Eccoci giunti alla quarta parte dello speciale sulla figura di Gesù nel cinema. La puntata di oggi è dedicata ai film degli anni ’70, ’80 e ’90.
Il Messia (1975)
Opera poco ispirata di Roberto Rossellini e realizzata ad un anno di distanza dagli Atti degli Apostoli, girato però per la televisione italiana, il film è interpretato dal semisconosciuto Pier Maria Rossi. Rossellini adopera un tono didascalico e si basa soprattutto sulla parola di Cristo, non a caso tra tutti i vangeli, la fonte principale di ispirazione è il vangelo di Giovanni, quello cioè che maggiormente dà spazio al Verbo più che ai gesti.
Gesù è visto come un uomo tra gli uomini e per questo vengono privilegiate scene di pranzi, passeggiate, lavoro. Purtroppo però la pellicola non ottenne grande successo e altrettanto disinteresse ha suscitato nei canali televisivi che sin dall’inizio hanno scelto di non proporre quasi mai al pubblico del piccolo schermo questo lavoro di Rossellini, regista scomparso due anni dopo.
Gesù di Nazareth (1977)
Realizzato per la televisione, e in versione ridotta anche per il grande schermo e girato tra il Marocco, successivamente eletto come base per tutti i film in costume girati da allora in avanti, e Matera (location per la scena della via Crucis e della Crocifissione), il film diretto da Franco Zeffirelli è sicuramente uno dei più popolari e più amati del genere cristologico.
Il regista sceglie con cura scenografie e costumi, fa un’analisi accurata del periodo storico esaminato e, da regista teatrale innamorato di Shakespeare, si avvale prevalentemente di interpreti di origine inglese, primo tra tutti lo sconosciuto trentatreeenne Robert Powell, interprete principale, che, malgrado una certa staticità recitativa, a causa del suo straordinario physique du rôle, servirà da icona anche per molte immaginette religiose stampate nel periodo successivo alla realizzazione della pellicola.
Come per il film di George Stevens, anche il cast di Zeffirelli è all stars, tra gli altri attori ci sono infatti James Mason come Giuseppe di Arimatea, Fernando Rey nel ruolo di uno dei tre Magi, Lawrence Olivier (doppiato splendidamente da Nando Gazzolo) nei panni di Nicodemo e Anthony Quinn in quelli di Caifa. Non mancano le citazioni politiche (Barabba è sì un bandito, ma anche un membro della setta politica degli Zeloti) e lo stesso Giuda, come già nel film di Ray non commette il suo tradimento per crudeltà ma per umana debolezza.
Sicuramente però il film risente moltissimo della cultura cattolica del regista e questo creò non pochi contrasti con le comunità protestanti americane che lo accusarono di aver tratteggiato in particolare la figura di Maria e la scena del Battesimo di Cristo secondo la forma mentis propria di un cattolico, ma ciononostante, è considerato ancora oggi come una delle opere migliori dedicate alla figura di Gesù e sicuramente quella che tra tutte ha ottenuto maggiori consensi negli ambienti ecclesiastici.
L’ultima tentazione di Cristo (1988)
Dopo tante pellicole fondamentalmente approvate dalla Chiesa, nel 1988 esce questo film di Martin Scorsese tratto dal libro omonimo del greco di fede ortodossa Nikos Kazantzakis, destinato a suscitare aspre polemiche e a provocare il veto alla visione da parte degli organi ufficiali della Chiesa Cattolica tanto che i critici vicino alla Chiesa si rifiutarono di visionarlo.
La tesi del libro e del film è infatti sconvolgente per un cristiano integralista: Gesù è in bilico tra il suo essere Uomo e la necessità di portare avanti una missione voluta dal Padre. Particolarmente borderline la parte del film in cui si immagina una vita normale del Cristo con tutte le possibili conseguenze mentre assai rivalutata è la figura di Giuda, uomo forte davanti alla debolezza dell’uomo Gesù, primo discepolo e traditore non per sua scelta ma per richiesta di Gesù stesso.
La pellicola fu boicottata sin dalla sua gestazione e all’uscita non ottenne alcun successo al botteghino (8 milioni di dollari di incasso contro 7 milioni di costo totale), comunque essa va analizzata in maniera oggettiva scevra da ogni ideologia.
L’idea principale espressa da Kazantzakis resta quella dell’analisi della dicotomia di Cristo uomo-Dio, da sempre alquanto fascinosa per teologi e filosofi di ogni credo, quindi, l’aver esposto una semplice tesi non rende blasfemo né il romanzo né tanto meno il film nonostante i toni forti usati da Scorsese in più di una scena.
Sul piano recitativo l’interpretazione di Willem Dafoe, asciutta e senza fronzoli, è senza dubbio valida anche se a tratti l’attore riesce ad essere antipatico. Molte pecche sono presenti; il ritmo è lento e a tratti il film diventa soporifero, alcuni critici laici ebbero infatti a dire che la scarsa resa del film fosse dovuta non tanto alla tematica affrontata, ma al modo di affrontarla.
I giardini dell’Eden (1998)
Girato nel 1998 da Alessandro D’Alatri e interpretato da Kim Rossi Stuart, che, con lo sguardo cilestrino e la barba d’ordinanza ripropone l’icona di Gesù alla quale si è stati abituati, il film esce in piena rivoluzione new age e si concentra su un periodo non preso in esame dai Vangeli, quello cioè che va dall’infanzia alla prima predicazione.
Gesù è chiamato con il suo nome ebraico, Jeoshua, la sua rappresentazione è anticonvenzionale perché anche in questo film l’ambivalenza di divinità e umanità di Cristo viene presa in esame e in particolare si considera come, tramite l’esperienza umana, venga fuori la natura divina di Gesù.
Ecco quindi un Gesù che viaggia (arriva anche in India e contempla la statua del Buddha), ha un rapporto fraterno con il cugino Giovanni Battista che lo inizia alla setta degli Esseni, ha continue visioni che lo tormentano e gli indicano la futura via.
In bilico tra Bildungsroman e film giovanilistico (spiccano tra gli interpreti in un paio di camei i nomi di Jovanotti e del suo fedelissimo bassista Saturnino), la pellicola ricorda per certi aspetti l’iniziazione di Siddharta già vista nel film di Bertolucci Il piccolo Buddha, ma non ne raggiunge l’elevatezza di pensiero limitandosi a volare basso e a non dare quello che sembra promettere inizialmente.
Peccato che l’intento iniziale del regista di lanciare un messaggio di pace universale si sia affossato nella storia gestita, tutto sommato, in maniera superficiale prendendo troppi spunti che via via si perdono per la strada. Il protagonista, tra l’altro vincitore del premio Pasinetti alla 55° mostra di Venezia, ci mette tutto sè stesso nell’interpretazione anche se a volte appare troppo frenetico.
Interessante la tecnica dell’interpellanza (mutuata un po’ dal teatro) con la quale Jeoshua si rivolge direttamente al pubblico. Cionostante al film fu concesso il placet da parte del Vaticano e questo è già tanto…
Eccoci arrivati al termine della penultima puntata dello speciale. La prossima, quinta ed ultima, è tutta dedicata all’ultimo importante film che vede protagonista la figura di Gesù: il controverso Passion di Mel Gibson.
Saturnino NON è un batterista!
È uno dei più famosi bassisti italiani, conosciuti in tutto il mondo!
BASSO non è BATTERIA… c’è una grande differenza!!!!
Saturnino = Bassista
Bisognerebbe essere sicuri… una ricerca su GOOGLE pre-pubblicazione no?
Loredana, Tony, vi ringraziamo per la precisazione. Correggeremo subito.
In ogni caso tengo a precisare innanzitutto che errare è umano, poi che siamo un blog di cinema e non di musica per cui non credo sia un errore così grave…
infine che l’articolo è stato scritto con delle ricerche serie e non con google sul quale l’autrice ha ‘dimenticato’ di cercare quale fosse la professione di Saturnino
In ogni caso grazie ancora. L’errore è stato già corretto
Antonella Molinaro, proprio perché è un blog pubblico, dev’essere più che esatto, altrimenti chi legge memorizza cose sbagliate e magari pure le tramanda sbagliate!!!
Scusami Morena ma di cosa parli???
La modifica è stata effettuata ANNI fa (esattamente nel 2012) e quindi l’articolo è corretto per cui
primo abbassa i toni
secondo l’argomento è stato già chiuso da tempo ormai
quindi il tuo commento è assolutamente inutile