Una “Scossa” d’autore per ricordare il terremoto di Messina

Presentato in anteprima all’ultimo festival del cinema di Venezia e a Bari in occasione del BIF&ST appena conclusosi, Scossa è uscito nelle sale a metà marzo, ma si profila come una pellicola di nicchia per la sua particolare struttura.

Costituito da quattro mini storie realizzate da quattro registi che hanno fatto la storia del nostro cinema: Carlo Lizzani, Ugo Gregoretti, Citto Maselli e Nino Russo, il film parla del terremoto che a fine 1908 ha distrutto Messina e Reggio Calabria.

Quattro episodi di forte impatto

Ciascun regista ha voluto dare la sua personale impronta alla sua storia: Lizzani parte dalla sera antecedente il disastro. In una casa dignitosa una madre (la bravissima Lucia Sardo) è felice della sua vita familiare nonostante la scomparsa prematura dell’amato coniuge. Rimasta prigioniera tra le macerie della sua abitazione attenderà la morte poiché, a causa dell’imperizia e della penuria di mezzi, nessuno sarà in grado di aiutarla.

l’attrice Lucia Sardo in una immagine di scena

Gregoretti racconta il reportage giornalistico dello scrittore piemontese Giovanni Cena (Paolo Briguglia) che, nel forbito italiano del tempo, narra quanto accade lungo la costa calabra. Immagini in bianco e nero e scene prive di orpelli, il potere della parola sovrasta e guida.

L’episodio “Sciacalli” firmato da Citto Maselli e interpretato da Massimo Ranieri e Amanda Sandrelli parla della repressione violenta esercitata contro chi depredava le abitazioni abbandonate, ma a volte, poiché a prestare i soccorsi giunsero dei militari stranieri che si trovavano al momento nei pressi di Messina, a causa delle difficoltà linguistiche, molti innocenti furono accomunati ai vili banditi. Episodio teatrale, colori freddi nella prima parte e prevalenza dell’ocra nella scena finale che ricorda in parte il quadro “Los fusilamientos” di Goya.

Ranieri in una scena del film

Tra il reale e il surreale

L’ultimo episodio, girato da Nino Russo, ricorda la storia dell’ebreo errante condannato a vivere fino al ritorno di Cristo sulla terra: si narra infatti del caso di un povero pescatore che dovrebbe ricevere un’abitazione popolare con l’esproprio del suo capanno di pesca subito dopo il terremoto del 1908, ma, dopo cento anni, il poveretto,tanto caparbio da decidere di non morire, non è ancora riuscito ad ottenere giustizia, singolare metafora del gattopardesco: ” tutto cambia ma tutto resta com’è”. Sfila un secolo di vita italiana:si festeggia per le dimore “provvisorie” date ai terremotati, si festeggia per la vittoria dell’Italia nella prima guerra mondiale, si festeggia per l’Impero fascista,si festeggia per lo scampato pericolo di una vittoria rossa alle elezioni del 1948 e mentre tutti sono in attesa della finale tra Italia e Francia ai Mondiali di calcio 2006, il vecchissimo e immortale pescatore gira tra le baracche in piedi dal 1909, mentre i cadaveri di nuovi poveri (i migranti dall’Africa) ,arrivano in riva al mare (all’inizio dell’episodio a riva erano emersi dei cadaveri di alcuni uomini in partenza verso le Americhe).
Reale e surreale coesistono in una denuncia sociale graffiante e metaforica. Pellicola altamente consigliata.

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