Il regista islandese Baltasar Kormakur (Contraband, Cani sciolti), che da anni lavora negli Stati Uniti, è dal 24 settembre nelle sale italiane con Everest, film presentato in apertura alla 72a Mostra del Cinema di Venezia.
Everest
La trama di Everest è molto semplice: il film, ispirato al libro Aria sottile del giornalista John Krakauer, racconta la vera storia della tragica spedizione sull’Everest avvenuta nel maggio 1996, in cui, a causa di un’improvvisa tempesta, persero la vita nove persone.
Un film che non emoziona quasi mai
Partiamo subito col dire una cosa: Everest è un film che non riesce quasi mai a emozionare. Vediamo perché.
La pellicola riprende alcuni caratteri del survival movie, un tipo di film, sottogenere delle pellicole d’avventura, che puntano a mostrare l’eroismo dei personaggi nei confronti di qualcosa di incontrollabile, come, nel caso di Everest, Madre Natura.
Da un film del genere ci si aspetta che riesca a intrattenere, invece, questa cosa, accade molto molto raramente. Tutto ciò a causa prima di tutto di una brutta caratterizzazione dei personaggi, i quali non presentano nessun tipo di approfondimento, soprattutto psicologico, e questo non permette allo spettatore di tenere per la vita di nessuno di loro.
Ci sono protagonisti che muoiono e a noi non interessa, ci sono protagonisti che si salvano e a noi non interessa; in questo film, non si piange, non si gioisce, in poche parole non riusciamo a stare sulla montagna con loro. Ed è molto grave per un film di questo tipo.
Un esempio di personaggio poco approfondito e poco sfruttato è quello di Scott Fischer (Jake Gyllenhaal), che viene presentato come simpatico e divertente, ma viene utilizzato pochissimo e soprattutto in maniera sbagliata. E con questo discorso ci colleghiamo ad un altro grande problema del film: la regia di Kormákur. Infatti il filmmaker islandese, molto spesso, riprende le scalate e le discese (così come le morti) quasi come se fossero roba da nulla, come se gli alpinisti stessero andando a prendere un caffè al bar.
Per non parlare poi del montaggio di Everest, il quale, soprattutto nella seconda parte, quando viene mostrata la tempesta, diventa assai confuso, infatti, spesso non dà il giusto tempo allo spettatore per appassionarsi ad ogni personaggio in difficoltà (a volte capita che il regista indugi troppo su un personaggio, come succede con Rob Hall, interpretato da Jason Clarke, oppure che ne consideri troppo poco altri, come il già citato Scott Fischer o Beck Weathers, interpretato da Josh Brolin).
E’ un vero peccato che i personaggi siano stati utilizzati così male, anche perché il cast è stellare, e le interpretazioni sono molto buone, ma non servono a nulla, così come non servono a nulla gli effetti visivi molto belli, se la regia non riesce a valorizzarli. Inoltre le musiche dell’italiano Premio Oscar Dario Manianelli sono di per sé molto interessanti, ma non abbastanza intense per una pellicola del genere. Serviva qualcosa di più forte.
Nel film sono presenti diversi cliché dei film d’avventura, come le mogli dei protagonisti attaccate al telefono ad aspettare i loro mariti, e se gli sceneggiatori ne avessero inseriti di maggiori, magari la pellicola avrebbe emozionato molto di più, visto che chi va a vedere un film come Everest non cerca una narrazione sofisticata, ma semplicemente qualcosa che lo intrattenga per tutta la sua durata.
Ma il film non è completamente da buttare, perché ci sono quattro o cinque scene molto belle ma, ripetiamo, sono solo quattro o cinque scene in quasi due ore di film, di cui solo una scena fa venire la pelle d’oca. In questo film ci si dovrebbe emozionare continuamente, non solo in quattro o cinque scene. Da notare che nella seconda parte ci sono dei momenti in cui la pellicola si addormenta, e risulta addirittura noiosa.
In conclusione, Everest è un film caratterizzato da una quantità enorme di difetti, che lo rendono davvero poco emozionante, e che non riesce a fare il suo lavoro di film di puro intrattenimento. Magari, se il regista e gli sceneggiatori fossero stati più competenti, non sarebbe venuta fuori la pellicola più bella di sempre, ma comunque un ottimo colossal che ci sarebbe rimasto impresso nella mente per molto tempo.
Ma il film purtroppo è questo, e fa davvero strano pensare che l’abbiano messo come opera d’apertura ad uno dei festival del cinema più importanti del mondo.
Se in questo periodo volete vedere un bel survival movie vi consigliamo Gravity, film del 2013 diretto da Alfonso Cuarón, una pellicola indimenticabile che oltre a intrattenere e a tenere in tensione per tutta la sua durata, presenta anche un’importante morale, cosa che Everest, checché se ne dica, non possiede.
VOTO: 5/10