Presentato all’ultimo festival di Cannes esce il 16 gennaio Nebraska. Leggete la nostra recensione.
Verso il Nebraska per imparare a conoscersi
Un padre, un figlio, un viaggio.Non è una trama originale ( tra l’altro sempre nel 2013 al Bifest si è proiettato Road North di Mika Kaurismaki con uno svolgimento pressochè similare).Tuttavia Alexander Payne grazie alla splendida interpretazione di Bruce Dern come attore protagonista riesce a confezionare una storia minimalista, ma senza sbavature che colpisce dritto al cuore pur mettendo un pizzico di speranzosa malinconia.
All’inizio della vicenda il protagonista , dal passo incerto, vecchierel canuto e stanco, come scriveva il Petrarca, colpisce per la sua testardaggine ,simbolo di un inossidabile attaccamento alla vita ma anche per la complessiva solitudine poichè sembra che la consorte rimasta accanto a lui nonostante tutto sia esausta e decisa a esiliarlo in una casa di riposo con la connivenza del figlio maggiore. Colpisce anche David, ( Will Forte) coprotagonista e figlio minore, adulto irrisolto che decide di accontentare il genitore nel suo assurdo sogno di ricchezza per capire e per capirsi.
Non solo un “road movie”
Ascrivibile alla categoria dei “road movies” ( film che basano la loro storia sul viaggio), “Nebraska” è soprattutto un viaggio interiore che parte dal mostrare il lato squallido e depresso dell’entroterra americano piegato dalla crisi economica planetaria per poi deviare sulla psicologia dei personaggi e di particolari stagioni dell’esistenza. Così gran parte degli attori sono anziani, malfermi e tuttavia non del tutto domi all’ultimo e definitivo passaggio che li attende. Dall’altro lato ci sono i giovani o presunti tali, in realtà sulla soglia o oltre degli anta, decisamente irrisolti, pieni di dubbi o infantili nei modi e nella mentalità. La riflessione è immediata : l’America del passato vincente e forte è un frutto di questi uomini e donne che malgrado sia evidente la loro decadenza non se ne rassegnano e continuano a credere ai loro sogni mentre quella di oggi, della crisi globale è guidata da uomini e donne problematici o privi di spina dorsale come i due superficiali e obesi cugini di David. Poi c’è David, tenero, ingenuo e affettuoso che simboleggia la speranza e i buoni sentimenti alla base del vecchio miti americano.
Un bianco e nero d’autore
Girato in bianco e nero , come i film di una volta , per fissare maggiormente l’attenzione sui sentimenti più che sulle azioni, il film sottolinea e tratteggia a pennellate la desolazione dei luoghi palesemente distanti dal fascino metropolitano della grande Mela e da quello della Mecca hollywoodiana. Una pellicola rara che grazie alla sapiente maestrìa autoriale di Payne, non annoia ma avvince fino alla conclusione, inno all’amore e alla responsabilità di un figlio che prende per mano l’anziano padre e i suoi innegabili difetti come Enea fece con Anchise per raccoglierne il testimone e per imparare finalmente a camminare sicuro, metafora di quello che ci si aspetta dalle nuove generazioni per il benessere proprio e, secondo l’ideale patriottico tipicamente WASP, dell’intera nazione.
Alcune clip dal film