Oggi chiacchieriamo con Gianluca Testa, attore (di cinema e teatro), regista, scrittore, musicista ed anche insegnante. Molti lo riconosceranno come protagonista di numerose fiction Rai e Mediaset ma in questo articolo parleremo prevalentemente della sua attività di regista e di uno dei suoi cortometraggi: Fagiolino e il Cavaliere.
Gianluca Testa ha recitato come protagonista in numerosi film, spettacoli teatrali e celebri fiction RAI e Mediaset. Come regista ha diretto spot pubblicitari e videoclip trasmessi su MTV, RAI, Video Italia, All Music e varie emittenti satellitari. Ha scritto e diretto cortometraggi premiati in festival internazionali: Satchmo (Gangster, 2004), Eenz (Grottesco, 2005), Warmhole (Fantastico, 2008), Fagiolino e il Cavaliere (Drammatico, 2010), The Avenger-Nessuno è al sicuro (Action, 2012).
Ha curato regie radiofoniche (radiodrammi e audiolibri) e televisive relative ad eventi, concerti e sfilate di moda per vari enti. Di molti suoi lavori si è occupato anche della direzione della fotografia, del montaggio e della colonna sonora. In ambito teatrale è autore, regista ed interprete di numerosi spettacoli. Come formatore tiene lezioni show ed eventi sulla comunicazione, in tutta Italia, basati sull’integrazione di tecniche teatrali, ipnosi e PNL.
Fagiolino e il Cavaliere
Una voce narrante racconta una favola ma il contenuto si svela sin dal principio triste e commovente. Gianluca Testa dirige, con intensità e delicatezza, un cortometraggio contro la violenza sulle donne, nel quale le immagini crude si scontrano con la dolcezza della musica e della voce infantile, dando allo spettatore la sensazione di un pugno allo stomaco. Davvero molto brava la protagonista, le cui espressioni sono esaltate da intensi primi piani, frutto di una fotografia ricercata e ben curata.
Le domande al regista
Ciao Gianluca e benvenuto su cinemio.it. Di Fagiolino e il Cavaliere sei regista e sceneggiatore. Come sei arrivato all’idea del corto?
Il corto mi è stato commissionato nel 2009, in occasione di una Campagna contro la violenza sulle donne (ha infatti ottenuto il Patrocinio del Ministero per le Pari Opportunità e della Regione Molise). Decisi di narrare eventi terribili con il linguaggio di una favola, partendo dal presupposto che la realtà è solo una percezione soggettiva, e la nostra capacità di interpretare e dare un significato agli eventi ci permette di rendere meravigliosa l’esistenza, qualsiasi cosa ci accada.
Il corto è interamente girato senza audio ma con musica di sottofondo ed una voce fuoricampo. Come mai questa scelta?
Mi interessava sperimentare il contrappunto tra immagini e suoni. Ho replicato questa scelta in The Avenger-Nessuno è al sicuro, un breve action movie indipendente che ho diretto quest’anno, nato da un trailer/spot che avevo girato per il lancio pubblicitario dell’omonimo fotoromanzo noir.
Cosa ti ha spinto, da attore, ad andare dietro la macchina da presa?
E’ una passione che ho sempre avuto: a dieci anni girai un lungometraggio amatoriale di fantascienza dal titolo Ritorno dalla Quarta Dimensione, sulla tematica degli universi paralleli (che mi ha sempre ossessionato), con la telecamera VHS di mio nonno, coinvolgendo tutta la mia scuola elementare come cast. Il videoclip è un genere in cui ho potuto sperimentare molto, infischiandomene di trame e collegamenti narrativi razionali, per concentrarmi su sequenze apparentemente illogiche in grado di stimolare direttamente l’inconscio, un po’ come nei sogni.
Essendo anche attore puoi capire maggiormente le necessità dei protagonisti dei tuoi lavori. Come imposti il lavoro con loro?
Prima delle riprese faccio molte prove, in cui cerco di chiarire gli obiettivi dei personaggi, trasformarli in azioni fisiche e psicologiche sulla scena. Quando la partitura funziona alla perfezione, permetto agli attori di andare oltre, improvvisando. Proviamo le scene con intenzioni alternative, seguendo un flusso di contraddizioni. E’ sorprendente quello che può nascere quando la scena viene esplorata con intenzioni opposte: ci si può avvicinare molto all’imprevedibilità del reale.
Dopo questo passaggio, fissiamo la scena definitivamente. Amando raccontare attraverso movimenti di macchina, mi capita spesso di progettare inquadrature tecnicamente complesse, che richiedono una precisione millimetrica da parte degli attori, lasciando poco spazio all’improvvisazione sul set.
Guardando un pò la tua biografia ho visto che sei attore e regista ma anche scrittore, compositore ed acting coach. Come gestisci tutte queste attività ed in quale, se ce n’è una, ti senti più a tuo agio?
Sono legate da sottili fili invisibili: passo dall’una all’altra mosso a volte dall’ispirazione, più spesso dalle opportunità professionali. La musica e la recitazione si basano sui sensi. Sono attività adrenaliniche, le accosterei metaforicamente al sesso. All’amore, nei casi più geniali. La scrittura e la regia sono attività dell’intelletto, ed hanno a che vedere con la creazione. La scrittura, specialmente, è l’equivalente artistico dell’attività di Dio: attraverso di essa è possibile generare personaggi, mondi, universi, a prescindere dal fatto che qualcuno li leggerà.
La musica l’ho abbandonata quasi completamente a vent’anni per dedicarmi alla recitazione, dopo aver studiato jazz, girato l’Italia con una rock band e aver prodotto un paio di singoli passati per radio. Raramente torno a comporre: musiche per il teatro, colonne sonore per piccoli progetti cinematografici indipendenti, canzoni. Ho cominciato a scrivere racconti e poesie da bambino. Il mio primo libro, Raggi d’illusione, è stato pubblicato nel 1993.
Negli anni ho sperimentato diversi generi. Ho appena terminato un saggio che sarà pubblicato a breve, sul rapporto tra l’arte dell’attore e le neuroscienze, basato su studi e ricerche che riguardano l’attività che svolgo nel campo della formazione. Sto ultimando anche una sceneggiatura su commissione. Quello che mi piace della scrittura è che puoi isolarti completamente: non hai orari e puoi lavorare ovunque, anche su una spiaggia ai Caraibi.
Parliamo ora del tuo ultimo progetto da protagonista: Mad in Italy, in uscita negli Stati Uniti. Vuoi parlarcene e raccontare il tuo personaggio?
Mad in Italy sarà distribuito negli USA da Elite Entertainment, etichetta cult di La notte dei morti viventi di Romero. Questa estate c’è stata la prima a Roma, alla Casa del Cinema, con ottimo riscontro da parte della critica. Purtroppo il film non ha avuto nel nostro paese la distribuzione che avrebbe meritato. Mad in Italy di Paolo Fazzini è un horror d’autore molto attuale. Attraverso le vicende drammatiche del protagonista, che affronta una vera e propria discesa all’inferno, racconta la crisi economica ma anche quella più profonda di valori ed ideali che affligge la società contemporanea.
E ora uno sguardo al futuro. Qual è il tuo prossimo progetto? C’è un nuovo cortometraggio nel cassetto?
Per quanto riguarda i cortometraggi, in realtà ne ho due in preparazione, che girerò nel 2013. Il primo è una storia grottesca sul mondo della televisione. L’altro, che entrerà a far parte di un film ad episodi firmato da più registi, è una storia d’amore che si sviluppa in quattro universi paralleli, con esiti molto diversi. Quest’ultimo è prodotto dalla Casa di Produzione Cinematografica 1 Agosto Film SRL, con la quale ho anche firmato il contratto per la mia prima regia di lungometraggio.