Intervista esclusiva per cinemio: Ascanio Celestini

E’ con estremo piacere che oggi pubblico un’intervista esclusiva per cinemio.it ad Ascanio Celestini, regista de La pecora nera, in questi giorni nelle nostre sale. Celestini, che ho avuto il piacere di incontrare qualche giorno fa in occasione della presentazione del suo film a Bari, ha infatti molto gentilmente risposto alle mie domande riguardanti il suo esordio da regista. Nell’articolo tutti i dettagli.

Allora Ascanio, primo film, già subito a Venezia. Ansia da “presentazione”?

Sapere che il mio film era stato scelto per il concorso ufficiale per me equivaleva già ad un premio. L’idea che il tuo film venga da subito considerato “cinema” è già un riconoscimento importante. La proiezione in sala grande ha chiuso un lavoro iniziato otto anni fa con le interviste nei manicomi e questo più che procurarmi ansia, mi ha dato un certo sollievo. Poi quel giorno in sala c’era mezza troupe partita da Roma per partecipare a una visione che è stata anche una festa. Ci siamo commossi come se fosse nato un figlio.

Ascanio Celestini

Ascanio Celestini

Perché, secondo te, questo è un argomento che ancora oggi fa riflettere così tanto e fa discutere?

Perché la legge 180 del 1978 ha segnato l’inizio di una deistituzionalizzazione che è ancora lontana. Quello che è successo per il manicomio pubblico dovrebbe accadere anche per quello privato e per il suo gemello cattivo: il manicomio criminale. Sembra un’utopia, ma sarebbe straordinario se riuscissimo a incamminarci anche verso la chiusura di galere e caserme.

Quale chiave di lettura hai trovato per “leggere” i personaggi in modo, se vogliamo, ironico e per realizzare un film dolcemente amaro?

Ho cercato di raccontare il “meglio” del manicomio. Non il “bello”, che ovviamente non esiste. Se avessi mostrato un ospedale psichiatrico sporco e violento sarebbe stato facile dedurre che il manicomio è migliorabile con un po’ di educazione e di igiene. Ma io penso che questa istituzione sia criminale anche quando profuma di pulito. Forse la leggerezza e l’ironia del film nasce proprio da questa violenza invisibile, ma che pesa sulla storia dei personaggi.

Ascanio Celestini e Maya Sansa

Ascanio Celestini e Maya Sansa

Che valore dai all’ironia nel tuo lavoro di narratore, affabulatore? E nella vita?

L’ironia non c’entra con la comicità. La persona ironica è quella che si fa piccola per amore della dialettica. Ne parlavano i filosofi antichi. L’uomo ironico si finge ignorante per discutere con l’interlocutore, per farlo parlare, per fare in modo che racconti e si racconti. Senza ironia non ci sono le storie. Non c’è dialogo.

Secondo te, sotto sotto siamo tutti un pò matti, un pò pecore nere?

I matti non esistono” si diceva negli anni delle lotte antipsichiatriche, ma non nel senso che non esiste il disagio. Il disagio c’è e, in misure diverse, appartiene a tutti, ma non esiste nessuno che sia soltanto disagiato, soltanto matto.

Giorgio Tirabassi e Ascanio celestini

Giorgio Tirabassi e Ascanio celestini

Cosa ti ha spinto a scegliere Giorgio Tirabassi e Maya Sansa per quei ruoli? E il piccolo Luigi Fedele?

Ho pensato a Giorgio dal momento in cui ho incominciato a scrivere la sceneggiatura con Ugo Chiti e Wilma Labate. Per quanto riguarda Maya, la scelta è legata al fatto che il personaggio di Marinella è quello di una persona semplice. Non una depressa, isterica, ninfomane, psicotica o complessata. Serviva un’attrice in grado di recitare senza bisogno di eccedere. Per il personaggio bambino ho avuto più difficoltà. Ne ho incontrati molti di giovanissimi attori interessanti, ma Luigi, pur non avendo esperienze di cinema o di teatro, è stato da subito il più interessante. Non perché avesse particolari doti di attore. Ma perché, oltre ad essere molto sensibile, è incredibilmente intelligente. Io non credo che vi siano attori istintivi che possono risolvere un ruolo, una scena o addirittura un intero film. L’attore deve essere soprattutto intelligente e cosciente. Giorgio, Maya e Luigi sono persone di grande intelligenza e per questo riescono ad essere degli ottimi attori.

Il piccolo Luigi Fedele

Il piccolo Luigi Fedele

Com’è stato lavorare con loro? E con persone considerate matte da anni?

Nel film ho chiesto che ci fossero Adriano Pallotta e Alberto Paolini, il primo è stato infermiere per oltre 30 anni al Santa Maria della Pietà di Roma, il secondo ci è stato rinchiuso per 42 anni come paziente. Ma quale differenza c’è tra un carcerato e il suo piantone se entrambi sono condannati a condividere lo stesso tempo di reclusione? Dunque lavorare con loro è stata un’esperienza devastante perché ti permette di capire che non esistono istituzioni buone e istituzioni cattive, ma solo la logica del coltello per la quale qualcuno sta dalla parte della lama e qualcun altro del manico.

Ascanio Celestini

Ascanio Celestini

Concludo ringraziando di cuore Ascanio Celestini per la sua disponibilità e augurandogli tanti successi per il suo futuro da regista.

5 Comments

  1. Antonella Molinaro
  2. rita

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