Come si può pensare ridendo? Ce lo insegna un cameraman di nome Buster Keaton

Dopo aver suonato la colonna sonora di Broken Blossoms (1919) del maestro D. W. Griffith, questo martedì sera (4 maggio) il progetto “Cinestesia by bluEsForCE” ha proposto un altro capolavoro: The Cameraman (1928) di Edward Sedgwick, il cui protagonista è nientemeno che Joseph F. Keaton, meglio noto come Buster Keaton.

“Keaton è il più silenzioso dei comici del muto”, così lo definì il critico teatrale Walter Kerr.

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Ma fu il surrealista Luis Buñuel a darne il ritratto più originale:

“Bello come una stanza da bagno. Con una vitalità spagnolesca.

In Buster Keaton l’espressione è modesta come, ad esempio, quella di una bottiglia, benchè, attraverso la pista rotonda e chiara delle sue pupille, volteggi un’anima asettica.

Ma la bottiglia e il volto di Buster hanno punti di vista infiniti.”

Questa è la storia del piccolo cameraman

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Dopo un brevissimo prologo in cui viene elogiata la figura del cameraman, specie quando questi si trova in situazioni di guerra, l’attenzione si sposta su Buster (Buster Keaton), modesto fotografo invaghitosi della bellissima Sally (Marceline Day) durante un parapiglia per le strade della città.

Inseguendola, scopre che la fanciulla è impiegata presso gli studi cinematografici della MGM (Metro-Goldwyn-Mayer), e decide allora di diventare un cameraman, ma con scarsi risultati.

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Sally, per aiutarlo, lo informa di una imminente rissa a Chinatown, ma, nel precipitarsi sul luogo, il povero innamorato si scontra con un suonatore d’organetto che, credendo la propria scimmietta morta, gliela vende come risarcimento danni.

Questa è in verità più che viva, e scambierà la pellicola degli scontri con un’altra vuota, facendo così fare una pessima figura a Buster al momento della proiezione alla MGM.

La fortuna non sembra dalla sua parte nemmeno quando, durante una regata, trae in salvo Sally, finita bruscamente in mare in seguito ad un incidente tra le barche: il rivale in amore di Buster, infatti, se ne prenderà il merito.

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Ma, grazie alla scimmietta dispettosa, il finale non sarà del tutto negativo…

Opposti e contrari: quando il cinema discende dal circo

Il cinema keatoniano esprime le molteplicità ed ambiguità del mondo: attraverso una simmetria esemplare, in cui ad ogni azione corrisponde una reazione contraria, Buster ci mostra come tutto possa essere sempre visto alla rovescia.

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Buster Keaton in “One Week” (1920)

Il suo stesso nome, affibbiatogli dal mago e amico di famiglia Harry Houdini, in seguito ad una caduta dalle scale del piccolo Joseph (buster significa capitombolo), richiama un po’ un capovolgimento.

E’ questo un concetto che Keaton, così come altri grandi comici slapstick del cinema muto (da Chaplin a Lloyd, passando per i fratelli Marx), riprende dal circo e dal burlesque: quest’ultimo è un genere di teatro parodistico, nato nell’Inghilterra vittoriana, che gioca sulla mimica e sull’improvvisazione, ma soprattutto sulle capacità acrobatiche degli attori (Keaton non userà mai controfigure).

L’infantile comicità di una “faccia di pietra”

“Sin dal mio esordio nel varietà ho potuto sperimentare che in un numero comico si riesce a far ridere il pubblico tanto più quanto si resta indifferenti […]

Il film, per l’attore, è un’occasione per ‘fare l’idiota’: più sarà serio in questo e più risulterà divertente”. (B. K.)

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Diversamente dai colleghi dell’epoca, Keaton non si costruisce una maschera: egli non è troppo grasso, non è troppo alto, e non ha degli strani baffetti sotto una buffa bombetta.

Il suo è un volto imperturbabile, che non ride mai (così doveva essere anche un po’ per contratto, ndr); il suo è lo sguardo inconfondibile di chi non si ribella agli avvenimenti, ma li accetta con lo stupore e l’innocenza di un bambino.

Così, quando l’angelica fanciulla gli dona un bacio sulla guancia, Buster lo vive con una purezza indescrivibile.

Ed è proprio tale candore che mi/ci fa amare queste pellicole: ogni gesto è in esse genuino, incantato, dolcissimo; ogni sentimento porta con sè una bellezza e un romanticismo privi di qualunque esagerazione, che raramente ritroviamo nei film dei nostri giorni.

“L’immortalità di Buster Keaton sta nel suo sguardo.” (Robert Benayoun)

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