Registi emergenti: ‘Amore cieco’ di Giuseppe Ferlito

Oggi facciamo una chiacchierata con il regista Giuseppe Ferlito che ha presentato nella sezione cortometraggi del BIF&ST 2012 il suo Amore cieco, intensa storia di amore e disabilità.

Giuseppe Ferlito, allievo di Eduardo de Filippo presso la Bottega Teatrale di Gassman, ha diretto i suoi primi lungometraggi negli anni ’80 iniziando, qualche anno dopo, la sua esperienza didattica presso il Cinema Spazio Uno di Firenze. Nel 1994 costituisce l’Associazione Culturale Immagina, di cui è Presidente e Direttore Artistico.

Nel 1998 ha diretto il film Femmina, interpretato da Monica Guerritore e Roberto Farnesi, cui sono seguiti, tra gli altri, Né terra né cielo nel 2001 e Ultimo carico nel 2010. Molti dei suoi lavori, tra i quali numerosi cortometraggi, hanno visto il coinvolgimento degli allievi della Scuola di Cinema Immagina. Amore cieco è il suo ultimo cortometraggio.

 

Il protagonista del corto

 Amore cieco

Giacomo,  speaker radiofonico cieco, ogni sera durante la sua rubrica, chiacchiera con Chiara che partecipa ai suoi quiz musicali. Una sera però cade la linea e Giacomo teme di non riuscire più a trovarla. Ma mentre torna a casa una dolce melodia attirerà la sua attenzione…

Girato con grande professionalità (ottimi la fotografia ed il montaggio), Amore cieco mette in scena la disabilità senza cadere nei facili giochi dell’autocommiserazione e racconta una dolce storia d’amore capace di superare tutte le barriere. Bella ed originale la storia, il cui soggetto è risultato vincitore del premio letterario Racconti nella rete, e davvero molto bravo il protagonista, attorno alle cui intense espressioni e precisi movimenti si sofferma spesso la macchina da presa.

Giuseppe Ferlito durante le riprese di 'Amore cieco'

Le domande al regista

Ciao Giuseppe e benvenuto su cinemio.it. Il soggetto del corto è di Alessandro Russo, vincitore della sezione Corti del premio letterario “Racconti nella rete”. Come sei arrivato al cortometraggio e come hai collaborato con l’autore?

Io mi sono appassionato immediatamente a questa piccola sceneggiatura. L’ho trovata semplice e poetica. Quando una storia è scritta veramente bene non si fa fatica a realizzarla, infatti abbiamo girato il corto in pochissimo tempo. Alessandro Russo, lo sceneggiatore, era presente e devo dire che si è creato un bel clima di grande collaborazione. Sul set inevitabilmente si presentano problematiche di ogni tipo e per forza di cose devi prendere delle decisioni immediate.

Io ho cercato di essere il più possibile fedele alla storia di Alessandro. Tuttavia, nella traslazione visiva, dalle parole alle immagini, ho dovuto modificare alcuni passaggi narrativi e in questa operazione lo sceneggiatore è stato veramente elastico. Un vero professionista, si è fidato delle mie soluzioni drammaturgie e registiche.

Il film è stato girato a Lucca e vede come protagonisti giovani attori toscani. Com’è andata la fase delle riprese? Ci sono aneddoti che vuoi raccontare?

La location è stata determinante, aver girato il corto in una splendida città gli ha conferito un’atmosfera decisamente magica. Le piazze e le strade vuote, le prospettive dei palazzi e delle mura. I vicoli silenziosi. Ciro Rossi, il protagonista, si muoveva in un ambiente incantevole e poiché doveva interpretare un personaggio cieco, percepiva la bellezza della città col tatto, con l’udito e con l’olfatto. Doveva inseguire la voce di una donna nel labirinto della città.

L’altra interprete, la giovane attrice Caterina Falvo (anche lei allieva della scuola di cinema Immagina), oltre a recitare doveva anche cantare e ha conquistato tutti i passanti e i clienti del bar con la sua bellissima voce.

Hai girato numerosi lungometraggi e cortometraggi. In base alle tue esperienze pensi che i cortometraggi abbiano una loro ‘dignità’ o possono essere semplicemente considerati come ‘esercizi’ finalizzati al lungometraggio?

I corti sono una grande palestra per prepararsi al lungometraggio. Nel corto bisogna avere un’idea forte anche se lo sviluppo è debole, nel lungo anche se l’idea è debole deve necessariamente avere uno sviluppo forte. In sostanza il corto deve colpirti immediatamente, un pugno nello stomaco. Nel corto puoi provare, puoi sperimentare la tua capacità narrativa. Solo nel corto puoi metterti in gioco e verificare il tuo talento creativo.

Lo puoi fare in poco tempo, con mezzi leggeri, basta una videocamera e un programma di montaggio. Tanti ragazzi addirittura provano anche con la telecamera del telefonino. Prima, ai tempi della pellicola, dovevi spendere un patrimonio per fare un corto, ora invece con il digitale le cose sono cambiate. Non ci sono più giustificazioni, tutti hanno a disposizione un mezzo democratico. Nel festival, su youtube, ecc. c’è un’invasione  di corti e posso assicurare che alcuni di questi sono più belli di tanti film.

La giovane protagonista del corto

Sei direttore artistico della “Scuola di Cinema Immagina” di Firenze e vedi quindi tanti giovani che aspirano a diventare registi. Quale pensi che possa essere il loro futuro vista la situazione del cinema italiano?

Il mio è un laboratorio e i ragazzi li metto subito a lavorare. Il cinema si impara facendolo e per questo spesso li porto sui miei set per fargli fare pratica. Devono imparare la tecnica, la disciplina del linguaggio cinematografico. Il rigore. È vero che in fondo la tecnica è la cosa più banale (quella si impara), quello che veramente conta alla fine è cosa vuoi trasmettere con la tua opera. Qual è la tua visione delle cose e del mondo. La tua poetica.

Ci vuole una grande vocazione per fare questo mestiere, che poi in realtà non è neanche un mestiere, è un atteggiamento di vita: infatti, prima del mestiere c’è l’essere umano con le sue ossessioni, le sue debolezze, le sue fragilità. Fare cinema è una necessità e non importa se dopo aver fatto un film, dopo aver sofferto più di un anno della tua vita non trovi qualcuno che lo distribuisce. Non importa, perché la società è così come la rappresentiamo nei film, malata, piena di ingiustizie e di contraddizioni. Ciononostante il compito del regista è di non fermarsi mai.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Un nuovo lungometraggio nel cassetto?

Adesso sto ultimando un lungometraggio, Cavallo di Troia. Nel film sono coinvolti tutti gli allievi della mia scuola. Attori, tecnici e tutte le altre maestranze. Speriamo di trovare una distribuzione, e se non si trova?  Beh! Ne inizieremo un altro.

Il regista Giuseppe Ferlito

 Ringrazio Giuseppe Ferlito per la sua disponibilità augurandomi di averlo di nuovo ospite della mia rubrica in occasione dell’uscita del suo film.

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