Re della terra selvaggia: inno alla vita tra poesia e cruda realtà

Uno dei film più acclamati al Sundance Film Festival, esordio alla regia per Benh Zeitlin, candidato a quattro premi Oscar, arriva nei cinema italiani il prossimo 7 Febbraio: il profondo ed intenso Re della terra selvaggia.

Trama

Hushpuppy (Quvenzhané Wallis) è una bambina di sei anni che vive col padre Wink (Dwight Henry) nella comunità chiamata Bathtub, nel sud più profondo della Louisiana. Wink è un padre severo che sa essere anche affettuoso e sa prendersi cura della figlia a cui vuole insegnare a sopravvivere. Intanto le temperature della terra aumentano e portano allo scioglimento dei ghiacci che portano al risveglio delle creature chiamate Aurochs.

Trailer del film:

Gioiello sul nascere

Il regista Benh Zeitlin firma con quest’opera (il titolo italiano è, ancora una volta, non totalmente condivisibile con l’idea di fondo del film) il suo primo lungometraggio, nato da un’idea portata avanti già da diversi anni e che è stata apprezzata e premiata nell’ultimo anno in tantissimi festival, dal Sundance di Redford (Gran premio della giuria) sino all’ultimo Festival di Cannes dove ottiene il premio Camera d’or come miglior film.

Ma soprattutto, proprio lo scorso Gennaio, l’attrice protagonista, di appena nove anni, ha ottenuto una nomination all’Oscar come miglior attrice portando un nuovo record mondiale come la più giovane ad ottenere tale nomination.

Fotografia, recitazione, poesia

Il film trova i suoi punti di maggior interessa in una fotografia volutamente sgranata, colori spenti ed una scelta del regista di rimanere costantemente incollato ai suoi personaggi. Unico momento in cui ciò non accade è quello in cui gli Aurochs, antiche creature oramai estinte, si risvegliano dal loro lungo sonno e tornano nelle terre selvagge del titolo.

Protagonisti assoluti della vicenda Hushpuppy ed il padre Wink, entrambi interpretati magistralmente con accanto tutti attori non protagonisti. La piccola protagonista, scelta tra oltre quattromila aspiranti, rende la sua recitazione intensa, profonda e non esclude nello spettatore un coinvolgimento totale tra gli sguardi spaventati ed uno sfondo selvaggio, naturale, libero.

La sceneggiatura, scritta dallo stesso regista insieme a Lucy Alibar, è forte di pochi dialoghi intensi – soprattutto quelli tra padre e figlia – e tanti momenti di silenzio fatti di rumori, suoni, sguardi che Zeitlin riesce a non perdere e filmare in modo eccellente. Tanti i temi, dal rapporto di un padre malato terminale ed una figlia che ha bisogno di affetto e di crescere, di una villaggio che non vuole conformarsi alla società ed al passare del tempo e di una realtà che sta distruggendo la loro casa e gli impone di cambiare ed adattarsi.

Accanto a ciò, anche i momenti in cui la piccola protagonista parla con la madre immaginaria (la vera madre è scappata quand’era piccola) e l’incontro finale con gli Aurochs sono la conferma che siamo davanti ad un prodotto che ha tutte le carte in regole per concorrere agli Oscar e per giungere al cuore degli spettatori. Pura poesia.

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