Ospite pomeridiano del BIF&ST 2019 è il regista Claudio Giovannesi che, insieme a Maurizio Braucci e Roberto Saviano hanno vinto il Premio Luciano Vincenzoni per la migliore sceneggiatura per La paranza dei bambini di cui Giovannesi è anche regista.
La genesi de La paranza dei bambini
Com’è nato il film La paranza dei bambini? In questo video Claudio Giovannesi racconta la genesi del film e l’intento di voler raccontare la malavita napoletana da un punto di vista differente che è quella dei ragazzi e della loro perdita di innocenza. Il film è ispirato al libro di Roberto Saviano ma se ne allontana un po’ anche perché Giovannesi racconta spesso l’adolescenza nei suoi film
Nei suoi film non c’è mai un giudizio ma la macchina da presa si affianca al protagonista e si immedesima in lui. Nel caso di questo film i ragazzi non hanno coscienza del senso di illegalità degli atti che fanno ma la vivono come un gioco e nel film questo aspetto è evidente. Tra l’altro i giovani attori stessi avevano avuto, durante le riprese, una fascinazione per le armi.
Infine per Giovannesi raccontare il film dal punto di vista dei ragazzi significa assenza totale degli adulti
La scelta dei protagonisti del film
In questo video Claudio Giovannesi racconta il casting del film La paranza dei bambini. Non erano i ragazzi a venire a fare i provini ma sono stati loro a cercarli nei bar, nelle piazzette, nei campi di calcio. Il protagonista per esempio lavorava e continua a lavorare in un bar. Il film è girato nel rione Sanità e nei quartieri spagnoli di Napoli, quartieri centrali che sono ancora popolari dove hanno girato anche De Sica o Edoardo De Filippo. Per non essere invadenti la produzione ha cercato inoltre di rendere partecipi gli abitanti dei quartieri facendoli lavorare per il film
Il finale aperto de La Paranza dei bambini
Non ci sarà un seguito de La paranza dei bambini ma tutti i film di Claudio Giovannesi hanno un finale aperto che però, secondo il regista, fa intuire il seguito. Per quanto i ragazzi vivano la violenza da adulti, in fondo sono ancora dei ragazzini come è evidente nelle storie d’amore nelle quali viene fuori la loro innocenza. Infine racconta le reazioni dei film ai festival soprattutto da parte dei ragazzi che non hanno problemi con i sottotitoli
Francesco Di Napoli e Daphne Scoccia, protagonisti inconsapevoli e futuri attori
Puoi scommettere sul futuro di attore del protagonista Francesco Di Napoli?
Claudio Giovannesi: Si assolutamente perché innanzitutto non è vero che i ragazzi presi dalla strada interpretano se stessi. A parte che già interpretare se stessi è un lavoro difficilissimo perché significa essere vivo davanti alla telecamera e non essere finto. In più Francesco non era un delinquente perché nella vita faceva il barista non faceva il criminale quindi comunque ha dovuto studiare un personaggio.
Che cosa lo ha avvantaggiato? Il fatto che l’esperienza di vita che aveva avuto lo aveva portato a conoscere da vicino delle storie simili a quelle per cui era capace di comprendere e di raccontare. Però Francesco ha fatto un lavoro sulla trasformazione del personaggio identico al lavoro che fanno attori professionisti per cui secondo me proseguirà questa strada e dalla sua ha anche la giovane età (17 anni).
Anche Daphne Scoccia, protagonista di Fiore ha fatto la stessa impressione…
Claudio Giovannesi: No Daphne era totalmente inconsapevole, lavorare con lei era come avere un gatto siamese meraviglioso e cercare di cogliere l’attimo. Durante le riprese non era molto cosciente di quello che stava facendo ma viveva in maniera molto forte il suo personaggio e quindi alla fine è stata molto brava. Ha finito il film lo ha visto e ha detto: ‘Ah ora ho capito quello che stavamo facendo’. Poi da lì ha fatto altri lavori e tutti i registi con cui ha lavorato mi hanno detto che era bravissima e disciplinata.
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