Registi Emergenti: Bonifacio Angius, autore di Sagràscia

E dopo la recensione di Sagràscia ecco l’intervista al suo regista, il sardo Bonifacio Angius.

Bonifacio Angius, regista, sceneggiatore, direttore della fotografia e montatore per il cinema, è  nato a Sassari nel 1982. I suoi cortometraggi hanno vinto numerosi premi in festival nazionali ed internazionali. Attualmente è presidente dell’associazione culturale U.C.I. (Unione Cineasti Indipendenti) grazie alla quale ha prodotto diversi documentari e Sagràscia, il suo primo lungometraggio.

Le domande al regista

Ciao Bonifacio, grazie di aver accettato di rispondere alle nostre domande. Innanzitutto parliamo dalla genesi del film. Tutto nasce da un fatto realmente accaduto a tuo padre. Quale è stata l’evoluzione creativa nella stesura della sceneggiatura?

Siamo partiti dall’inconsapevolezza di Antoneddu, che doveva essere anche l’inconsapevolezza dello spettatore. Lo spettatore non doveva guardare dall’alto la storia del protagonista ma essere immerso, buttato dentro alla storia. Lo catapultiamo dentro, lo costringiamo a guardarsi attorno, a cercare di capire, proprio come deve fare il piccolo protagonista.

Si poteva facilmente spiegare e dire tutto dal principio. Dentro di noi avevamo chiaro in mente ogni lato della storia, ed è stata una decisione precisa quello di tenere sempre in considerazione alcune verità durante la scrittura e le riprese, senza però mai svelarle direttamente nel film.

L’intento era quello di mantenere uno stato di sospensione quasi da sogno, negare continuamente quello che accade, stravolgere il luogo e il tempo. Infatti il racconto ha un tempo circolare, è il tempo delle abitudini, delle cose che si ripetono, il tempo del sogno che non va mai avanti, un tempo rassicurante ma allo stesso modo opprimente, un tempo mentale, non reale.

Quanto c’è di autobiografico nel personaggio di Antoneddu e in cosa ti sei invece allontanato?

Come hai detto il film prende spunto da una storia accaduta a mio padre quando aveva cinque anni, ma questo è solo un piccolo spunto, il pretesto per raccontare la storia di un viaggio lungo e tortuoso. Io considero questo film estremamente personale ma non autobiografico.

Tu sei sardo e Sagràscia l’hai girato nella tua terra. Quanto influisce questo aspetto nel film?

La Sardegna è il luogo dove sono nato e le ambientazioni del film sono in alcuni momenti i luoghi dove giocavo quando ero bambino. La Sardegna rappresentata nel film è un luogo lontano da tutto, ma non geograficamente parlando, è un posto dalle atmosfere antiche, dense, nostalgiche, favolesche, ancestrali, rassicuranti ma anche sinistre, un luogo dell’anima e del ricordo.

Le inquadrature nel film sono indubbiamente molto curate. Hai fatto uso di uno storyboard per non lasciare nulla di inpreciso?

Assolutamente no. Arrivavamo sui luoghi e seguivamo l’istinto.

In che modo hai scelto gli attori-protagonisti della tua vicenda, in particolare il piccolo Antoneddu?

Gli attori del film sono per la maggior parte non professionisti, presi dalla strada praticamente reclutati tra gli abitanti di Ploaghe, il paese in cui è stato girato il film. A questi si aggiungono Pietro Pittalis e Stefano Deffenu attori più navigati, già protagonisti di alcuni miei corti. Pietrino e Stefano sono attori straordinari e sicuramente torneremo a lavorare insieme.

Giuseppe Mezzettieri, il bambino protagonista, lo conobbi sul set di un mio corto, “In sa ‘ia”, mi è sembrato da subito una forza della natura, un bambino sveglio, intelligentissimo, monello. Poi ci sono Domenico Montixi e Francesca Niedda; Domenico ha un talento esagerato, Francesca è una mia carissima amica, una sorella, ed è stata fondamentale perché era l’unica attrice che riuscivo a vedere per il ruolo di Angela.

Quanto è importante l’utilizzo di altre lingue oltre l’Italiano, nel significato complessivo del film?

Volevamo fare un film sull’amore, sulla vita, sull’aldilà, sul peso che i morti hanno sui vivi, sul ricordo, sulla mancanza, sulla solitudine, sulla crescita, sul viaggio, e infine sulla morte. Un film dove i personaggi si aggrappano alla propria esistenza in un mondo che non capiscono e che li vive.

Infatti ogni personaggio, proprio come il protagonista, è perso in questo mondo che pare un girotondo, palesa sicurezze che crollano appena soffia il vento, certezze di carta che si bruciano di fronte all’affacciarsi della realtà. Cercavamo di rappresentare un realismo che trascolora nel magico, in cui la Sardegna non è una entità geografica, ma quasi un luogo dell’anima.

Una Sardegna, insomma, luogo universale di ogni uomo e ogni donna, una Sardegna che sparisce, pur essendo sempre presente. La nostra Sardegna rifugge una rappresentazione stereotipata e un po’ folkloristica per essere non-luogo, per essere aldilà, per essere l’altrove.

E così, anche l’uso della lingua (il sardo, l’italiano, il catalano, l’esperanto, il nulla, il grammelot) diventa quasi un sottofondo musicale arcaico di un mondo che non si vorrebbe lasciare mai più.

Ci sono aneddoti particolari o divertenti che vuoi raccontarci?

Durate la lavorazione del film abbiamo avuto tante di quelle difficoltà che se mi mettessi a raccontare aneddoti dovrei rimanere qui seduto fino a domattina. Quando giravamo per il piccolo paese di Ploaghe sembravamo dei disgraziati vagabondi, degli zombie. Gli abitanti del paese ci hanno aiutato in tutto e per tutto infatti questo film è dedicato a loro.

Il regista Bonifacio Angius

Quali sono i tuoi progetti futuri? Un nuovo film ambientato in Sardegna?

Il prossimo film si chiamerà Perfidia e racconta di un uomo di circa trent’anni con grosse difficoltà ad adeguarsi al mondo che lo circonda. Ma su questo non vorrei raccontare troppo per scaramanzia.

Ringrazio Bonifacio per la sua disponibilità e invito tutti ad andare a vedere questo piccolo gioiellino indipendente.

Distribuzione Indipendente saluta Damiano

Prima di chiudere vorrei ringraziare Distribuzione Indipendente che in occasione dell’anteprima di Sagràscia, ha voluto ricordare che nel corso dell’anteprima di Falene era presente come inviato di Cinemio Damiano Russo, venuto purtroppo a  mancare il giorno seguente in un incidente stradale.

Per Distribuzione Indipendente è sembrato doveroso ricordarlo perché era un ragazzo giovanissimo, pieno di passione e amante del cinema, proprio come  tutti i ragazzi lì presenti in sala e come molti giovani redattori che continuano a seguire l’avventura di Distribuzione Indipendente.

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