Disoccupato in affitto: quando non lavorare stanca

Uscito l’undici maggio in contemporanea nelle sale di Distribuzione Indipendente e on demand su Own Air, dopo il passaggio al Roma Independent film festival 2011, il docufilm Disoccupato in affitto è un bell’esempio di cinematografia sociale che farà parlare di sè.

La genesi del documentario



Pietro Mereu, quarantenne o giù di lì, sardo, ex autore e collaboratore in una società di distribuzione romana, disoccupato, decide insieme all’amico Luca Merloni, regista e creativo , di realizzare questo documentario reality nel tentativo di trovare un’occupazione e contemporaneamente per dare uno spaccato dell’Italia di oggi alle prese con il problema ormai cronico della mancanza di un impiego condivisa da troppi connazionali.

I due, con un ridottissimo budget personale e un aiuto fornito dalla provincia autonoma di Ogliastra si imbarcano per quest’avventura lunga nove città, Merloni munito di camera a mano e Mereu uomo-sandwich in noleggio.

Un’idea “vittoriana”

L’idea di travestirsi da uomo-sandwich ha, come si spiega all’interno del documentario, delle origini storiche risalenti all’età Vittoriana: le compagnie pubblicitarie trovavano comodo affittare per pochi soldi degli uomini cui affidare dei cartelli che propagandavano un prodotto. Lo scrittore Charles Dickens definì questi personaggi che si aggiravano per la Londra ottocentesca sandwich perché sembravano carne umana in pasto alla curiosità della gente. Successivamente con la crisi finanziaria degli anni Trenta anche gli Stati Uniti si popolarono di queste insolite figure.

Così con queste ingombranti reminiscenze storiche Mereu e Merloni iniziano a girare nell’estate del 2010.

Giro d’Italia in nove città

Mereu sceglie nove città dello Stivale: Roma, Milano, Napoli, Firenze, Genova, Cagliari, Bologna, Verona e Lecce.

Incontra gente varia ( a Roma anche personaggi più o meno noti come la giornalista e conduttrice televisiva Paola Saluzzi) suscitando reazioni fondamentalmente positive; a parte qualche sorrisetto, la maggior parte delle persone solidarizza con il protagonista della storia che non è quasi mai ripreso in quanto il regista Merloni preferisce usare la tecnica del primo piano e isolare così i volti di chi Mereu via via incontra.
C’è chi si spinge a fare timide offerte occupazionali, ma poi si scopre che si trattava dei soliti incarichi a tempo molto determinato.
Ciò che colpisce è che in tutte le città visitate dal Nostro si respira un clima di sfiducia persino in luoghi da sempre avocati al culto del lavoro quali Milano o Verona.
Nell’affresco tracciato dal duo Merloni-Mereu ci sono donne cinquantenni ormai fuori dal mercato del lavoro, giovani milanesi costretti a cercare occupazione a Barcellona, uomini di mezz’età che fanno centinaia di chilometri per portare qualche soldo in famiglia e chi è costretto a prendere i pasti dalla Caritas.
Un’Italia dolente raccontata con un tocco sottile di levità e ironia accompagnato dalla bella colonna sonora gratuitamente offerta da The Niro….come dire: prendiamocela bene perché purtroppo del diman non c’è certezza….

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