Dopo aver presentato al pubblico del BIF&ST 2015 il suo ultimo film L’ultimo lupo, il regista Jean Jacques Annaud, protagonista di una masterclass a lui dedicata, parla delle sue origini e di quanto l’ambiente l’abbia influenzato nel suo lavoro.
L’amore per la storia e l’ambiente che cambia l’uomo
In questo video Jean Jacques Annaud parla del suo amore per la storia e per i luoghi di culto. la trascrizione del video in seguito:
Jean Jacques Annaud: Da giovane ho seguito una scuola di cinema francese. All’epoca esistevano due scuole una Ville Lumiere l’altra è l’attuale La Fémis. Io ho conseguito i due diplomi in entrambe le scuole però la mia predisposizione erano il greco e la storia medievale.
Il nome della rosa riguarda la mia passione per i monasteri: da piccolo avevo l’abitudine di scattare fotografie a monasteri e chiese e durante la mia infanzia ho scattato queste fotografie nonostante io non sia religioso. Però amo molto la fede altrui ed i luoghi di culto e quindi ho amato anche girare film in templi.
Vedendo Sette anni in Tibet o anche L’ultimo lupo ci accorgiamo che nel cinema di Jean Jacques Annaud ritorna sempre l’idea dell’uomo che, immerso in un ambiente completamente diverso, viene cambiato.
Jean Jacques Annaud: In effetti penso che noi registi abbiamo la tendenza a fare sempre lo stesso film e io cerco di mascherare questo fatto scegliendo ambientazioni e periodi diversi però credo che tutti i miei film siano basati sulla storia di un giovane (uomo o donna che sia) che nel momento di svolta dall’adolescenza all’età adulta viene spinto all’interno di una civiltà diversa. Ciò che gli spettatori hanno visto in Sette anni in Tibet o anche nel film L’ultimo lupo rispecchia proprio la mia storia perché dopo aver frequentato la scuola di cinema sono stato inviato forzatamente in Africa per insegnare il cinema.
Io detestavo assolutamente l’idea di andarci. All’epoca curavo degli spot pubblicitari ma quando si è aperto la porta dell’aereo mi sono subito innamorato in modo folle del continente africano e da allora questo amore non è mai finito. Almeno due volte all’anno con la mia famiglia torno in Africa, mia figlia fa parte di Medici senza frontiere ed in questo momento è presa dalla questione di Ebola, ho un’altra figlia archeologa e antropologa africanista che si è molto interessata al Camerun.
L’Africa ha cambiato totalmente la mia vita perché mi ha permesso di capire il mondo attraverso gli occhi e le amicizie di persone che non parlavano la mia lingua e non condividevamo la mia cultura perciò io mi sono riscoperto e non avrei mai potuto girare i film che ho girato se non avessi vissuto in contatto con queste civiltà completamente diverse dalla mia. Ecco l’elemento che film dopo film troviamo nel mio cinema.
Gli artisti come bambini
Jean Jacques Annaud: Si dice che gli artisti mantengano una parte della loro infanzia ed io sono ancora un bambino anche se purtroppo ho i capelli bianchi. E’ una tara che ci portiamo dietro tutti quanti, viviamo nella nostra vita la nostra passione dei trenini elettrici, le macchine elettriche, ci divertiamo. Per me il cinema è un gioco meraviglioso, un gioco di creazione proprio come quando si è piccoli si costruiscono con i Lego casette o altri oggetti.
Io so di essere ancora un bambino, dentro di me nel mio intimo continuo ad avere lo stesso entusiasmo di quando ricevevo i regali di Natale. Io credo che noi siamo tutti qui naturalmente, i capelli diventano bianchi ma non sentiamo il tempo passare siamo così felici ci sono tutte le emozioni non solo della scoperta ma anche il rischio di cadere come accade quando i bambini percorrono i sentieri di montagna e rischiano di cadere: abbiamo anche il piacere di aver paura.
Jean Jacques Annaud: le origini e le influenze
Senza andare troppo nella psicanalisi o nella sociologia, l’amore che il regista ha avuto nei confronti dei genitori e la provenienza da un ambiente borghese forse lo ha portato a voler uscire dall’ambiente borghese per entrare nel mondo reale
Nel video la risposta del regista:
Jean Jacques Annaud: Si è vero la mia è stata un’infanzia normale, molto agiata, nella periferia parigina, ma anche molto preoccupante perché tutto era perfetto, senza nessuna prospettiva, nessun rischio. In un certo senso il piacere della mia vita era la domenica andare con mamma e papà al cinema della città, grande quasi quanto questo teatro, dove ho potuto scoprire la felicità di essere proiettato in un mondo diverso da quello in cui io vivevo a casa e che mi faceva viaggiare nello stesso tempo fisicamente e anche intellettualmente.
I miei genitori erano ammiratori del cinema italiano infatti il primo film che ho visto è stato Ladri di biciclette e poi Sciuscià. I miei genitori erano grandi ammiratori di Vittorio De Sica ed abbiamo visto quasi essenzialmente cinema italiano. Io adoro Ettore Scola, ho un’ammirazione immensa per lui e ho sognato di diventare qualcuno capace di rendere omaggio all’immenso talento di quest’uomo. Sono stato molto influenzato da lui, non so se Ettore è qui in sala ma devo dirti grazie Ettore.
Non credete la sorpresa di essere qui con tre registi che hanno veramente segnato la mia vita, li cito in ordine: Alan Parker, che è stato un concorrente particolarmente dotato per quanto riguarda gli spot pubblicitari. Lui ne ha fatti più di me, io ne ho fatti circa 500 ed ero assolutamente folle di ammirazione per il talento di questo regista, per il suo gusto artistico, per la maniera con cui Alan Parker era capace di dirigere i suoi attori con una eleganza raffinatissima. Ecco questo era il mio primo grande amore cinematografico: Alan Parker.
Al secondo posto un altro uomo: Costa Gavras. Abbiamo pochi anni di differenza ma Costa Gavras ha iniziato prima di me e quindi il suo lavoro mi ha entusiasmato follemente mi ha abbagliato, i suoi film avevano un senso in un periodo come il nostro. Sapete i film hanno sempre meno senso e allora devo dire che è stato veramente meraviglioso per me poter seguire i suoi insegnamenti anche se la mia carriera non è stata tanto brillante quanto quella di Costa Gavras ma sono fiero di potermi essere ispirato alla sua filmografia.
E poi al terzo posto Ettore Scola: confesso davanti al pubblico, Ettore Scola lei ha contato tantissimo per me io ho visto tutti i suoi film, li ho visti un numero infinito di volte, credo che lei sia sicuramente uno dei punti d’onore del cinema internazionale, lei ha esercitato un’enorme influenza sul cinema francese e io ho particolarmente amato il suo senso dello humour, dello spettacolo, dell’eleganza da un punto di vista visivo. Il suo cinema è magnifico e lei mi ha ispirato non può neanche immaginare quanto.
Spesso io uscivo dal cinema dopo aver visto i suoi bellissimi film e quindi correvo, mi precipitavo in una cabina telefonica per chiamare 10 amici, dicendo: ‘è meraviglioso è veramente qualcosa di trascinante!‘. Quando ho visto per la prima volta C’eravamo tanto amati ero proprio accanto al distributore che aveva acquistato il suo film ed era talmente entusiasta, credo che l’abbia chiamato subito dopo. Io ero giovanissimo, rappresentavo un pubblico giovane e sicuramente ho permesso di far aumentare il prezzo del film.
Le sfide nel cinema
Nel cinema ci sono tante sfide, tecniche e non, come adattare un libro apparentemente inadattabile come Il nome della rosa. In cosa consiste la sfida per Jean Jacques Annaud? Nel video la risposta
Jean Jacques Annaud: Io ho la sensazione che quando ci si ripete ci si annoia, io adoro non soltanto girare in paesi diversi per cercare di trasmettere la mia emozione a contatto con la cultura diversa ma anche provare nuovi materiali, ogni qualvolta trovo qualcosa di nuovo cerco di toccare con mano questo materiale per vedere se può aiutarmi a raccontare meglio la mia storia.
Penso di essere stato il primissimo in Europa a girare un film in Dolby, credo di essere stato il primo europeo a fare il cinema a rilievo. Al posto di avere 5 altoparlanti ne ho utilizzati 500 intorno a tutta la zona per avere un sorta di seriografia sonora assolutamente sorprendente molto favorevole alla narrazione. Questa tecnica mi ha permesso l’emissione di suoni ausiliari in profondità lasciando intatto il dialogo.
Il dolby è molto importante: possiamo avere la musica attorno o dietro lo spettatore, inglobarlo nella musica lasciandogli però la gioia di godere il dialogo. Possiamo usare gli effetti in modo più potente perché altrimenti tutto si mescola mentre così l’orecchio è capace, come ci capita per esempio in un ristorante, di focalizzare l’attenzione su una conversazione nonostante tutto il rumore attorno.
Io sono stato particolarmente segnato dal lavoro di Parker, Scola e Costa Gavras e ogni 15 giorni pensavo a girare un film diverso proprio per cercare di sperimentare materiali nuovi, come per esempio quando veniva resa disponibile una nuova pellicola. Sapete, ci sono i progettisti che mi fanno dimostrazioni di droni o di piccole telecamere, telecamere in 3D e io adoro sperimentare tecnicamente tutti i materiali nuovi.
Cerco di accumulare il know how nel tempo e spero anche in futuro di restare al passo con le tecnologie. Ho anche fatto un film 2D Due fratelli, su cui ho avuto delle critiche abominevoli. Oggi questo tipo di film possono essere realizzati soltanto in laboratorio ma in 10 anni la situazione è cambiata. Di questo film ho avuto soltanto una copia 35mm mentre in Cina sono state distribuite 5000 copie ma soltanto pochissime sono state realizzate in 35mm.
Termina qui la terza parte della masterclass di Jean Jacques Annaud. Continua a leggere la terza parte.