Eccezionalmente per cinemio, pubblichiamo l’intervista all’attrice Francesca Fiume, protagonista del film Si vis Pacem Para Bellum di Stefano Calvagna.
Intervista a Francesca Fiume
Ciao Francesca, benvenuta su cinemio. Tra poco uscirà nelle sale il nuovo film di Stefano Calvagna “Si Vis Pacem Para Bellum”. Raccontaci come è stato per la prima volta lavorare in un ruolo da protagonista.
E’ stata un emozione indescrivibile. Sono molto grata a Stefano e a tutta la produzione e il cast tecnico perché mi hanno arricchita tanto sia come persona che come attrice. In alcune scene drammatiche Stefano è stato attento e riusciva ad addolcirmele facendomi ridere, riuscendo a spezzare quell’ansia che avevo per affrontarle. Io conoscevo solo le parti che ho preparato per il mio personaggio, e sono rimasta sorpresa della qualità finale del film. Sono molto felice di averne preso parte e rimane ad oggi quello a cui tengo di più adesso.
Che emozione hai provato rivedendoti sullo schermo?
Io sono ipercritica, non mi piaccio mai. Sul set spesso Stefano mi invitava a guardare il girato ed ero sempre un po restia, perché giudicandomi subito mi sarei condizionata per i ciak seguenti. Preferisco rivedermi a prodotto finito. Sicuramente potevo fare di meglio, si può sempre migliorare, ma tutto fa esperienza ed io sono comunque felice del risultato, perché il mio personaggio ne esce bene.
Come hai affrontato il provino? Te lo aspettavi di essere presa come attrice principale?
In Italia non esistono molte attrici cinesi, quindi la concorrenza era poca, però di qualità. Ho dovuto confrontarmi con Jun Hishikawa, un attrice molto brava che lavora anche a livello internazionale, e Valentina Izumi Cocco , che aveva già recitato nel film “Questa notte è ancora nostra“, e pensavo di non avere chance. Con mia grande sorpresa sono stata scelta. Oggi è molto raro trovare un regista che ti da questa opportunità. Per le donne straniere ci sono solitamente piccoli ruoli ed è molto difficile farsi scoprire dal pubblico.
Tu hai fatto tre esperienze diverse molto diverse tra loro: “Si vis pacem para bellum” che è un low budjet, hai lavorato negli ultimi due film di Verdone e sul set di Zoolander 2. Quanto ti hanno formato come attrice?
La grande produzione americana ha grandi mezzi tecnici ed attrezzature a disposizione. Ho lavorato con un piccolo staff, che era solo una minima parte di tutto l’entourage. C’erano aiuto registi italiani e bilingue con cui potevamo interagire. Ho trovato molta rigorosità nel lavoro, le scene venivano ripetute molteplici volte, che rispetto ad un piccolo film è una libertà che non ti puoi permettere.
Nel film di Carlo Verdone avevo otto pose. I tempi di lavorazione erano molto scanditi, ma essendo un grandissimo maestro, riusciva sempre a finire prima rispetto all’orario prestabilito. In L’abbiamo fatta grossa ho avuto modo di respirare meglio l’aria del set. Quello che mi è piaciuto e che tutti i reparti mi hanno trattata da vera professionista su entrambi i set.
Questa esperienza io la metto alla pari con quella del film di Stefano Calvagna, anche se sono diverse nel genere, la prima è un ruolo brillante, più vicino alle mie corde, e la seconda è drammatico. Spesso con Verdone cambiavamo le battute sul set, mi ha insegnato a fidarmi e ad improvvisare ed è stata una grande palestra, mentre sul set di Calvagna, avendo dei ritmi di lavoro più serrati, dovevo rendere al massimo la mia performance, ho cercato di sbagliare il meno possibile. Hai un ciak uno dietro l’altro e vieni catapultata in una dimensione parallela per cui tu non esci mai dal personaggio, dovendo rimanere concentrata fino alla fine.
Ci racconti un anedotto carino che è accaduto sul set?
Una sera abbiamo finito di girare sul set di Calvagna alle 2 di notte ed il giorno dopo mi son venuti a prendere alle 6 di mattina per portarmi sul set di Carlo, ed avevo gli occhi rossi. Avevo una scena dove avrei dovuto piangere, che in quell’occasione ci stava benissimo e non ho dovuto nemmeno utilizzare piccoli trucchi per la resa, come a volte capita, e quindi il pianto era reale.
Qual’è la scena che hai avuto maggiori difficoltà ad affrontare?
Sicuramente sono state le scene d’amore. Precedentemente non mi erano mai capitate, ma sapevo che sarebbe giunto quel giorno, e sono felice di averle affrontate e superate. Erano le scene che mi intimorivano di più dal punto di vista attoriale. Decisamente il personaggio di Lee Ang era totalmente diverso da me, ed ho dovuto lavorare di più per interiorizzarlo. Io sono cresciuta in Italia, non so nulla della cultura cinese, e mi sono documentata tramite il sito Made in China, confrontandomi con ragazzi cinesi e capendo meglio la loro mentalità.
Mi ha subito intrigato la sfida di mettermi in gioco. Se uno sceglie sempre la strada più facile, poi come fa a scoprire anche lati di te che non conosci. Bisogna avere molto coraggio e non dare mai niente per scontato. Spero che in futuro riesca a interpretare ruoli sempre diversi, con uno spessore sempre maggiore.
Pensi di lavorare anche all’estero oltre che in Italia?
E’ una domanda che mi fanno spesso. Io credo nel cinema italiano. Sicuramente all’estero avrei più possibilità, ma per il momento non è nei miei progetti. Io spero che queste prove d’attrice possano aiutarmi in futuro ad aprirmi altre strade.