Ettore Scola: il film Splendor e gli altri film con Massimo Troisi

Dopo la lezione di cinema del regista de Il postino Michael Radford, continuiamo a parlare di Massimo Troisi con un altro autore che ha lavorato con lui: Ettore Scola che lo ha diretto in ben tre film, di cui in particolare approfondiamo il film Splendor.

In un focus a lui dedicato, Ettore Scola, insieme a sua figlia Silvia, ha parlato di Massimo Troisi e dei film in cui lo ha diretto: Splendor, Che ora è? e Il viaggio di Capitan Fracassa.

Il regista Ettore Scola

Il regista Ettore Scola

Il lavoro con Massimo Troisi

E’ stato diverso lavorare con Massimo Troisi rispetto ad altri interpreti che hanno alle spalle un passato più tecnico o professionale o invece sul set il lavoro è sempre lo stesso?

Ettore Scola: Con Massimo era particolare perché non era un attore. Massimo era un intellettuale meridionale interessato soprattutto all’analisi di che cos’era il sud e di che cos’era e che cos’è ancora la mentalità corrente nei riguardi del Sud. Era particolarmente polemico su questo aspetto perché, diceva, “si dicono tante falsità sul sud: per esempio io non posso viaggiare perché se qualcuno mi vede su un treno o altro mi chiedono se sto emigrando. Il meridionale non viaggia, emigra.” Che è un po’ la mentalità che si ha nei confronti del sud, piena di luoghi comuni a partire dai mandolini di Napoli, che ancora reggono, all’estero ma anche in Italia. La cosa più diffusa è proprio quella, che il meridionale è fatto in un certo modo e da quello non si esce.

Certamente Troisi non nascondeva le sue origini napoletane però in qualche modo ha ribaltato lo stereotipo del napoletano sfrontato sempre a suo agio. Il personaggio di Troisi invece era un personaggio molto riservato. Anche i personaggi interpretati al cinema erano timidi impacciati, dotati di una vena di tristezza e di malinconia. In questo senso era molto curioso: assolutamente napoletano ma al contrario di tutti i napoletani.

In questo video Ettore Scola parla del modo di essere napoletano di Massimo Troisi assolutamente atipico:

Il film Splendor

splendor film

Ettore Scola, Massimo Troisi e Marcello Mastroianni durante le riprese del film Splendor

La prima collaborazione con Troisi è del 1988 con il film Splendor. Troisi veniva da grandi successi popolari Ricomincio da tre, Scusate il ritardo, Non ci resta che piangere, Le vie del signore. Com’è nato questo rapporto, come ha avuto l’idea di portare Troisi, campione di questa commedia popolare in un film d’autore come Splendor?

Ettore Scola: A me Troisi piaceva molto proprio come spettatore, mi faceva divertire molto con La Smorfia in televisione, il trio con Arena e Decaro, era una ditta di grande successo ma già in quelle macchiette televisive c’era il suo atteggiamento nei riguardi del sud, di far parte di quella parte d’Italia che apparentemente era meno efficiente, meno produttiva, già nei suoi primi passi televisivi c’erano i segni di Troisi. E lo ammiravo molto, mi faceva ridere questo viso abbastanza pensoso, profondo sul sud. Che di solito il sud è visto, specialmente da chi lo fa, con euforia, con autosoddisfazione e quindi mi colpiva questo suo spirito critico.

Nel video che segue Ettore Scola parla del film Splendor e della collaborazione di Massimo Troisi con Marcello Mastroianni continuata in Che ora è?

Ettore Scola: Io credo che al di là dei personaggi del film Mastroianni e Troisi potevano essere davvero un padre e un figlio, ci sono diversi elementi in comune (una certa pigrizia, un non prendersi troppo sul serio, essere molto critici con se stessi) in fondo si somigliavano.

Ettore e Silvia Scola parlano di Massimo Troisi

Ettore e Silvia Scola parlano di Massimo Troisi

Silvia Scola: scrivere un film com Massimo Troisi

Che ora è? è un film cosceneggiato anche da Silvia Scola. Nel momento in cui si scrive un film sapendo che uno dei protagonisti è Mssimo Troisi lo si scrive un po’ sull’attore non si può non tenerne conto

Silvia Scola: In realtà è una facilitazione avere sia la maschera sia, come diceva papà, un atteggiamento schivo nei confronti della vita. Il suo personaggio era proprio ricalcato su questo essere schivo. Il film è dell’89, era un momento a cavallo, in cui si cominciava a vedere la recessione rispetto ai modelli consumistici e c’erano visioni della vita completamente diverse: la voglia di vivere a tutti i costi come faceva Marcello rispetto al chiudersi di Massimo.

Sapere che l’avrebbe interpretato lui è stato veramente di grande aiuto, forse un po’ com’era il vecchio cinema, la vecchia commedia italiana, che sapeva esattamente chi avrebbe interpretato il personaggio. Quindi è stata una facilitazione e in più Massimo si è affidato completamente a mio padre anche da un punto di vista di attore e quindi è stato fedelissimo alla sceneggiatura. Abbiamo parlato prima di girare però lui aveva aderito completamente ai dialoghi. Già erano stati pensati in funzione di quel tipo di recitazione ma lui ne era completamente al servizio. L’interpretazione non c’era, se non questa sua arte sia mimica e sia proprio di pieghe psicologiche che si adattavano completamente al personaggio.

Termina qui la prima parte del focus su Ettore Scola e Massimo Troisi. Continua a leggere la seconda parte.

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