Dopo un paio di anni di attesa e le alte aspettative nel passaggio al Festival di Venezia nel lontano 2012, arriva anche nelle sale italiane il prossimo 5 Febbraio il terzo film del regista Ariel Vromen con un cast all-star su cui capeggia Michael Shannon: The Iceman.
The Iceman
Il film narra la vera storia di Richard Kuklinski (Michael Shannon; Take Shelter, Man of steel) che, nel New Jersey, alla fine degli anni sessanta viene assoldato dalla mafia (Ray Liotta; Quei bravi ragazzi, Hannibal) diventando un feroce e spietato serial killer con il nome di “The Iceman”.
Trailer del film
Cast all-stars
Con un budget di circa dieci milioni di dollari, il regista israeliano aveva probabilmente l’occasione della vita: riuscire a fare un film ‘low-budget’ pur avendo un cast importante che vedeva Michael Shannon nei panni del protagonista con accanto Winona Ryder (Celebrity) Chris Evans, Ray Liotta e, in una piccola parte, James Franco. Ma questo non è.
Non di certo per via degli attori su cui primeggia uno Shannon in stato di grazia che riesce a portare tutta l’umanità di un personaggio il cui passato tanto lo ha ferito e forgiato da definire il suo futuro anche in prospettiva alla società e la realtà cruda e fredda che lo circonda; non per una regia che sa seguire l’analisi psicologica dei personaggi quanto il clima di tensione dietro e durante gli omicidi del protagonista ma per via di una sceneggiatura estremamente patinata e ridondante, fin troppo telefonata negli eventi narrati e spesso ricca di dialoghi di cui si poteva fare a meno, concentrandosi sui volti e sui corpi degli attori.
Questione Biopic
Shannon diventa il nucleo centrale della storia e The Iceman tenta di ‘osare’ su due fronti: quello visivo, soprattutto attorno alle brutali morti del protagonista e quello interiore dello stesso tra l’emotività e la freddezza del suo essere. Peccato che per sondare i possibili motivi che lo hanno portato ad essere ciò che è pare non ci sia spazio, preferendo concentrarsi nel rapporto con la moglie (Ryder), che vive nella certezza della maschera d’ipocrisia che il marito porta, o con il collega Robert Pronge (Evans), personaggio estremamente sopra le righe e fuori luogo nella serietà generale che fin troppo spesso, e specie nell’ultimo terzo di film, appesantisce e diluisce sin troppo la resa generale dell’opera, passando di tanto in tanto dalla tensione e la suspense più facilmente alla noia.
The Iceman merita certamente la visione per la fotografia, il cast di interpreti e il tentativo di racconto che però sembra rimanere quasi sempre fin troppo sulla superficie rendendo il racconto stesso, per contenuto più che per aspetto visivo e stilistico, distaccato freddo tanto quanto il titolo che porta.