Dal libro al film. Di solito si finisce col commentare “è meglio il libro“. O si punta il dito contro lo sceneggiatore, quasi sempre colpevole di aver snaturato il senso delle pagine. Questa volta ci troviamo di fronte ad uno dei pochi casi in cui lo sceneggiatore è anche colui che ha scritto il libro da cui il film è tratto, Matthew F. Jones.
A single Shot
Le atmosfere cupe e livide del romanzo sono state trasposte nella pellicola grazie alla fotografia di Eduard Grau, efficace nel rendere A Single Shot un noir rarefatto che sin dai primi istanti promette tensione Hitchcockiana, e che vira le immagini in grigio, marrone e nero.
John Moon vivacchia cacciando, ed è caccia di frodo la sua. Unproiettile colpisce ed uccide accidentalmente la preda sbagliata, una ragazza che campeggiava nei dintorni. Mentre ne occulta il cadavere, saltano fuori una pistola, droghe, e un bel mucchio di soldi. Il colpo innesca una serie di eventi funesti che sconvolge la vita di John e mette in pericolo anche la sua famiglia.
John Moon è Sam Rockwell. Moon, proprio come il titolo del film di Duncan Jones di qualche anno fa di cui Sam era protagonista.
West Virginia Fashion
Purtroppo deflagra in scena per pochissimi minuti, ma l’avvocato superfreak incarnato dal parrucchinato William H. Macy, con una giacca che non può esistere nella realtà, è strepitoso. E riesce a far concorrenza, nella delirante galleria di personaggi inguardabili che scorre di continuo nella mia testa, ad un’altro avvocato: Sean Penn in Carlito’s Way.
Scrivere sceneggiature evidentemente non è il mestiere di Jones. Se avessi tanto di quel tempo libero da cercare trovare comprare e leggere il suo libro, probabilmente scoprirei che i personaggi e le vicende che nel film sono accennati e spesso spariscono nel nulla, nel romanzo hanno una vita dignitosa e vanno a finire da qualche parte con causa e senso compiuto. Probabilmente. Oppure scoprirei che anche scrivere romanzi non è il mestiere di Jones.
Le promesse non mantenute
La delusione è doppia, tripla, perchè il film inizia benissimo. Un barbuto cacciatore di frodo, la foresta intricata del West Virginia (anche se il film è girato in quel di Vancouver), il silenzio, gli spari, la morte e i soldi. Dopo pochi magnetici minuti carichi di promesse, però, è come se avessi visto apparire la mano gigante e maldestra dello sceneggiatore, che inizia a scarabocchiare svolte scelte personaggi e intrecci inutilmente contorti e drammaturgicamente dannosi.
Quello che sembrava un solido noir completamente ispirato dal cinema dei fratellini Coen, si è subito disgregato, limitandosi a diventare una galleria di personaggi curiosi e devastati dalla vita, o dai porno, o dalla droga. Il cuore della vicenda avrebbe dovuto essere invece la lotta di Moon con la propria morale, con le conseguenze delle proprie azioni e gli effetti sulle persone che gli stanno vicino. Sarebbe stata una storia per nulla originale, ma assolutamente efficace, esattamente quello che un noir dovrebbe essere sempre.
Insomma, il colpo è singolo. Ma è sparato a salve.