Tutti a casa: il coraggio di un uomo pavido

Otto settembre 1943: in Italia è annunciato l’armistizio. Per le truppe è il caos. In questo film, uno straordinario Sordi, diretto dal grande Comencini ,si trova suo malgrado a vivere una situazione mai immaginata.

Il capolavoro di Comencini

1960: A  neanche vent’anni dalla fine della guerra, il regista Luigi Comencini coadiuvato dai celebri sceneggiatori Age e Scarpelli e da Marcello Fondato ,decide di affrontare una pagina tra le più amare dell’ultimo conflitto mondiale: quella dell’otto settembre 1943 che portò di fatto, dapprima a un clima di stallo istituzionale causato dalla fuga dei sovrani e del primo ministro Badoglio dalla Capitale e, successivamente ,a una divisione e a una guerra civile nel paese. Come protagonista sceglie un attore fino ad allora noto per interpretazioni perlopiù leggere, a parte un ruolo minore drammatico  nel film di produzione americana “Addio alle armi”: Alberto Sordi.

Il risultato è un capolavoro ineguagliato, nonché l’unico film fino ad ora realizzato che rievoca quel momento tragico.

Come in una commedia di origine classica che unisce la maschera del riso a quella del dramma, Comencini, partendo dal giorno dell’annuncio dell’armistizio fino a giungere a Napoli alla vigilia delle quattro giornate che liberarono la città dai tedeschi ,mostra un metaforico  viaggio agli inferi che vede i suoi protagonisti progressivamente   spettatori, vittime e attori dello stesso destino comune a tanti compatrioti.

Un viaggio interiore

Lungo le coste del Veneto ,l’otto settembre 1943 ,in una caserma dell’esercito risuona la notizia dell’armistizio. I soldati, disorientati ma anche stanchi dal lungo e inutile conflitto ,si danno alla fuga e con un po’ di ritardo anche il sottotenente Innocenzi ( Sordi) e due suoi soldati, rimediati alcuni abiti civili iniziano la loro anabasi (viaggio verso l’interno). Dopo aver rifiutato di unirsi alla Resistenza, Innocenzi, novello Ulisse, e i suoi sottoposti, nel viaggio di ritorno,   vengono a contatto con una serie di situazioni ed eventi che contribuiscono alla crescita morale e spirituale del protagonista, fino ad allora prigioniero di un finto “dover di patria” e vittima soprattutto di un‘accidia esistenziale che viene rimossa gradualmente dopo aver assistito ad atti di violenza e di coraggio fino ad allora mai conosciuti: la morte di un soldato che ha tentato di difendere una giovane ebrea, le tragiche morti dei suoi commilitoni avvenute proprio quando sono tornati dalle loro famiglie e in particolare del geniere Ceccarelli ( Serge Reggiani), la silente e calcolata connivenza dell’anziano padre ( Eduardo De Filippo) verso la nuova situazione.

Sordi, uomo “qualunque”

La scelta di Alberto Sordi a protagonista del film non è casuale: fino ad allora l’attore si era sempre segnalato come l’uomo “qualunque”, quello che si trova per caso nelle situazioni e che cerca di arrabbattarsi come può tentando di trarre un profitto, ma anche quello che all’ultimo momento ha uno scatto di orgoglio e si riscatta ,come accade in “La grande guerra” film del 1959.  Contrapposto all’onesto geniere Ceccarelli, interpretato magistralmente dal francese Reggiani che rappresenta la cieca obbedienza e il sussiego verso i superiori e anche al padre ( De Filippo) che invece è quello che non crede a nulla e che è nutrito di quel lassismo che faceva dire agli italiani in cattività “Con Franza o con Spagna basta che se magna”, il personaggio interpretato da Sordi ,ha dei principi che sono silenti e che si risvegliano solo quando si rende conto di essere solo e che è giunta l’ora di voltare pagina dopo aver sonnecchiato metaforicamente durante il Ventennio fascista.

Un film da salvare

Inserito nella lista dei 100 film italiani  da salvare, progetto che si occupa di salvaguardare cento pellicole di particolare interesse storico-culturale girate tra il 1942 e il 1978, “Tutti a casa” merita di essere visto , ma anche conservato nella personale cineteca che ogni cinefilo che si rispetti dovrebbe avere.

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