Benvenuti nelle terre selvagge

Sean Penn sarà il soggetto della mia recensione per questa settimana perché lo merita davvero. Ha dedicato anima e corpo alla composizione di questa storia realmente accaduta. Tratta da un libro di Jon Krakauer “Nelle terre estreme“, Sean Penn si è avvalso della egregia interpretazione di Emile Hirsh per ideare una pellicola dal sapor leggero di libertà.

Emile  interpreta Jon Krakauer, un giovane ragazzo borioso, ribelle e anticonformista che evade da una società abituata a comprare tutto con il denaro. Deciso a perseguire l’obiettivo di liberarsi dagli averi materiali e ritrovare la libertà, parte senza denaro alla ricerca dell’Alaska.

Il tutto per raggiungere un difficile obiettivo: ritrovare se stesso nella simbiosi con la natura, per giungere ad una rinascita interiore. Fugge dall’amore della famiglia, si allontana da un probabile amore estivo, si distanzia da una famiglia conosciuta per strada, il tutto perché ritiene che le gioie della vita non provengono dai rapporti tra le persone.

Sarà estasiato e noi lo saremo allo stesso modo, dalla bellezza e maestosità della “natura selvaggia”, tale da renderlo camaleontico nel suo ambiente naturale. Il suo viaggio sarà malinconico ed estasiante, commovente e sofferente fino all’arrivo nell’incontaminata Alaska. Il suo soggiorno solitario durerà fino alla morte, dopo 113 giorni nel cuore della natura selvaggia.

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Coraggioso e riuscitissimo lavoro. Sean Penn non ha deluso le mie elevate aspettative. Meravigliose e maestose le scenografie paesaggistiche. Catapultati nella storia, all’inizio non adoriamo il protagonista spavaldo, ma con il tempo ci affezioniamo a lui grazie alla bontà d’animo e agli spunti di riflessione (numerosissime citazioni degne di nota nel film).

Il tormento del protagonista sembra un nostro tormento e riflettendo, apprendiamo con consapevolezza la sua interpretazione di una realtà metropolitana arrivista. Chris però acquisisce la saggezza ma non la felicità agognata perché la conoscenza del sé mitigata al rapporto con la natura non è abbastanza, perché solo in punto di morte comprende che la felicità non è tale se non è condivisa. Con questa frase lasciata in eredità a viaggiatori e non, rimette in discussione la veridicità della sua ostinazione iniziale: cercare la felicità nella solitudine con la natura. Il rimando al rapporto con le persone è immediato.

Chris muore da solo nella gelida e austera Alaska lasciando agli altri la possibilità di condividere la sua storia. La scena dell’orso bruno che fissa la sua figura scheletrica e scarna rimarrà è difficile da dimenticare. La musica memorabile di Eddie Vedder riecheggia nei panorami incantevoli : deserto del Nevada, il monte McKinley, le rapide del fiume Colorado, alcune località in Oregon, Nevada, Arizona, South Dakota e California.Se dovessi descrivere il film in due parole direi intenso e profondamente riflessivo. Lasciatevi trasportare.

“C’è una gioia nei boschi inesplorati, C’è un’estasi sulla spiaggia solitaria, C’è vita dove nessuno arriva vicino al mare profondo, e c’è musica nel suo boato. Io non amo l’uomo di meno, ma la Natura di più. Non datemi l’amore, non il denaro, non il lavoro, non la famiglia, non la giustizia, quello che voglio è la verità. HAPPINESS IS ONLY REAL WHEN SHARED”.

Cinemio si era già interessato di Into the wild, se ti va puoi leggere la recensione del film di Sean Penn che risale a più di due anni fa.

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