Ritroviamo il regista Giovanni Meola, già intervistato in questa rubrica per parlare del suo ultimo cortometraggio Andata al calvario, intenso ritratto di un luogo così spesso maltrattato e dimenticato: l’Irpinia.
Andata al calvario
Per poter continuare a gestire le discariche clandestine, la malavita di un paese del sud si unisce alle proteste degli abitanti contro le trivellazioni petrolifere. In quell’occasione un boss, che ha un rapporto conflittuale con il figlio, viene ucciso da una donna misteriosa. Per pura casualità è stato proprio il figlio del boss ad averle indicato la strada e dopo averlo scoperto ha con la donna un incontro rivelatore dal finale sorprendente.
Con una straordinaria Mariangela D’Abbraccio nei panni della donna misteriosa, Andata al calvario è il nuovo intenso lavoro del regista Giovanni Meola. Partendo da una storia basata su insoliti rapporti genitore-figlio (il boss e la donna con i rispettivi figli), il corto vuole essere un omaggio all’Irpinia (valorizzato da una splendida e calda fotografia), luogo così maltrattato e dimenticato ma caro al regista, da sempre abituato a raccontare la sua terra ed i suoi problemi sociali con franchezza e realismo. Bravissimo anche il giovane protagonista Alessandro Palladino che già dimostra capacità attoriali da professionista. Un’ottimo lavoro del regista Giovanni Meola che vorremmo tanto vedere alle prese con un lungometraggio.
L’intervista al regista Giovanni Meola
Ciao Giovanni, bentornato su cinemio.it. Del corto, oltre che regista, sei anche autore di soggetto e sceneggiatura. Ci racconti la genesi di questa storia così particolare?
La genesi è davvero articolata e va indietro nel tempo. Un primo nucleo risale addirittura ad un racconto scritto da adolescente sebbene di quella storia sia rimasto davvero poco. Ad ogni modo, mi piace raccontare storie che abbiano un che di misterioso e che affondino le radici in motivazioni profonde che spesso non si riuscirebbe a confessare neppure a se stessi. E allo stesso tempo, gli incroci, gli intrecci più o meno casuali che possono intercorrere tra le vite dei personaggi è il motore che mi spinge a far andare avanti le storie, quasi come se i miei personaggi fossero dotati di vita propria. E questo indipendentemente dal registro con il quale si decide di raccontare, grottesco, drammatico, realistico o surreale che sia.
Una volta nata, la sceneggiatura ha poi subìto tanti piccoli cambiamenti fino ad arrivare alla sua stesura definitiva. L’idea di base è di diversi anni fa; ne scrissi una versione che mandai, tempo dopo, al concorso PescaraCortoScript che con mia grande sorpresa vinsi. Soddisfazione enorme perché si trattava di un concorso con una giuria d’eccezione presieduta da Francesco Bruni che è uno degli sceneggiatori più importanti d’Italia. Dopodiché, passato un altro po’ di tempo, siamo riusciti a produrre e veder nascere questa storia.
Il corto è ambientato in Irpinia e vede tra i protagonisti proprio questa regione così bella e complicata. Vuoi raccontarci qualche dettaglio in più su questa scelta e su quella di trattare il delicato problema ambientale delle trivellazioni petrolifere?
È stato proprio l’incontro con l’Irpinia a dare l’ultimo tocco, quello decisivo, affinché il lavoro si facesse. Due persone che non si conoscevano tra loro (e non irpine, perdipiù), miei collaboratori a vario titolo, letta la sceneggiatura, ambientata in una non precisata provincia campana, mi chiamano sostenendo di conoscere i luoghi giusti dove poterla, anzi dove doverla girare. È superfluo dire che i luoghi in questione erano i medesimi (e sono proprio quelli dove ho poi girato) e che la coincidenza di temi in essere, il business dell’immondizia e la questione di un territorio che rischia di essere devastato dalla speculazione petrolifera, come è in questo momento nel territorio compreso tra Gesualdo, Frigento e altri comuni limitrofi, ha fatto il resto.
Anche perché l’Irpinia sembra avere come una doppia natura: da un lato è discreta, quasi distante, sembra una terra scontrosa e poco ospitale (mentre è esattamente il contrario, come spesso accade nel nostro paese), dall’altra ha una bellezza selvaggia che chiede di essere mostrata e che la fa diventare protagonista visiva, come credo sia accaduto in molte delle inquadrature poi confluite nel montaggio definitivo del mio lavoro. E devo ammettere che, per raccontare la storia che volevo raccontare, non potevo trovare coprotagonista migliore.
Parliamo un po’ del cast. I tuoi corti hanno sempre protagonisti di grande spessore ed anche in questo caso troviamo i bravissimi Mariangela D’Abbraccio e Alessandro Palladino. Come li hai scelti e com’è stato lavorare con loro?
Mariangela D’Abbraccio è una delle attrici più brave ed importanti d’Italia e credo non abbia bisogno di molte presentazioni. In più è una professionista molto curiosa ed aperta e la sua risposta, dopo aver letto la mia sceneggiatura, mi ha da subito confermato che avevo proposto il personaggio alla persona giusta. Quando mi ha detto che il ruolo (una donna dal passato misterioso che si mantiene facendo la killer a pagamento) le interessava perché in Italia non si offre un personaggio del genere ad una donna, si è creata subito una fortissima empatia tra di noi che poi si è concretizzata sul set.
Ho lavorato benissimo con lei, così come con Massimo Dapporto e Giulio Scarpati, con i quali ho lavorato negli anni scorsi. Sto verificando con piacere che le mie storie, nelle quali i personaggi non sono mai quello che sembrano e nelle quali dettagli e sfumature contano moltissimo, riescono ad attirare curiosità ed energia di attori di grande esperienza e bravura.
Alessandro, invece, è un giovane e talentuoso attore che è praticamente nato con me. Ha fatto tanto teatro, dai primi laboratori scolastici fino a produzioni professionali, come tre degli ultimi quattro spettacoli prodotti dalla mia compagnia indipendente, Virus Teatrali. Con lui c’è un’intesa ormai naturale che va indietro negli anni ma quello che mi ha sorpreso positivamente è stata l’intesa che si è creata con Mariangela, abilissima peraltro nel non mettere in soggezione i suoi partner di scena. Alessandro è un attore che farà strada.
Raccontaci com’è andata la lavorazione del corto. Ci sono state difficoltà? So per esempio che hai avuto molta disponibilità dagli abitanti di Gesualdo e Frigento…
La disponibilità del territorio è stata piena e totale. Questo sia perché le nostre intenzioni erano chiare e non invadenti, sia per la fortuna di aver avuto, tra le collaboratrici fattive e importanti, una persona del luogo. La lavorazione ha avuto qualche micro-problema, come è normale che sia, ma nel complesso è andata in porto nel migliore dei modi, grazie alla collaborazione di tutti i coproduttori del film. Non solo Imago e la mia Virus Film, ma anche MagicSolution, Centro Sviluppo NeAPOLIs e Jammitoki film. E grazie, chiaramente, alla professionalità di tutta la troupe, nessuno escluso.
Ma se posso permettermi di citare una persona, tra tutti coloro che hanno lavorato a questo lavoro, segnalo l’incredibile talento e professionalità della mia compositrice di fiducia, Enrica Sciandrone, già al terzo lavoro con me. Ritengo che una colonna sonora originale sia una componente fondamentale nella riuscita di un film. E con Enrica abbiamo trovato una incredibile capacità di sintesi creativa di cui sono particolarmente felice ed orgoglioso.
Ci sono due dediche sui titoli di coda: ‘a Gigi che ha combattuto e vinto’ e ‘a mio padre’. Ti va di spiegarle?
Ho perso mio padre durante la fase di montaggio del lavoro, purtroppo. E non aggiungo altro perché chi ci è passato sa che non ci sono parole che bastino per descrivere la sensazione di quei momenti. E Gigi è Luigi Credendino, attore che lavora con me da tantissimi anni, interprete di molti altri miei lavori sia cinematografici che teatrali. Poco più di un anno fa circa gli è stata diagnosticata una brutta malattia ma, fortunatamente per lui e per tutti noi che lo amiamo e stimiamo, proprio un paio di giorni prima di chiudere definitivamente il lavoro di post-produzione, è arrivata la notizia che le cure, rapide e incisive, cui si era sottoposto nell’arco di dieci mesi, avevano determinato la sconfitta totale del male. Mi sembrava il minimo dedicargli un lavoro al quale avrebbe di sicuro preso parte; Gigi è un attore di grande umanità e spessore, col quale ci si intende ad occhi chiusi e che ha una grande carriera davanti a sé. E a breve torneremo a lavorare assieme, fortunatamente.
Infine uno sguardo al futuro. Dove potremo vedere ‘Andata al Calvario’? E tu hai già qualche nuovo progetto nel cassetto? Magari un lungometraggio…
Andata al Calvario sta cominciando a girare per festival e concorsi. Ad inizio Giugno, poi, mi verrà dedicata una retrospettiva sugli ultimi lavori (quelli segnati dalle prestigiose collaborazioni di cui sopra) al Social World Film Festival in costiera sorrentina. Dopodiché, ovviamente, appena il corto avrà portato a termine il suo ciclo di vita presso concorsi, festival, vetrine e rassegne, potrà essere visto sul nostro sito, virusproduzioni.it, attualmente in costruzione. Riguardo il futuro, i progetti in cantiere sono davvero tanti. Il primo è ovviamente il debutto nel lungometraggio. Ci stiamo già lavorando ma fino a quando la produzione non sarà pronta preferisco non parlarne. Sto e stiamo lavorando anche al mio debutto nel mondo dell’animazione, con un corto intitolato The Flying Hands, e forse, nell’attesa del primo ciak del lungo, girerò anche un altro corto, Il Nesso.
I precedenti lavori di Giovanni Meola
Guarda i trailer dei cortometraggi girati dal regista prima di Andata al calvario
Ringrazio Giovanni Meola per la disponibilità e, rinnovandogli i complimenti per questo suo nuovo lavoro, gli faccio un grande in bocca al lupo per i prossimi progetti.