Crocodile _ Primo film e primo amore – 19 Florence Korea Film Fest

Crocodile è un film drammatico sudcoreano del 1996 diretto da Kim Ki Duk (il suo esordio
alla regia) con protagonisti Cho Jae Hyun, Woo Yoon Kyeong, Jeon Mu Song e Ahn Jae
Hong
. Il film è stato proiettato al 19 Florence Korea Film Fest.

Crocodile
Locandina del film Crocodile

Crocodile

È la storia di Crocodile, un uomo che vive assieme ad un bambino e un anziano sotto un
ponte vicino al fiume Han, un ponte considerato il ponte dei suicidi poiché sono in molti a
togliersi la vita proprio lì. Crocodile vive saccheggiando i cadaveri dei suicidi e un giorno
decide di salvare la vita ad una donna che si era buttata…

Dare voce agli emarginati, i reietti della società

Kim Ki Duk si sà, amava raccontare storie di persone lontano anni luce dal perbenismo finto
della società. Non amava parlare delle classe sociali altolocate, lui dava voce a chi
proveniva dal basso, a chi gridava disperatamente aiuto senza ricevere risposte.

Nella mia
precedente recensione su un altro suo film, Ferro 3, avevo parlato in linea generale della
sua corrente di pensiero, ma in Crocodile è decisamente molto più accentuata. Qui c’è
soltanto violenza, rabbia, frustrazione. Il suo esordio dietro la cinepresa segna l’inizio di
quello che diverrà il cinema dei “repressi” per alcuni e dei “misogini” per altri.

Perché Kim Ki Duk è stato sempre accusato di misoginia, la donna nelle sue pellicole è sempre stata
trattata “male” alla mercé di uomini che prenderesti a sberle dalla mattina alla sera. Ma lui
non è misogino così come ad Eli Roth non piace andare negli ostelli a massacrare turisti, lui
nel Suo cinema rappresentava la realtà che si poneva davanti ai suoi occhi.

L’uomo è
davvero l’essere più inutile che esista e la donna purtroppo, da sempre, si ritrova
sottomessa” alle volontà dell’uomo. L’uomo che usa la sua posizione sociale o la sua forza
bruta per trattare la donna come un oggetto di proprietà.

Perché nascondersi e fare un tipo
di cinema in cui tutti sono bravi e belli? Non faceva per lui. Crocodile è la massima
rappresentazione di quella rabbia pronta a esplodere da un momento all’altro.

È uno spezzone di vita vera, di quel che accade nei bassifondi di una città, quotidianità che tutti
conoscono ma che fanno finta non esista. Cinema vero, come pochi…

Crocodile
Una scena del film

L’amore di un Crocodile, potente come le sue “mascelle”

Chi ha già visto il film, probabilmente come me avrà avuto difficoltà ad empatizzare con uno
o più personaggi. Parliamoci chiaro, tutti i personaggi, salvo qualcuno, sono persone con cui
non vorresti avere a che fare mai, nemmeno sotto tortura.

Sono persone marce nell’animo,
corrotte sia fuori che dentro che vivono cibandosi dei nostri resti. Ma al tempo stesso sono
gli emarginati della società, quella società che ti pompa se sei un nobile e ti scarica se sei un
semplice contadino.

C’è sempre stata questa forte demarcazione tra ricchi e poveri nel
cinema sudcoreano, ma credo che nessuno sia riuscito a raccontarlo in maniera così forte e
violenta come Ki Duk. Lui ti diceva “Si, quello è cattivo e bastardo, ma devi riflettere sul
perché e come sia diventato così”.

Crocodile è tutto questo, personaggio che odierete
dall’inizio alla fine, vi farà schifo e rabbia ma vi metterà anche parecchia tristezza. Lui non
conosce l’amore, non conosce le buone maniere, è più un vichingo nel corpo di un coreano.
Con la violenza pensa di ottenere tutto, una buona azione si ripaga con altra violenza.

L’esempio lampante è quando salva la vita alla donna suicida e poco dopo la stupra. Non
vive secondo le leggi della “città” ma secondo leggi della jungla, dove urla per dimostrare di
essere più forte. La pietà è un sentimento che non esiste nel suo mondo, le uniche regole
sono dittatoriali, Crocodile comanda e tutti ubbidiscono.

La donna, che, inizialmente non parla, assume un ruolo secondario alla vicenda, è lì solo per permettere a
Crocodile di soddisfare i propri istinti. Più o meno siamo ai livelli dell’uomo di Neanderthal, la
visione vi provocherà più di un leggero fastidio. Tuttavia, nonostante il messaggio che
sembra arrivare sia “io essere uomo, io comandare tu obbedire me” non è ciò che Kim Ki
Duk
intendeva rappresentare.

L’odio si combatte con l’amore, ma è dura capirne la
differenza quando per tutta la vita ti è stato detto che sei una nullità. La tua violenza capisci
poco a poco che è rivolta non verso gli altri ma verso te stesso, colpevole di non aver trovato
una soluzione alla tua meschinità.

Sotto quel ponte vive chi è senza speranze. La donna, che
si era tolta la vita, rinasce per dar vita a chi era vivo solo esteriormente.

L’uomo ci fa la figura
del misogino masochista, la donna quella dell’unica cura contro l’odio. Il primo amore di
Crocodile cambierà per sempre le sue sorti (anche se un amore nato dalla violenza non è
amore, per me) mentre il primo film del regista cambierà per sempre la vostra vita, come ha
cambiato la mia. È povero di sentimentalismi (salvo qualche barlume di umanità sparso qua
e là) sembra voler lanciare un urlo liberatorio al posto di tutti quelli che metaforicamente
vivono sotto i ponti. Siamo destinati all’estinzione molto probabilmente…

Crocodile
Una scena del film
19 Florence Korea Film Fest

Continua a leggere le mie recensioni della 19ma edizione del Korea Film Fest.

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