Quando partecipi ai festival del Cinema devi scordarti di dormire perchè ci sono decine di film da vedere, conferenze a cui assistere, prime per la stampa, feste e via dicedo. Io mi lascio trascinare dalla lentezza, invece, scelgo i film che mi sembrano belli, vado a qualche conferenza, insomma mi do al serio disimpegno.
Mi trasportano le sensazioni, qualche voce fuori campo che mi indica qualche buon film (grazie allo staff del cinema Kursall che mi regala sempre delle dritte) oppure un particolare sentito dire tra il pubblico.
La mia giornata di oggi inizia quindi con la conferenza stampa di Chiara Mastroianni che è presente con il film “Homme au bain” di Christophe Honorè, un’inutile pellicola di una tristezza inaudita, che mescola sesso gay e una improbabile star sconosciuta a New York, la sconosciuta Mastroianni appunto; i tre quarti della conferenza, inutile a dirlo, sono utilizzati dagli addetti stampa a chiedere aneddoti su Marcello e Catherine, il resto dell’incontro è un susseguirsi di “adoro il cinema” e “non faccio niente dalla mattina alla sera, sono un’attrice”.
Il pomeriggio regala due film interessanti: “Morgen” e “Womb”.
“Morgen” del rumeno Marian Crisan, è un film sull’incomunicabilità tra un clandestino turco ed un guardiano di sicurezza rumeno. Il film, ambientato in una piccola cittadina sul confine rumeno-ungherese, pone l’accento sull’importanza della solidarietà tra le persone e su come le differenze linguistiche scompaiono di fronte ai drammi.
“Womb”, dell’ungherese Benedek Filegauf, affronta i temi della passione interrotta, della separazione e della replicazione genetica. Rebecca e Tommy, dopo essersi conosciuti da bambini, si rincontrano dopo molti anni e la passione diventa ancora più forte; Tommy però muore in un incidente e Rebecca decide di farsi impiantare nell’utero un nuovo Tommy, crescendolo e amandolo senza sfuggire alle implicazioni della sua tormentata decisione. Con una stupenda fotografia ed un cast appropriato (Eva Green e Xavier Box) il film convince per i toni lievi, nonostante la storia forte e per i dubbi naturali che rimandano al pubblico una sicura riflessone.
“Norberto apenas tarde” dell’uruguaiano Daniel Hendler risolleva un poco le sorti di questo festival “noioso per definizione” (ma perchè i film dei festival devono essere sempre lenti e noiosi?). La storia di Norberto, uomo mediocre con mediocre vita e mediocre moglie, che per vincere la sua timidezza decide di frequentare un corso di teatro (esilarante la scena dell’urlo che non riesce ad emettere durante il laboratorio teatrale); il film riproduce i luoghi comuni a molti quarantenni in crisi con grande sarcasmo ed una ironia davvero sottile.
La serata in Piazza Grande si apre con il film “Hugo Koblet, pedaleur de charme” sulla storia del ciclista zurighese che vinse negli anni ’50 sia il Giro d’Italia che il Tour de France; la storia, tra documentario e cinefiction realizzato con dovizia, piace al pubblico e regala un’ora e mezza di filmati originali d’epoca, di immedesimazione con i personaggi all’interno di un documento importante nella storia svizzera ed italiana.
Ultimo film in proiezione pubblica è “Rammbock” del viennese Marvin Kren, che nel ricalcare le orme degli zombie di Romero e del Rec di Plaza e Balaguerò, mette in scena una serie di forzature sceniche pur di raccontare una flebile storia di morti che ritornano in vita in un condominio (già visto, no?). Purtroppo il regista non ha la sagacia di Romero nè l’inventiva scenica di Balaguerò e si perde in stereotipi che fanno rabbrividire gli amanti dell’horror contemporaneo.
In attesa dell’arrivo di Scamarcio e la Golino a Locarno, mah!, la mia giornata finisce davanti al computer a scrivere i pezzi, con un buon bicchiere di Passerina marchigiana e la musica latina che mi arriva dall’ambiguo locale soto la mia finestra.