Ispirato ad un famoso racconto giapponese, Taketori Monogatari (Il racconto di un tagliabambù), arriva nelle sale La storia della principessa splendente, l’ultimo film del co-fondatore dello Studio Ghibli, Isao Takahata.
di Mauro Tucci
Basterebbe dire Studio Ghibli per far comprendere di cosa si stia parlando. E soprattutto del livello qualitativo, a cui ormai lo studio cinematografico giapponese ci ha piacevolmente abituati. Dopo poco più di un mese dall’uscita dell’ultimo lavoro di Miyazaki (ultimo in tutti i sensi visto che il regista si è ritirato dalle scene) Si alza il vento, la Lucky Red distribuisce questo La storia della principessa splendente di Isao Takahata. E proprio come per il film di Miyazaki, anche in questo caso sarà un’uscita evento. Si avranno a disposizione solamente tre giorni di programmazione per andare nelle sale ad ammirarlo. Strategia di marketing che a quanto pare funziona visti gli incassi di Si alza il vento.
La storia della principessa splendente
Un anziano tagliatore di bambù, vedrà la sua classica routine lavorativa essere stravolta da un curioso ritrovamento. Dall’interno di una canna di bambù, avvolta da un fulgido fascio di luce, vedrà sbucare una minuscola bambina. Minuscola solo inizialmente perché la strana creatura cresce, letteralmente, a vista d’occhio. Dopo l’ovvio stupore e meraviglia, il vecchio porterà con sé la fanciulla presso la sua umile dimora. E così, insieme alla moglie, la cresceranno come una figlia. Fino a diventare una bellissima donna. Saranno molti i suoi pretendenti ma nessuno riuscirà a conquistare il suo cuore.
Quando in sala si spegneranno le luci e i primi fotogrammi cominceranno a proiettarsi sul grande schermo, la prima cosa che vi stupirà saranno i disegni. Una tecnica di animazione semplicissima ma dallo straordinario impatto visivo e realistico. Dimenticate per un paio d’ore lo stile d’animazione occidentale a cui siamo abituati. Dove i disegni sono computerizzati e tutto è digitalizzato. Qui parliamo di una storia dipinta interamente a mano. Non è un caso che dalla progettazione al completamento del film, ci siano voluti otto lunghissimi anni. Diciotto mesi solamente per completare la sceneggiatura. Oltre all’incredibile quantità di tempo profuso, lodevole lo sforzo economico del produttore. Più che un investimento il suo, è stato un atto di fiducia incondizionata ad un maestro quale è Takahata. E il risultato è un racconto emozionante e di rara bellezza.
La felicità sta nelle piccole cose e questo la nostra protagonista lo capisce subito, vivendo i primi anni della sua vita in un ambiente modesto ma ricco di semplici e impagabili gioie. Qui viene a conoscenza di valori come l’amicizia, il contatto diretto con madre natura, il sapore di un frutto appena colto. Tutte cose che la ricchezza e il potere, realtà in cui si troverà poi suo malgrado catapultata la nostra eroina, non potranno in alcun modo pareggiare. Importante qui la figura del genitore, un padre che ha fatto della sua vita un classico incedere come quello di tanti altri. E che quindi vede in sua “figlia” un’opportunità di rivalsa. Riporre in lei i sogni infranti che lui non ha potuto realizzare. E questa è stretta attualità, il dolce imporsi dei genitori sulle volontà dei propri figli.
Takahata nel 1974 ha anche diretto la serie animata Heidi e tra il lavoro di allora e quello di cui parliamo oggi, sembrano esserci non poche affinità. Due bambine che crescono in un paesaggio montano per poi spostarsi in città, secondo fermo proposito dei genitori. Ma una volta trasferite, calerà la nostalgia per la loro vecchia abitazione.
L’inchiostro c’è ma al posto dei versi scritti qui ci sono dei superbi disegni, per il resto è come se fosse poesia. Appuntamento allora per il 3, 4 e 5 Novembre nelle principali sale italiane per vedere La storia della principessa splendente.
Alcune clip dal film