Con il suo ultimo cortometraggio, Mammaliturchi! il salentino Carlo Michele Schirinzi, protagonista di oggi della rubrica dei registi emergenti, ha vinto la Menzione speciale della giuria all’ultima edizione del Torino Film Festival. Nell’articolo tutti i dettagli.
Mammaliturchi!
Nessuna musica (almeno secondo l’accezione classica del termine), nessun protagonista umano. Un viaggio, straniante e deformato, attraverso luoghi che pian piano riconosciamo come quelli di un centro di accoglienza abbandonato. Suoni cantilenanti e immagini drasticamente distorte (davvero molto interessante la fotografia) ti guidano egregiamente tra le stanze abbandonate, dove tutto rivela il passaggio dell’uomo, vissuto lì ma in condizioni non umane.
Uno splendido documentario, diverso da quelli canonici, che non ha bisogno di parole ma che lascia allo spettatore la possibilità di trarre le sue conclusioni in totale autonomia.
Carlo Michele Schirinzi è regista da più di dieci anni, autore di numerosi documentari e cortometraggi premiato più volte per i suoi lavori. Ma lascio la parola a lui per raccontarci i dettagli.
Carlo, com’è nata l’idea del corto?
La transumanza umana, l’impotenza e l’impossibilità di modificare la propria esistenza, sono temi ricorrenti nei miei ultimi lavori (Notturno Stenopeico, De-tour to Ararat, Prospettiva in fuga, Fuga da Nicea, Suite Joniadriatica): Mammaliturchi!, ulteriore variazione sul tema, è un tentativo di far rivivere il dramma dei container in cui si stipano i corpi dei clandestini speranzosi di una terra libera.
Protagonista è un ex centro d’accoglienza chiuso da qualche anno per gli scandali dovuti al maltrattamento degli ospiti: il film non difende le vittime e non attacca i carnefici, è un occhio freddo e distaccato che registra uno stato di fatto, simile ad una sonda sottomarina che scannerizza l’architettura priva di vita umana ma debordante di macerie e d’archeologia del vissuto, un enorme relitto inabissato in cui tutto è sospeso come in un fondale cullato dalle acque.
E’ un viaggio visionario tra riflessi di cielo che violentano l’edificio e onde minacciose cancellate dalla pioggia battente: unico barlume di speranza è la citazione finale di Isaia rivisitata da Don Tonino Bello
Sentinella, quanto resta della notte?
Resta poco.
Perchè hai utilizzato quel particolare effetto visivo liquido?
E’ un effetto artigianale realizzato in fase di ripresa mediante filtri vitrei posizionati sull’obiettivo, come faccio spesso: l’intero film è la visione d’apnea del cadavere di uno dei viaggiatori custoditi dai mari, una soggettiva fatta di panoramiche lentissime – eco della dilatazione temporale che domina nei centri di permanenza temporanea – che sfidano la lettura angosciante di dettagli insignificanti come le piastrelle, i cessi rotti, i materassi, gli indumenti incartapecoriti, i giocattoli abbandonati.
Quali sono state le difficoltà che hai avuto durante la lavorazione?
Nessuna! La troupe ridottissima composta da me, Stefano Urkuma De Santis (compositore della colonna sonora) e Marcello Ciullo (assistente) ha lavorato molto agilmente e si è immersa in questo relitto evitando l’approccio prettamente cinematografico: Mammaliturchi! è un film di stomaco nato di getto che ci ha fatto godere un trasporto erotico in tutte le fasi operative.
E dopo?
A parte i festival, non sappiamo dove, da chi e quando il nostro film sarà visto, trattandosi di un lavoro sperimentale le difficoltà distributive, come sempre, saranno maggiori: il panorama indipendente promuove solo documentari che utilizzano il linguaggio sciapito da inchiesta televisiva, alla Annozero o alla Striscia la Notizia per intenderci, che impediscono al pubblico d’intervenire attivamente costringendolo a sorbire le loro pallose direttive (da sinistra a destra).
Sono pochissimi coloro che hanno rispetto del pubblico e tentano di evadere da questo calderone che tutto amalgama e annulla, anche perché è molto più difficile, penso a Roberto Nanni, CaneCapoVolto, ma anche a Gaudino, Garrone e Frammartino.
Finisce qui la prima parte dell’intervista a Carlo Michele Schirinzi. Nella seconda potremo leggere anche le parole di Stefano Urkuma De Santis, compositore della colonna sonora.
No Responses