#RomaFF12 – The Only Living Boy in New York

#RomaFF12 – Presentato nella Selezione Ufficiale della Festa del Cinema di Roma, prodotto da Amazon e già distribuito nelle sale statunitensi lo scorso Agosto 2017, The Only Living Boy in New York è il quinto film per la regia di Marc Webb che ripercorre il clima e le ambientazioni che lo hanno fatto conoscere nel suo fortunato esordio con (500) giorni insieme (2009).

The Only Living Boy in New York

Thomas Webb (Callum Turner; Victor – La storia segreta del Dottor Frankenstein, Green Room) è un giovane prossimo alla laurea che vive una vita noiosa a New York, costretto nella cosiddetta ‘friendzone’ dalla sua amica Mina (Kiesey Clemons; Cattivi Vicini 2, Dope – Follia e riscatto) e con un rapporto conflittuale con i genitori che lo ha portato ad affittarsi un piccolo appartamento in un’altra zona della città.

L’arrivo di un vicino (Jeff Bridges; Kingsman – Il cerchio d’oro, Hell or High Water) con cui si confiderà gli farà scoprire cose di lui che non pensava avrebbe mai fatto.

The Only Living Boy in New York

The Only Living Boy in New York

Stroncato dalla critica statunitense, è chiaro che la freschezza e il ritmo dirompente del suo esordio Webb non riesce più a ritrovarlo. Colpa forse della parentesi supereroistica (con The Amazing Spiderman, dal 2012 al 2014), complice Gifted (da noi adesso nelle sale), film privo di identità e intriso di facile buonismo, il regista non riesce proprio a ritrovare un suo centro.

Con The Only Living Boy in New York gli è stato affidato un piccolo film che tenta di riacquisire quel clima e che funziona in parte per via dell’ottimo cast a supportarlo, per la felice scelta dell’inedito protagonista e per i dialoghi freschi e veri, seppur nel pieno del politically correct che ricordano parte di quel bellissimo esordio.

The Only Living Boy in New York – il trailer

Per il resto, il film scorre veloce (fin troppo, nei suoi 88 minuti) tra dialoghi alla Woody Allen senza però avere quella maturità e spessore, una struttura che richiama Il laureato per poi però stravolgerlo nelle intenzioni e nella chiusa. È molto affascinante come Webb riprende questa New York e la solitudine di chi la vive, in un’eterna lotta tra felicità irraggiungibile e insoddisfazione incolmabile, elementi che conosce e che sa utilizzare.

D’altro canto, però, visto il poco spazio e la coralità di personaggi, difficilmente si ci riesce ad affezionare e capita in più di un caso di assistere a facili espedienti narrativi per ‘far procedere le cose’. Resta una commedia amara e lieve che non resta nella mente ma che potrà facilmente scaldare il cuore e che, almeno nel terzo atto, sembra raggiungere un suo senso profondo che in alcune scene tocca in pieno il senso per cui il progetto esiste.

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