Norimberga è un film di James Vanderbilt che vede come protagonisti Russell Crowe e Rami Malek.
a cura di Antea Cukon
Norimberga
Norimberga è uno di quei film che restano addosso, non perché sia perfetto, ma perché affronta un tema che raramente si vede trattato con questa intensità: l’incontro, quasi da camera di tortura psicologica, tra uno psichiatra americano e alcuni tra i più alti gerarchi nazisti in attesa di processo. È un’idea forte, rischiosa, e il film di James Vanderbilt decide di abbracciarla senza filtri.
La storia segue Douglas Kelley (interpretato da un sorprendente Rami Malek), lo psichiatra militare incaricato di valutare la salute mentale di Hermann Göring e degli altri imputati del processo di Norimberga. È un punto di vista che permette di vedere gli eventi non tanto dal banco del tribunale, ma da una stanza chiusa, dove la guerra non è più un rumore lontano ma una presenza che pulsa ancora sotto la pelle dei personaggi.
L’evoluzione dei rapporti
Il cuore del film, però, è il rapporto tra Kelley e Göring, interpretato da un Russell Crowe in stato di grazia. Crowe riesce a essere magnetico e repellente allo stesso tempo: ti fa ascoltare le sue parole quasi controvoglia, come se tu stesso, spettatore, rischiassi di cadere nel suo gioco manipolatorio. È inquietante vedere come il film mostri la capacità dei carnefici di apparire “umani”, proprio quel tipo di umanità distorta che rende la storia ancora più terribile.
Il trailer di Norimberga
La regia di Vanderbilt
La regia di Vanderbilt è elegante, forse un po’ troppo composta in alcuni momenti, ma perfettamente a suo agio nei dialoghi serrati. Norimberga non punta sulle scene di massa o sulla ricostruzione spettacolare: qui tutto si gioca negli sguardi, nei silenzi, nei dettagli degli interrogatori. Questo lo rende un film intimo, quasi teatrale, che chiede allo spettatore di restare concentrato e lasciarsi coinvolgere soprattutto dalle parole.
Non mancano i difetti. Alcune parti sembrano rallentare eccessivamente, come se il film avesse paura di spingersi davvero oltre. I personaggi secondari sono spesso sacrificati, e certe dinamiche giudiziarie avrebbero meritato più spazio. A tratti si percepisce un certo desiderio di “pulizia narrativa”, come se il film temesse di mostrare fino in fondo il caos morale del dopoguerra. Ma nonostante questo, il risultato è solido e coraggioso.
L’essenza di Norimberga
Uno degli aspetti più riusciti è il modo in cui il film Norimberga ci ricorda che la giustizia non è mai semplice né scontata. Non c’è retorica facile: il processo non è presentato come un trionfo netto del bene sul male, ma come un percorso fragile, pieno di dubbi e domande irrisolte. E Kelley, in mezzo a tutto questo, diventa lo specchio delle nostre incertezze: che cosa rende qualcuno responsabile? È possibile comprendere senza giustificare? Fino a che punto la psicologia può spiegare l’orrore?
Norimberga è un film che va visto con la giusta predisposizione: non intrattiene, non consola, non cerca scorciatoie emotive. Ma se gli si concede tempo e attenzione, sa regalare un’esperienza intensa, disturbante e profondamente attuale. In un’epoca in cui la memoria storica sembra sempre più fragile, questo film ricorda quanto sia importante non distogliere lo sguardo.
