Paranormal Stories: Esercizio di stile per Piccoli Brividi

Il 10 Luglio arriva in piccola distribuzione un esperimento portato avanti da una serie di giovani registi emergenti nati negli anni ottanta con la voglia di seguire le orme dei padri di un genere (l’horror) ormai dimenticato e di secondo piano nel panorama produttivo italiano: arriva “Paranormal Stories”.

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Trama

Mettendo al centro l’idea della “morte” come entità “viva”, si racconta attraverso una serie di storie la presenza di questa entità nella vita dei protagonisti delle vicende.

Trailer del film:

Presenza/Assenza

Gabriele Albanesi (classe 1978) già da anni porta avanti la voglia e l’intenzione di rilanciare un genere cinematografico che sembra ormai “morto” nel cinema mainstream nostrano. Nel 2006 esordisce sul grande schermo, grazie all’aiuto economico dei Manetti Bros., con il suo “Il bosco fuori”, che rilancia lo splatter anni settanta che avrebbe poi portato alla deriva il genere. Qui decide di supervisionare l’intero progetto, coinvolgendo attori e registi, curando i soggetti e girando un prologo ed epilogo che faccia da congiunzione alle storie raccontate.

I registi coinvolti sono Andrea Gagliardi, Stefano Prolli, Tommaso Agnese, Roberto Palma, Marco Farina e Omar Protani. Nell’insieme, le storie mantengono un climax ben sostenuto, accompagnato in alcuni casi da un buon utilizzo di luci, in altri casi da buoni movimenti di macchina, di certo forti di ottimi effetti sonori. In sostanza, però, qui parliamo di piccoli brividi e di storielle che sostengono più degli esercizi tecnici per i registi coinvolti piuttosto che brividi reali per un pubblico che facilmente potrebbe annoiarsi per il “già visto” o per l’importante approfondimento psicologico di alcune storie che, seppur richiamano i nostri “padri” Mario Bava e Lucio Fulci, tendono ormai ad essere vissute “fuori tempo” se non sostenute da l’action e lo splatter a cui ci ha abituati già maggiormente Lamberto Bava.

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L’aspetto interessante rimane la voglia dell’horror di volersi agganciare fortemente alla realtà sociale in cui viviamo e quindi si arrivi allo sbando etico delle nuove generazioni e al potere psicologico e non solo che i social media e la tecnologia hanno sulla nostra psiche. L’episodio “Offline” con Daniele De Angelis e Primo Reggiani, ad esempio, mantiene un ritmo narrativo e fotografico, oltre che un taglio di regia, molto maggiore rispetto a “Il cartaio” di Dario Argento che già all’epoca in cui uscì era assolutamente fuori tempo massimo.

Ci troviamo quindi davanti ad un prodotto lontano dalla perfezione o dal cambiare le carte in tavole rispetto ad un genere purtroppo ormai difficile sul grande schermo perché volutamente allontanato da decenni dai produttori e distributori nostrani ma che riesce ancora a dire qualcosa e che le nuove generazioni di registi vogliono utilizzare come “alternativa pericolosa” per raccontare ed arrivare più facilmente ad un pubblico mainstream, terrorizzandolo ed affascinandolo.

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