Quando per fare buon Cinema non servono grandi attrezzature
Chi ha mai detto o sentenziato che per fare del Cinema servono grandi macchine e una troupe infinita?
Ebbene oggi questa verità presunta viene assolutamente e decisamente sfatata grazie al lavoro di Pippo Delbono: “Amore Carne”.
Questa opera, infatti, è già stata presentata alla 49ma edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro nella sezione speciale “Fuori norma. La via sperimentale del cinema italiano (2000-2012)” e alla 68ma edizione della Mostra del Cinema di Venezia nella sezione “Orizzonti”dove ha riscosso grandi applausi.
Per far questo Pippo Delbono, già ballerino e artista contemporaneo tra i più eclettici e completi, ha letteralmente vestito i panni di interprete, regista, sceneggiatore, produttore.
Amore carne – La trama
Nei 70 minuti di Amore Carne Pippo Delbono, attraverso la videocamera del suo cellulare e attraverso l’obiettivo di una piccola camera full-HD, racconta durante i suoi numerosi viaggi momenti, incontri, dialoghi – reali e/o immaginari – scene di vita quotidiana, una realtà talmente reale e semplice da sembrare fantasia, da sfiorare la surrealtà.
Il regista – interprete non fa altro che riprendere ciò che lo circonda ammettendo, tra l’altro, la sua sieropositività che lo “accompagna” da ventidue anni e nonostante questo, lui ogni anno, si sottopone al testo dell’HIV.
In questo modo scorrono davanti ai nostri occhi persone, personaggi, paesaggi, e una camera d’albergo dove regna una sedia vuota sia all’inizio che al termine del film. Probabilmente in quella sedia sono comodamente seduti – metaforicamente- tutti gli affetti di Delbono: quelli che ormai non ci sono più (come la danzatrice e coreografa Pina Baush) e il musicista e violinista Alexander Balanescu – le cui meravigliose e suggestive musiche accompagnano le immagini del film -, e tutti quelli che abitano la vita dell’interprete come Margherita Delbono (sua mamma), Marie-Agnès Gillot (danzatrice classica), le attrici Marisa Berenson e Tilda Swinton, Bobò ovvero l’attore analfabeta e sordomuto che partecipa a tutti i lavori di Delbono.
E il collante di tutti questi incontri sono le splendidi e semplici immagini riprese da Delbono e le sue parole e le sue poesie e, soprattutto, quelle di Arthur Rimbaud, Pier Paolo Pasolini, T.S. Eliot.
Trailer del film
Il film
Il film di Pippo Delbono se non è una novità per ciò che riguarda la tecnica usata per realizzarlo è senza dubbio una importantissima e illuminante novità per il modo in cui narra delle emozioni, dell’amore, della carne, degli affetti, dei ricordi… senza mai essere melodrammatico o nostalgico. Delbono vive il momento che sta riprendendo e ciò che dice, mentre accompagna le sue immagini, risulta essere quasi un solo dialogo con se stesso che, però, vuole donare agli altri.
È uno splendido modo per raccontare se stesso, la sua vita, la sua sieropositività sempre nascosta alla madre (e qui verrebbe da chiedersi: “ora come farà a continuare a nasconderla?”), per raccontare della sua Arte e della sua quotidianità di artista a tutto tondo.
Con la sua voce strisciante, bassa che sa arrivare in un solo istante al grido, al canto, sempre misurata ma mai troppo artificiale e artificiosa – forse se una pecca il film ce l’ha, la si può trovare proprio nella voce dell’interprete troppo abusata, modulata, studiata, biascicata.. eppure naturale! – Delbono rende il suo lavoro unico nel suo genere. Andando da Parigi a Budapest, da L’Aquila e Torino, da Ginevra e Burkenau il risultato resta sempre lo stesso: non importa quale sia lo sfondo “ambientale” dell’azione.. in primo piano c’è sempre e solo la voce di Delbono, i suoi pensieri, i suoi amici e i suoi tanti affetti, il suo essere e da questi potremmo farci guidare ovunque.
Proprio per questo motivo questo piccolo grande gioiello “sperimentale” del nostro cinema non dovremmo farcelo scappare ed essere lì, dal prossimo 27 giugno, a lasciarci guidare da tutte queste grandi emozioni che Delbono vuole condividere con il pubblico e farlo sentire parte di esse.