Il film in concorso al Sudestival 2016 proiettato lo scorso venerdì è Ritorno a Spoon River, dei registi Francesco Conversano e Nene Grignaffini. Nell’articolo la recensione e l’intervista ad uno dei due autori: Francesco Conversano.
Ritorno a Spoon River
A Spoon River il tempo sembra essersi fermato. Sarà per la fotografia sublime in bianco e nero o per le musiche di Gianni Lenoci e Andrea Carrieri, nostalgiche e malinconiche o perché Francesco Conversano e Nene Grignaffini ci presentano un ritratto del passato attraverso il presente. Circa cento anni fa Edgar Lee Masters pubblicò sul Mirror di St. Louis una raccolta di poesie che immortalava la società del tempo attraverso l’analisi degli ambigui e disparati cittadini della anonima cittadina americana. Questa raccolta sarebbe stata destinata successivamente ad un successo straordinario, ispirando anche la composizione dell’album Non all’amore, non al denaro né al cielo di F. De Andrè.
Oggi i due registi intervistano gli abitanti attuali della grigia cittadina e presentano le varie poesie attraverso le loro voci e le loro emozioni. Una carica di pathos molto forte che fa riflettere su quanto il passato così sorprendentemente recente è vivo e brucia ancora negli abitanti di Spoon River che 100 anni dopo l’antologia sembrano far rivivere i personaggi che conosciamo grazie alla letteratura o alle canzoni celeberrime di De Andrè. Un esperimento difficile e ben riuscito, che risulta essere un tuffo nel passato. Insomma una geniale intuizione dei registi incorniciate da musiche eccellenti e coerenti e da un montaggio di Stefano Barnaba degno dei migliori documentari americani. Se l’obiettivo era far tornare lo spettatore a Spoon River, Conversano e Grignaffini ci sono riusciti in pieno.
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Intervista al regista Francesco Conversano
Francesco, benvenuto su cinemio. Parliamo di Ritorno a Spoon River. Com’è nata l’idea del film? E come mai la scelta dell’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters?
L’idea di Ritorno a Spoon River nasce fondamentalmente dalla coincidenza con il centenario della pubblicazione dell’Antologia di Edgar Lee Master nel 1915 in America. L’Antologia fu tradotta e pubblicata in Italia da Fernanda Pivano per Einaudi e diventò un libro di formazione per più di una generazione. Questo era sufficiente per pensare di celebrare il centenario di un libro fondamentale per molti della mia generazione. Io e Nene (Grignaffini, la co-regista del film) siamo poi due appassionati di certa letteratura, cinema, musica e fotografia americana e della provincia americana, la smalltown America che abbiamo raccontato con passione nelle nostre tre serie di film documentari Strade Blu (Blue Highways).
Il film è diretto a quattro mani con Nene Grignaffini. Come avete collaborato nella produzione del film?
Da sempre Io e Nene condividiamo ogni fase dei nostri film: dall’idea, alla fase delle riprese, regia e post-produzione. Due sguardi simili ma anche molto differenti. Molta dialettica e molta pazienza.
Ritorno a Spoon River è suddiviso in 26 quadri nei quali alcuni abitanti di Petersburg e Lewiston leggono le poesie di Lee Masters. Com’è andata la fase delle riprese? Ci sono degli aneddoti che può raccontarci?
La fase delle riprese nelle due cittadine è stata caratterizzata da un’atmosfera davvero fantastica. Immaginate di arrivare in un posto del midwest e vedere rappresentato attraverso i propri occhi tutto l’immaginario cinematografico e letterario possibile. E’ stato un lavoro fortemente condiviso con le due comunità. Il cast è stato fatto insieme, ogni scelta di “attori/lettori” dei reading veniva condivisa, come pure la scelta delle location. La nostra conoscenza della provincia americana ci ha aiutato a dialogare con l’ordinary people americana, a mettere in scena i 26 quadri pensando molto alla letteratura, a Steinbeck, a Gifford e soprattutto al minimalismo di Raymond Carver.
Gli aneddoti sono tanti ma non spiegherebbero il nostro e il loro entusiasmo, la loro curiosità e la partecipazione; la disponibilità a partecipare a qualcosa che era totalmente nella nostra testa e nel nostro sguardo, di italiani e di europei.
Come mai la scelta del bianco e nero?
La scelta del B/N è stata quasi obbligata ed è nata insieme all’idea. Il film (perché Ritorno a Spoon River non è un documentario) non poteva essere girato in maniera diversa. La ricorrenza dei luoghi, l’ossessione degli oggetti e dei dettagli, i volti, i gesti, gli spazi della presenza e dell’assenza, i pieni e i vuoti avevano senso solo in B/N. E quel B/N nasce da lontano, dall’amore per il cinema americano raccontato dai grandi cineasti, primo fra tutti L’ultimo Spettacolo di Peter Bogdanovich. Le atmosfere sono quelle dei dipinti di Edward Hopper, senza colore, dove il B/N rafforza ulteriormente i silenzi e le inquietudini dei personaggi e dei paesaggi dei suoi dipinti.
Il film è un atto d’amore per la poesia e per il cinema e la letteratura americana. Anche la musica è una rivisitazione della musica folk, popolare americana, una musica discreta perché le voci, le parole e i silenzi sono i protagonisti.
Il film è stato selezionato al Torino Film Festival 2015 ed è in prima visione in Puglia. Quando avremo la possibilità di vederlo nelle sale?
Ritorno a Spoon River dopo il successo al Torino Film Festival è stato programmato con altrettanto successo a Bologna e in altre sale d’essai dell’Emilia-Romagna. Tra Marzo ed Aprile sarà programmato anche a Milano, Roma, Bari, Genova e altre città in sale dei circuiti culturali d’essai. Il film – coprodotto da RAI CINEMA – avrà poi una destinazione televisiva sui canali RAI.
E’ un prodotto sicuramente coraggioso ma che colpisce ed emoziona. L’obiettivo è proporlo nei circuiti cinematografici culturali perché crediamo al cinema d’autore e indipendente e alla possibilità di contribuire ad accrescere sempre più la cultura cinematografica dello spettatore italiano.