “emergenti” consentiteci una deroga per parlare di una regista di cui ci siamo già occupati all’inizio dell’anno. Alina Marazzi, non è più da considerare un’emergente bensì una regista di documentari di grosso impatto. Nel 2007 gira “Vogliamo anche le rose” sulla storia e l’evoluzione del movimento femminista in Italia. Per saperne qualcosa in più leggete l’articolo.
Una carriera “impegnata”
Nata nel 1964 da una famiglia della buona borghesia milanese, Alina Marazzi si segnala per “Un’ora sola ti vorrei”, del 2002 nel quale attraverso filmati di famiglia si consuma la tragedia familiare del suicidio della madre, morta giovanissima perché si considerava inadeguata ai ruoli che da sempre la società assegna alle donne. Segue “Per sempre” percorso sulla vita claustrale delle suore e nel 2007 “Vogliamo anche le rose” da uno slogan del movimento femminista. Una carriera quindi che sposa a piene mani l’impegno sociale e in particolare ha un occhio di riguardo sulle donne.
Dal privato al pubblico
Italia, anni Sessanta: Anita ( voce fuori campo dell’attrice Anita Caprioli) è una ragazza di Milano di diciassette anni alle prese con il debutto in società e le sue inadeguatezze del tutto inconsapevole che “fuori” dal suo mondo si sta cercando di cambiare. Fine decennio: Teresa è una pugliese ventenne costretta a fronteggiare la necessità di abortire; metà anni Settanta: Valentina è una trentenne romana attivista del movimento femminista tout court che deve dividersi tra il suo attivismo e il compagno: tre storie diverse, tre diari che però pur parlando di situazioni private rappresentano momenti e situazioni emblematiche per la crescita spirituale delle donne nel nostro paese. Il documentario usa i diari delle tre ragazze come trait-d’union affinché parola e immagine siano intrinsecamente connesse.
Un lungo cammino di lotte
Documenti tratti dal mondo della pubblicità e da trasmissioni RAI ripercorrono il lungo cammino della lotta femminista: nei primi anni Sessanta diritti che al giorno d’oggi si considerano basilari erano assolutamente impensabili ( un esempio è la carriera nella Magistratura o l’uguale valenza in ambito coniugale). La donna veniva vista appena cinquant’anni fa come moglie e madre, angelo del focolare, supina e sottomessa al consorte e anche chi entrava in movimenti politici si vedeva in subordine rispetto al maschio ( del resto anche oggi le quote rosa sono a ranghi ridotti al Parlamento).
Lo spettatore si rende conto dell’evoluzione e della rivoluzione che le donne hanno portato avanti con rabbia e fatica tra la metà degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta. A fine documentario la regista fa scorrere prima dei titoli di chiusura l’elenco di tutte le leggi che sono state approvate negli anni successivi alla lotta e che hanno apportato beneficio non solo alle donne ma all’intera società italiana sollevandola dal buio medioevale nel quale si trovava e per certi versi ancora si trova.
Una testimonianza fondamentale per la nostra storia
Il documentario della Marazzi è una testimonianza dell’evoluzione socioculturale della società italiana, ma si limita a mostrare al pubblico un percorso senza dare ricette poiché sceglie l’iter cronachistico. Nonostante il limite che però non lo rende difettibile , il film è assolutamente consigliato a tutti senza esclusione di genere o estrazione culturale per il carattere didattico e anche per la grande capacità della regista di comminare immagini, testi e anche colonna sonora con maestrìa e autorevolezza.