Secondo ospite del BIF&ST 2014 a tenere una lezione di cinema è stato l’attore e regista Sergio Castellitto che ha raccontato di sé e della sua carriera di fronte ad un interessato pubblico del Teatro Petruzzelli di Bari.
La paura come stimolo
In una biografia di Sergio Castellitto (scritta da Enrico Magrelli) si legge: La paura, il panico sono sentimenti utili per la recitazione e per qualsiasi inizio che sia la tela bianca o la pagina vuota. Quando comincio a recitare sento l’avvicinarsi di un pericolo e questo pericolo è provocato anche dalla paura di non farcela. Il giorno in cui ho incominciato a sentire meno questa paura ho cambiato mestiere.
Sergio Castellitto: credo di sottoscrivere ancora con totale convinzione questa affermazione nel senso che la paura per un artista è l’essenza, la benzina, il motore che spinge a superare quel terrore di essere inadeguati di fronte all’ostacolo. Ecco, l’inadeguatezza di fronte all’ostacolo è forse la prima prova di un talento. Diffidate di chi scende in campo con troppa sicurezza, troppe certezze, perché evidentemente sta riproducendo qualcosa. Invece la paura ti prende quando tenti ogni volta di fare qualcosa che non hai mai provato a fare prima. Il valore dell’esperienza è estremamente importante però senza quella paura, quella sensazione che chi recita in teatro conosce in maniera profonda, non vale nulla. Quel panico che ti prende quando il sipario piano piano sale, in platea cala il silenzio e sul palco devono entrare degli esseri umani che devono cominciare a raccontare una storia, tant’è che tutti gli attori che debuttano in teatro vorrebbero scappare, andare via: ecco questa è la paura.
Gli attori che diventano registi
Castellitto è uno dei tanti attori italiani (come Michele Placido, Sergio Rubini, Laura Morante, Luigi Lo Cascio, Valeria Golino ecc.) che sono passati alla regia. Si può pensare ad una certa insoddisfazione degli attori italiani rispetto a ciò che il cinema gli offre? Nel video la risposta dell’attore che parla anche dei suoi esordi a teatro e dell’importanza della volontà in questo mestiere
La tecnica
Quanto conta la tecnica? E’ vero che il mestiere dell’attore si impara facendo? Ecco cosa ne pensa l’attore che ha frequentato l’Accademia di Arte Drammatica:
Sergio Castellitto: Io non sono mai stato di quelli, pur avendo fatto l’Accademia, che pensano che chi fa le scuole sa recitare e chi non le fa no. Il neorealismo italiano ci insegna che il talento può stare dappertutto e di fronte al talento bisogna sempre inchinarsi. Non ha importanza da dove provenga o in che modo si manifesti. La cosa importante è (alzi la mano chi vorrebbe fare l’attore) riconoscere il talento, capire se qualche cosa da tirare fuori, da mettere sul tavolo da gioco (non a caso gli inglesi dicono play e i francesi dicono jouer) ce l’hai. Devi scoprire innanzitutto se questo talento ce l’hai.
Spesso te lo riconoscono più gli altri di quanto tu non lo riconosca a te stesso e a volte non lo fanno subito quindi devi anche essere pronto a soffrire e penare per questo. Poi ognuno stabilisce e sviluppa il proprio modo di esprimersi. Ecco, per esempio dopo tanti film, negli ultimi tempi sentivo che non recitavo più ma rirecitavo, rifacevo le cose e quindi costruivo un po’ il luogo comune, lo stereotipo, di me stesso: anche da questo nasce il desiderio di fare un altro mestiere. Questa è la parte pericolosa dell’esperienza e allora mettersi in gioco aiuta, e ritorniamo al discorso della paura, del sentirsi eternamente studenti: se rimani studente per te è sempre un esame.
L’esordio
Uno dei primi film che Castellitto ha fatto al cinema è un film di Luciano Tovoli Il generale dell’armata morta, dove era accanto a Marcello Mastroianni e Michel Piccoli. In questo video l’attore racconta questa esperienza e parla anche del suo film della svolta, quello per il quale ha pensato di aver fatto la scelta giusta a fare l’attore:
La scelta dei film
Castellitto ha lavorato con grandi registi (Scola, Monicelli, Tornatore) ma spesso ha scelto anche registi esordienti e opere prime: è, come si dice, un attore per tutte le stagioni. Cosa gli fa scegliere un progetto piuttosto che un altro?
Sergio Castellitto: L’esempio dei grandi. Io mi sono educato e formato alla generazione di Marcello Mastroianni, di Vittorio Gassman, di Tognazzi, di Volontè ma anche di Renzo Montagnani o Mario Carotenuto. Ce ne vorrebbero tanti di festival per raccontare tutti questi giganti. Poi noi conosciamo 4,5 iceberg ma ce ne sono un’infinità di meno conosciuti e dimenticati che sono lo zoccolo duro del cinema e lo stesso vale per le attrici. Peraltro chi vuole fare l’attore sappia che un maschio impara più da un’attrice e una femmina da un attore perché non tenderà ad imitare ma a cercare di capire la chiave dell’interpretazione. Per me è sempre stato importante mettermi al servizio di progetti che avessero un profumo di necessità e di qualità. E’ necessario fare le commedie, è necessario ridere, perché è necessario capire ridendo però è necessario anche fare film tosti, duri, difficili perché sono delle chiavi, dei bisturi che aprono la mente e il pensiero delle persone e perché il cinema si fa per due cose: per far piangere e per far ridere.
Il mestiere dell’attore
Come si esprime un attore? Se lavora in un cinema più popolare, di commedia, l’attore si esprime molto più con il corpo, in un cinema d’autore si esprime più con la testa. E’ così?
Sergio Castellitto: E’ vero, diciamo che il comportamento comico fa pensare più ad un’ironia del corpo e del comportamento mentre l’altro fa pensare ad un pensiero. Però è una trappola anche questa perché la soluzione sta sempre nel mischiare le tecniche. E’ la vecchia storia che ti insegnano all’Accademia: se scivoli su una buccia di banana tutti ridono. Per te è un dramma, per gli altri è una commedia. Questo vuol dire che il sentimento della commedia non è mai completamente staccato dal dramma e viceversa. Mi ricordo quando recitavo L’ora di religione, un film profondamente drammatico, con Marco Bellocchio cercavamo sempre il controcampo umoristico sepolto tra le righe. C’era un grande regista ceco con il quale io ho fatto due spettacoli che per me sono stati molto formativi Le tre sorelle di Cechov e La contessina Giulia di Strindberg e diceva sempre agli attori: ‘non recitate mai la prima cosa che vi viene in mente perché quella è venuta in mente a tutti. Recitate almeno la seconda’.
Margaret Mazzantini
Le tre sorelle è stata un’esperienza importante: al di là dell’esperienza professionale è stato importante anche dal punto di vista privato dato che l’attore ha conosciuto la scrittrice Margaret Mazzantini, allora attrice e sua attuale compagna. E’ più facile vivere con una scrittrice piuttosto che con un’attrice? Nel video la risposta di Castellitto
Il cinema francese
Castellitto ha avuto lunghe frequentazioni con il cinema francese: che differenze ha trovato nel lavorare con registi come Rivette, Besson e altri registi francesi?
Sergio Castellitto: E’ stato un altro grande privilegio della mia vita e della mia carriera. La qualità delle cose che mi proponevano qua non mi bastava. Sono sempre stato abbastanza coraggioso, non ho mai avuto paura di non lavorare. Un’altra ossessione dell’attore: il telefono che non squilla anche se per me per fortuna ha sempre squillato. Però anche se non squillava io mi sono sempre impegnato ad andare a cercare qualcosa che mi riaccendesse ogni volta il piacere e l’entusiasmo perché ho sempre considerato questo mestiere come un privilegio, ed i privilegi bisogna guadagnarseli sul campo sotto forma di qualità del lavoro e di responsabilità. Nella stagione che ho passato in Francia ho fatto diversi film, con Rivette, Besson ma anche conregisti meno conosciuti in Italia che per me sono stati decisivi e anche con alcune registe. Le differenze che sentivo all’inizio erano che io provenivo da un cinema dove la presa diretta era importante ma certe volte era anche un ostacolo (vabbè dopo doppiamo) invece arrivare su un set francese e accorgermi che la tua voce in diretta era così preziosa mi colpì molto.
Termina qui la prima parte della lezione di cinema di Sergio Castellitto. Continua a leggere la seconda parte.