Federico Fellini: Prova d’orchestra (1979)

Anche stasera, come spesso in questo periodo, sono di ritorno da Piazza Maggiore: dove oggi il programma di “Cinema Sotto Le Stelle” offriva la visione di “Prova d’Orchestra”. Il film di Federico Fellini del 1979, concepito e realizzato al volo, quasi come intermezzo tra due opere assai più ambiziose come il “Casanova” (1976) e “La città delle donne” (1980).

Eppure, alla faccia della sua genesi ostentatamente “minore”, Prova d’Orchestra ha finito per essere una delle pellicole migliori dell’ultimo Fellini (il regista da allora ne girerà solo altri cinque, prima della sua morte nel 1993). Un film perfetto nella sua metaforica semplicità, e certamente il suo più politico, che racconta spietatamente la realtà italiana al culmine degli anni di piombo e ne anticipa la restaurazione successiva, anche se all’apparenza parla di tutt’altro.

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Il film si svolge infatti al chiuso di un vecchio e polveroso oratorio, dove si deve svolgere – appunto – una prova d’orchestra. E si presenta come se fosse un documentario televisivo, nel quale la troupe intervista i singoli musicisti per poi farli sentire suonare: Fellini gioca così con la forma dello pseudo-documentario, fornendo credo uno dei primi esempi di questo genere che poi è diventato di moda.

All’inizio, dunque, tutto sembra (quasi) un normale programma tv: e dico “quasi” perché le facce, i tic, le assurdità dei personaggi ritratti fanno parte alla grande della galleria felliniana. Questi musicisti vanno ben oltre gli stereotipi che l’immaginario associa normalmente a chi fa musica classica: sono bizzosi, litigiosi, miserabili, spesso malvagi. E soprattutto, sono sindacalizzati al di là di ogni buon senso.

Per questo, quando entra il direttore e dà inizio alla prova, protestano sempre più apertamente contro i suoi comandi. Il direttore, che parla un accento tedesco vagamente hitleriano, è a sua volta così indisponente da peggiorare la situazione: si arriva così ad un delirio di ribellione che è una evidente rappresentazione del Sessantotto. Echeggiano slogan di sapore maoista, del tipo: “Direttore, direttore / Non ti vogliamo più / D’ora in poi se ci dirigi / Dirigi a testa in giù” e via dicendo.

Il finale non vorrei rivelarlo per chi non ha visto il film, ma solo commentare il suo impietoso messaggio: quello che tanto più è esagerata la ribellione, tanto più docile sarà la successiva sottomissione. E forse, in questo, Prova d’Orchestra dice molto perfino sull’Italia del 2010.

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