Buon Anno Sarajevo:uno sguardo malinconico su un dopoguerra infinito

In sala a partire da oggi tre gennaio e vincitore di numerosi premi internazionali “Buon Anno Sarajevo” si sofferma sul lungo e doloroso periodo di transizione che la Bosnia continua a vivere a più di diciassette anni dalla fine del conflitto interetnico che ha sconvolto il paese. Noi di Cinemio abbiamo visto il film in anteprima. Leggete il nostro parere in quest’articolo.

Due fratelli soli e feriti

 

 

 

 

 

 

Sarajevo: Rahima e Nedim sono due fratelli rimasti orfani a causa della guerra. La  sorella maggiore Rahima, ex punk è ora praticante musulmana, indossa il velo e non prova risentimenti verso il prossimo malgrado sia costretta a lavorare  in un ristorante per un personaggio di dubbia moralità che sfrutta i suoi dipendenti. Nedim, il fratello minore, irrequieto e rissoso, frequenta la scuola senza buoni esiti e conduce una doppia esistenza. Rahima così ,doppiamente emarginata perché donna e perché musulmana quindi “diversa” si ritrova a dover fronteggiare di nuovo a una situazione più grande di lei.Sola al mondo Rahima, è una ragazza moderna che ascolta musica e vuole vivere come tutte le sue coetanee. Nel ristorante dove la ragazza lavora, i suoi colleghi condividono con lei l’emarginazione: il cuoco, un croato, è omosessuale, il cameriere è un tossico e la stessa proprietaria è distrutta dall’odio dopo che il  suo  ex marito le ha tolto la custodia dei figli.Solo il dolore e il rancore uniscono questi personaggi feriti dalla guerra. I ricordi del conflitto passato e dell’assedio di Sarajevo, tratti da archivi storici, sono sempre presenti nel film sotto forma di rimembranze di Rahima che cerca disperatamente di ritrovare una sua umanità e normalità pur tenendo bene in mente il suo doloroso passato condiviso con gli altri abitanti della sua città.

Neorealismo moderno

Al suo secondo film la regista Begic propone un film che così come Il segreto di Esma di qualche anno prima, tra l’altro diretto da una regista donna e anch’esso ambientato nella capitale della Bosnia , sembra seguire la scuola del  neorealismo italiano del nostro immediato dopoguerra.La regista segue con camera a mano la protagonista nella sua quotidianità, alle prese con i piccoli  e grandi drammi dell’esistenza.Rahima ha avuto un’adolescenza complessa, ma grazie alla sua fede che si manifesta con i suoi capelli celati da foulard spesso  variopinti , sembra chetata.Il suo problema è suo fratello, diabetico, ribelle, ma è anche il mondo esterno depresso e squallido.Tutti i personaggi appaiono ripiegati in se stessi, condannati ad alzarsi ogni giorno e a vivere come in una sorta di inferno spirituale( si ricordi il filosofo francese Sartre e la sua storica frase: l’inferno sono gli altri). La regista sceglie di ambientare il film a fine anno in contrasto tra la crisi attraversata dal paese e la smania di divertimento che assale l’essere umano a Capodanno. Il silente senso di sopportazione di Rahima ai soprusi patiti indignano e creano nello spettatore una totale identificazione. Pur scegliendo una storia intimista e “familiare” fatta di momenti dedicati ad azioni che chiunque compie ogni giorno ( ci si sofferma con maniacale precisione sulla preparazione del pranzo o su operazioni svolte sul luogo di lavoro) la regista allarga i suoi orizzonti proponendo in realtà un tema a sfondo sociale e politico perché l’inadeguatezza di politici e assistenti sociali, i luoghi e le persone frequentati dalla protagonista denunciano il fallimento della speranza di cambiamento  e questo viene avvertito dai telegiornali che si ascoltano in sottofondo,dal comportamento freddo e arrogante dell’assistente sociale,dallo squallore circostante. Tuttavia proprio a quei botti di fine anno che si fondono con le bombe del recente conflitto sembra riservato un ruolo salvifico rappresentato dalla scena conclusiva che riprende un finale celebre di uno dei capolavori di Chaplin: Tempi moderni. A tratti angosciante e depressivo, sicuramente catartico, è un esempio ottimo della  nuova cinematografia bosniaca. Imperdibile.

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