Storie di riti magici e suggestioni mentali: Ritual Una Storia Psicomagica

Esce oggi al cinema Ritual Una Storia Psicomagica, il cui soggetto è liberamente tratto da La Danza della Realtà di Alejandro Jodorowsky.

Ritual, Una Storia Psicomagica

Ritual Una Storia Psicomagica

Opera prima di Giulia Bazzale, laureata in psicologia alla Sapienza di Roma ma con una gran passione per il cinema, e Luca Immesi,  laureato in Scienze della Comunicazione con Master in Filmaking alla New York University. Entrambi appassionati alla cultura artistica di Jodorovsky, rimangono affascnati dai riti di psicomagia utilizzati dall’autore, decidendo di scrivere una sceneggiatura ed nviarla al maestro, il quale ne rimane affascinato e decide di aiutarli,  dandogli dei consigli non sulla struttura narrativa, ma solo sulle scene dei riti, per renderle più verosimili possibili.

Giulia Bazzale e Luca Immensi

E’ un film in tre atti, molto ben descritto. Scenografie, costumi, luci e personaggi sono costruiti nei minimi particolari. Anche la musica ha la sua importanza. Tutto è un richiamo al teatro, anche se il film riesce ben a camuffare con le immagini digitali,  girate con una Red Epic 5K usata per le prima volta in Italia, stesso tipo di tecnologia utilizzato per Spiderman IV, Lo Hobbith ed altri film americani. 

La protagonista è Lea (Desiree Georgietti) una donna fragile, che si ritrova a vivere un amore malato con Viktor (Ivan Franek), uomo sadico e narcisista. L’ego e la mancanza di comunicazione sono predominanti nella scena prima, con ambientazioni asettiche, colori bianchi e neri, niente spazi aperti, inquadrature particolari, che ricordano il primo David Linch (Blue Velvet).

Ivan Franek e Desiree Giorgetti in una scena del film

Poi nel secondo atto abbiamo ambientazioni calde, la campagna del Veneto, arredamento con colori forti, che fanno da contrasto con la depressione a cui è soggetta Lea, che scegliendo di assoggetarsi al  suo uomo, e pentendosene amaramente in un secondo momento, chiede aiuto alla magia praticata dalla zia (Anna Bonasso). E qui che si entra nella dimensione onirica, con creature fantastiche e strane, come la figura dell’Anguana (Patrizia Laquidara), che rappresenta una sorta di maga Circe, molto materna, ma che  al tempo stesso si ciba dei propri figli.

L’ultimo atto è il rito, la purificazione e la suggestione della mente dal guarire dalle nostre paure. Non sono delle vere magie, ma degli escamotage per rivivere unn trauma per poterlo superare. Ed ecco che qui che ritorna il teatro sottoforma di psico-dramma.

I registi pensano sia un miracolo aver realizzato il loro progetto, ci sono state una serie di coincidenze “magiche”: dalle musiche di Moby, che non ha preso soldi per i diritti musicali, ma ha voluto che loro donassero un offerta ad un associazione mondiale che si occupa dei diritti degli animali, all’utilizzo della tecnologia a zero budjet, perchè tutta l’attrezzatura gli è stata prestata. La canzone Il Canto dell’Anguana fa parte dell’ album di Patrizia Laquidara, che vinse il Premio Tenco nel 2011.

Il film è distribuito in Italia da Mariposa Cinematografica e all’estero dalla Reel Suspect, che ha lavorato molto bene nei festival, quali Copenaghen, Montreal, Uruguay, Londra.  In Italia purtroppo uscirà solo in 15 copie.

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