Siamo contenti di avere di nuovo come ospite di questa rubrica, il regista Alessandro Porzio che, dopo aver vinto con Rumore Bianco la Menzione Speciale nella sezione cortometraggi del BIF&ST 2013 ha presentato nell’edizione 2014 il suo nuovo lavoro Niente.
Niente
Dopo Rumore bianco, Alessandro Porzio ci regala un altro cortometraggio di forte impatto emotivo dedicato alle tante persone vittime della crisi economica che sta attanagliando il nostro paese. Con uno sguardo attento e profondo il regista ci accompagna nella giornata di uno di loro, ci fa sentire il suo senso di impotenza, il dolore nel non riuscire a proteggere la propria famiglia, il tentativo, fino alla fine, di mantenere alta la propria dignità.
A supporto di queste immagini una fotografia volutamente sporca, senza filtri, che lo accompagna nascosta, ed una macchina a spalla nervosa, quasi fastidiosa, che rende lo spettatore partecipe della tragedia, sempre ad un passo dal protagonista ma completamente impotente (o forse no?) di fronte alla tragedia imminente. Bravi tutti gli attori, le cui interpretazioni colpiscono al cuore e allo stomaco, e i cui dialoghi sono accompagnati da una colonna sonora riservata ma efficace.
L’intervista al regista
Ciao Alessandro, bentornato su cinemio. Del corto sei autore di soggetto e sceneggiatura oltre che regista. Vuoi raccontarci la genesi di questa storia così toccante ed originale?
In realtà questa storia non ha una vera genesi. È come se tutto fosse stato messo alla luce ancor prima di pensare di poter procreare. Non c’era desiderio, ambizione, necessità di scrivere. C’è un senso di vuoto così profondo da provocarti un nerissimo senso di colpa. Di toccante, probabilmente ha gli elementi del “vero”, quel vero che oggi ci fa male e che dovrebbe avere l’ambizione estrema di sensibilizzarci tutti. Ma non lo fa. Raramente capita. Perché siamo molto più distratti di quanto crediamo. Parallelamente quasi per delle assurde voglie del “caso” ecco che questa storia diviene originale, perché siamo distratti. Non c’è nulla di nuovo in questa storia. C’è qualcosa di omesso. Che è ancora più nauseante e schifoso del “non parlarne”.
Passiamo alle caratteristiche tecniche: molto uso di macchina a spalla e primi piani ed una musica intensa e commovente. Come hai lavorato con i tuoi collaboratori storici Dario Di Mella e Stefano Ottomano per fotografia e musica?
L’idea di dover comporre filmicamente questa storia mi ha da subito affascinato. Uso moltissime volte la macchina a spalla e in Niente mi sembrava la scelta più giusta. Perlomeno quella più adattabile, perché fosse giusto che la gente potesse osservare Mauro standogli molto vicino. Con Dario volevamo una Roma identica a quella fotografata nel film, periferica, svuotata, per certi versi ossessiva, ma volevamo mantenere l’intimità dei momenti, la vita dei protagonisti, gli occhi di un padre e di una figlia. Stefano c’ha messo quella poesia che io e Dario abbiamo tentato in tutti i modi di distruggere. Voglio bene a loro due. Farò molta più fatica io a separarmi da loro che loro da me.
Ci parli della lavorazione del corto? Ci sono degli aneddoti che ti va di raccontarci? So per esempio che le riprese in metro sono state abbastanza ‘avventurose’…
Sono arrivato a Fiumicino la mattina stessa del primo giorno di Set. Tornavo da Barcellona, c’ero andato per ritirare il premio al Miglior Film alla Mostra del Cinema del precedente mio lavoro Rumore bianco. Arrivato sul Set la prima persona che ho incontrato non poteva che essere Giulio Mastromauro. Mi ha sorriso e lì ho capito che potevo stare sereno. Che qualora ci fossero stati problemi, mi avrebbero coccolato fino ad addormentarmi. Durante tutta la lavorazione ho subito diversi colpi al cuore. Di episodi piacevoli da ricordare ce ne sono davvero moltissimi, anche parecchio intimi. Ricordo la grandissima presenza di Filippo Gili, la straordinaria volontà di crescita e di emozionarsi di Angela Curri che interpretava sua figlia, l’attenzione ai dettagli di Martina Sammarco, l’assurda bravura di una grandissima attrice come Vanessa Scalera. Si confermo. Nel tram, è stato parecchio problematico, ma siamo riusciti a tirarla fuori. Avevamo “pali” di produzione ovunque. Ci tengo a dire che quella scena è stata girata grazie alla grandissima presa di posizione di un pignolo d’eccezione, il mio aiuto regia, Roberto Urbani.
La produzione del corto è fatta in collaborazione tra ZEN.movie ed Intergea Srl, due realtà molto giovani che tu conosci molto bene. Ti va di parlarcene?
Le giovani produzioni hanno un compito molto importante. Ancor più fondamentale di quanto loro stesse pensano di avere. La questione non è produrre. La quantità non ha fatto mai bene a nessuno. Loro hanno una responsabilità che va a braccetto con l’etica, con la scelta di saper scegliere. Giocano una partita a scacchi dove ogni mossa può essere quella che ti farà perdere o vincere, non è permesso distrarsi proprio perché tutti stanno a guardare cosa i “giovani” e le “nuove idea” hanno da proporre di così tanto innovativo e diverso da ciò che c’era stato prima. E’ compito arduo. Difficilissimo e stanchevole. Zen e Intergea lo sanno bene, sanno bene quanto è importante incanalarsi in binari giusti, scegliere, non farsi prendere dall’entusiasmo dell’ultima cosa, ragionare, razionalizzare, valutare. Finché ci sarà giudizio oggettivo, anche tra gente che rema nella stessa direzione, ci sarà crescita. Pubblicamente ringrazio, Nicoletta Cataldo per le molteplici passeggiate con la mente.
Prima il tema della malattia ora la crisi economica, accompagnati da titoli (Rumore bianco e Niente), quasi per contrasto, neutri. Ti piace provocare e colpire allo stomaco lo spettatore?
Se non nutri provocazione in questo pseudo-mestiere tutto diventa sciapo. Senza sapore. Sopratutto nei confronti di te stesso, prima, ed in seconda analisi nei confronti di chi andrà a vederlo quel film o quel progetto filmico. Non sono molto bravo nel fantasticare, forse non mi interessa nemmeno cominciare a farlo adesso. Cerco sempre qualcosa che mi riempia, che ci riesca, prima, in fase di scrittura e poi, in fase di lavorazione, a colmare vuoti che molto probabilmente non so di possedere. Cosa strana, in tutto ciò, vengo sempre riempito da qualcosa di profondamente drammatico. Non lo vedo come un vuoto, ma come qualcosa di tremendamente sbagliato, questo si. Ma non posso farci “niente”. In compenso però, credo che i pugni allo stomaco, la gente dovrebbe darseli da sola, perché se si è ancora così tanto frivoli da farsi coinvolgere dal “non reale” del cinema, qualcosa di sbagliato ci sarà pure e non per chi va a raccontarli quei film, ma per chi scioccamente, ci casca andandoli a vedere.
Il tuo corto ha partecipato il mese scorso al BIF&ST. Qual è stato il riscontro del pubblico? C’è un complimento che ti è rimasto più nel cuore?
“La verità mi ha logorato”. Forse questo, appena sono uscito dalla sala 5 del galleria. Una signora. Ma più delle parole per noi del cast che eravamo in sala durante l’anteprima è stato il momento di silenzio che c’è stato per tutta la durata del rullo finale. Una sorta di preghiera. Non avevamo presunzione di far riflettere, ma in quel momento, essendo la prima proiezione pubblica, ho capito che per alcuni versi, eravamo destinati a farlo. Sono molto felice di esserci ritornato dopo il premio della giuria dello scorso anno.
Ed ora uno sguardo al futuro. C’è già un nuovo progetto nel cassetto? Quando potremo vederti alle prese con un lungometraggio?
Di progetti ce ne sono sempre moltissimi. La vera difficoltà sta nel saperli distribuire bene, senza alcuna fretta. A fine Luglio dovrei ritornare sul Set, insieme ai mie compagni di viaggio di Rumore bianco la Diero, per un progetto particolarissimo, dopo moltissimo tempo in Puglia. Per il lungometraggio? Non ho voglia di andare in giro a fare pena al pubblico trovando come scusante il fatto che mi sia veduto l’automobile per produrre il film, come spesso capita con i low/budget che vanno tanto di moda. Aspetterò. Nessuno mi corre e ci corre dietro.
Ringrazio di cuore Alessandro Porzio per la disponibilità e faccio a lui e a tutta la squadra un grande il bocca al lupo per i progetti futuri, augurandomi di averlo ancora gradito ospite di questa rubrica.