E siamo arrivati alla terza parte della lezione di cinema del regista Alan Parker. Dopo aver parlato dei suoi primi film e di quelli che più ha amato oggi parla del suo rapporto con la critica, il pubblico e la tecnologia e dà un consiglio ai giovani.
Alan Parker: la critica
In questo video, la cui trascrizione è in seguito il regista Alan Parker parla della critica di un film e di quanto questa possa influenzare un regista:
Alan Parker: La maggior parte dei registi potrà dirlo, se qualcuno ti loda e dice che il film è bello lo dai per scontato e lo dimentichi. Le cose brutte però non te le dimentichi mai, restano con te per sempre: quando ho iniziato ero sensibile alle opinioni della critica e ci rimanevo male ma poi ho capito. I miei film sono praticamente stati visti in 50 paesi, è ovvio che ci saranno persone che ameranno i miei film e altrettanti che non li ameranno. Più invecchio meno me ne preoccupo. Ciò che devo chiedermi è: sono orgoglioso del film? Ho detto quello che volevo dire?
Ovviamente se alla gente piace, sono contento, se alla critica non piace però sono orgoglioso dei miei meriti artistici. All’inizio non era così: è così difficile fare un film, a volte vanno via addirittura due anni della tua vita poi la gente si siede in un cinema e in due ore dà un’opinione. Questa cosa mi faceva rimanere male. C’è una battuta in Fame – Saranno famosi e ricordo di averla inserita per questo motivo: Nessun artista vero deve avere paura di ciò che l’altra gente dice del suo lavoro perché la lode, il successo arrivano col duro lavoro.
Ci sono stati alcuni dei miei film molto belli che hanno avuto un successo commerciale, altri che non l’hanno avuto ma forse perché non hanno avuto anche la possibilità di averlo. Ci sono così tanti soldi nella promozione, nella pubblicità di certi film americani che questi, seppur brutti, hanno successo. I film più difficili, più politici, non hanno questo tipo di sostegno per cui ovviamente speri che il pubblico li veda.
Con la velocità di internet se c’è qualcosa di buono le persone lo troveranno perché oggi ci sono molte più opportunità di trovare e vedere un film oltre ad andare al cinema. Questo sta cambiando moltissimo il cinema però ovviamente ci rimango male se il pubblico non ama il mio lavoro perché seppure sia soddisfatto a livello creativo un film non esiste solo per te nella tua testa, esiste se un pubblico lo guarda quale che sia lo schermo. Quella è la vita creativa del film. Per questo motivo l’opinione delle persone che guardano il tuo film, positiva o negativa, è estremamente importante.
Quando lavori su un film, lo vedi centinaia di volte nel montaggio, lo vedi finito, ma quando lo vedi per la prima volta insieme ad un pubblico sembra la prima volta in assoluto. Se c’è una scena un pochino lenta, col pubblico diventa molto lenta, qualcosa che tu pensavi fosse divertente non fa ridere nessuno. Per cui l’opinione del pubblico è fondamentale e pensare di non lavorare con il pubblico è sciocco.
I test screening e le fonti di ispirazione
In questo video il regista Alan Parker parla del valore dei test screening. Inoltre cita la sua maggiore fonte di inspirazione: il regista Costa Gavras.
Alan Parker: Il problema di questi test screening che amano fare ad Hollywood è che li fanno sempre negli stessi posti quindi il pubblico lo sa che ci sarà uno schermo e dovranno dare la loro opinione. Più o meno sono sempre le stesse persone che guardano questi film. E’ come quando un critico ti vuol dire come fare un film, non lo può fare. Non so poi quanto questo giudizio possa essere accurato perché la reazione dipende dal pubblico che loro decidono di raccogliere. Forse una delle cose buone è la critica sulla lunghezza. Noi registi abbiamo la tendenza a non buttare via niente, quindi credo che sia importante cercare di capire se la lunghezza del film sia sufficiente, troppo lunga e se c’è qualcosa da tagliare o meno.
Io ho tagliato delle cose che non pensavo funzionassero perché a volte vai un po’ troppo oltre e il pubblico rimane interdetto. Il problema non è far arrabbiare il pubblico, è ovvio che è un mio lavoro ma io sento se il pubblico si sta divertendo, se è annoiato, addirittura schifato, sono dei fattori che devi considerare perché se sei troppo egocentrico non funziona, non puoi essere solo in questo processo. Ci sono molti bravi registi che fanno pessimi film.
Una delle mie fonti di ispirazione sono sicuramente i film di Costa Gavras, film molto difficili che oggi non potrebbero mai essere fatti. Un giovane che guarda il film di Costa Gavras viene trasformato perché non è soltanto divertimento, c’è anche un messaggio dietro che può influenzare le persone che lo guardano, addirittura cambiarne completamente la vita.
Io ne sono convinto: un film non può cambiare completamente l’opinione di una persona però può contribuire. E’ il caso per esempio The life of David Gale con Kevin Spacey sulla pena di morte negli Stati Uniti. Al di là del giudizio del pubblico, che piaccia o meno, la cosa più gratificante per me è stata vedere la gente che parlava del film ma non dava giudizi estetici, parlava della pena di morte: questo è una cosa estremamente importante perché in questo modo il tuo film non viene dimenticato.
Molto spesso il pubblico dimentica il film nel momento in cui esce dal cinema, non ne parla più, ne dà un giudizio e lo dimentica. Questo non è un grande successo per un film, perché un film deve provocare, deve stimolare soprattutto se ha un tema politico, com’è per esempio Z – L’orgia del potere di Costa Gavras. Oggi è più difficile fare un film impegnato e non solo politico. Ci sono eccezioni ma il mondo del cinema adesso è per lo più dominato da film commerciali.
Un consiglio ai giovani
Che consiglio si sente di dare ai giovani che vorrebbero intraprendere la carriera cinematografica?
Alan Parker: Un consiglio che mi sento di dare è: devi avere più resilienza. E’ questo il segreto, la cosa importante da ricordare è che, diversamente da altre forme d’arte, fare film è costoso, e più un film costa più difficoltà avrai, anche nel raccogliere quei soldi. E’ una strada molto lunga ed è difficile persuadere le persone, convincerle che la tua storia sia quella giusta. Resilienza si. Come regista l’unico consiglio che vorrei dare è essere vero, dire la verità sin dall’inizio.
Arrivare ai blocchi di partenza è difficile. Devi convincere qualcun altro che il tuo lavoro è buono, che la tua idea è buona e la devi giustificare, devi giustificare i soldi che poi verranno spesi per questa idea. Devi avere la pelle dura durante questo processo, prima ancora di girare devi avere una verità creativa in merito alla tua idea originaria per poterla poi realizzare. Devi avere un’opinione ben definita e poi ti devi circondare di persone abili, non c’è nessun regista che non benefici di un buon montatore, di un direttore della fotografia.
Forse addirittura i ragazzi che escono dalla scuola di cinema devono cominciare a trovare sin dall’inizio dei produttori o comunque delle persone con cui lavorare. Tutti quelli che escono dalle scuole di cinema vogliono diventare registi però dobbiamo ricordare che non c’è solo il regista, c’è il production manager, c’è lo scenografo, il direttore della fotografia. Le scuole di cinema devono creare queste posizioni esattamente come creano la generazione successiva di registi.
Io sono stato affiancato dallo stesso direttore della fotografia, forse due scenografi, un tecnico del montaggio e un numero diverso di produttori. Questo non perché sono bravi, o sono più bravi di altri, ma perché sono amici e mentre fai il film hai bisogno di amici, specie se sei lontano da casa. Ogni volta che ti affianchi ad una persona nuova, anche se questa persona ricopre un ruolo importante come per esempio il direttore della fotografia devi essere sicuro che riuscirai ad andarci d’accordo perché le personalità e la combinazione, il dialogo che si verrà a creare possono contribuire a creare un buon film o possono essere distruttive per il film stesso quindi è fondamentale che ogni regista scelga le persone giuste attorno a se.
La cosa meravigliosa e sorprendente, quando ho cominciato a dirigere spot televisivi, è che c’erano centinaia di persone sul set e tutte volevano fare un bel film, non era importante cosa fosse, erano tutte li per aiutarti. La cosa che può aiutare il film in generale è dare spazio a loro di lavorare, avere quindi una tua opinione da una parte ma nello stesso tempo avere la capacità di ascoltare le opinioni degli altri perché in questo modo non tradisci la tua idea.
La tecnologia
Alan Parker: il mondo del cinema è cambiato, la tecnologia è cambiata, ci sono le telecamere digitali, gli effetti speciali, il lavoro creativo. Diciamo che è cambiata in meglio, per esempio col digitale il montaggio è molto più facile, è possibile creare anche più scene alternative, più ciak alternativi. Oggi con internet hai tanti modi di vedere un film ma non ci sono altrettanti modi per un regista di raccogliere più soldi. Però è ovviamente un mondo completamente nuovo che non esisteva quando io ho iniziato e sicuramente migliorato e cambiato.
La nuova tecnologia rende ovviamente il lavoro più facile, per raccontare una storia basta una telecamera digitale. Noi quando abbiamo iniziato avevamo solo una telecamera, c’era una meccanica che dovevamo imparare e tutto il materiale che dovevi utilizzare era costosissimo quindi più di un ciak non si poteva fare. Adesso invece puoi far tutto e chiunque può effettivamente far funzionare una telecamera digitale ma il fatto che le persone possano raccontare più storie non assicura che queste storie siano migliori. La meccanica, le limitazioni, il modo in cui un film appare, tutto questo rende un film bello, certo la telecamera digitale aiuta ma ci vuole lo stesso impegno per ottenere un risultato positivo.
La critica ieri e oggi
Anche per la critica oggi non è facile. I film in uscita sono molti di più e c’è la tendenza a volersi liberare dei critici più anziani perché sono più costosi.
Alan Parker: L’età è importante in ogni settore, anche se sei editore di un giornale. Dobbiamo tornare a quello che è il pubblico, se il pubblico diventa sempre più giovane, le case cinematografiche faranno film per i giovani. Vai dove puoi avere più soldi e sai che puoi avere più soldi se punti ai più giovani e credo che sia la stessa cosa per un giornale. Anche come critico sei obbligato a guardare e a giudicare questi film: i film più piccoli, più indipendenti saranno gli ultimi sulla pagina del giornale, quelli che avranno più successo sono quelli più grandi, i blockbuster con gli effetti speciali.
C’è un fattore molto importante da considerare nei giovani registi, tutti loro hanno bisogno di un mecenate che può essere un critico che lo scopre, un produttore che ha la capacità di raccogliere il denaro necessario. Io non avevo la critica dalla mia parte però avevo i produttori.
Alan Parker, che è anche un bravissimo disegnatore, mandava ai critici dei fumetti in occasione dell’uscita di un suo film:
Alan Parker: sono 50 anni che disegno fumetti, invece di scrivere una semplice email o una lettera è molto più veloce per me fare un fumetto, qualcuno però ci rimane malissimo, si sente insultato dai miei fumetti. Quando ho iniziato io li mandavo alle case cinematografiche e ai produttori esecutivi di Hollywood e la volta dopo loro ce li avevamo incorniciati anche se talvolta erano un po’ critici, brutti, maleducati però credo che il fumetto sia un ottimo modo per comunicare.
Termina qui la terza parte della masterclass dedicata ad Alan Parker. Continua a leggere la quarta ed ultima parte.