Cinemio incontra i registi emergenti: intervista ad Antonio De Palo

Oggi facciamo la conoscenza di Antonio De Palo, giovane regista pugliese al suo primo cortometraggio dal titolo I bambini hanno gli occhi, che ho avuto la possibilità di vedere grazie ad una rassegna di corti proposta dal canale Coming Soon Television. Anche in questo caso ne sono rimasta positivamente colpita e ho pensato di proporlo ai lettori di cinemio.

Antonio De Palo è originario di Molfetta (BA) e ha 28 anni. Dopo la laurea conseguita all’Università degli Studi di Bari, si è trasferito a Roma dove, dopo aver conseguito il diploma presso l’Accademia Rosebud – Scuola europea di Cinema e Televisione, ha iniziato a lavorare come aiuto regista. Nel 2009 ha girato il suo primo corto I bambini hanno gli occhi, che a due mesi dalla presentazione ufficiale, è stato selezionato in molti festival di cortometraggi tra cui voglio citare I’VEE SEEN FILMS – International Film Festival 2010, direttore artistico Rutger Hauer, che ha istituito anche un concorso web in cui tutti possono votare.

Antonio De Palo

Antonio De Palo

Come in quello di Daniele Cascella, il corto di Antonio analizza il dolore attraverso gli occhi dei bambini, in questo caso tre fratelli.

Il film

Una giovane donna gestisce da sola un albergo e intanto si prende cura del proprio padre. Un barbone cieco passa le sue giornate elemosinando per le strade della città.

Da alcuni flashback scopriamo che i due ragazzi hanno un legame fraterno e sul cuore l’orribile peso della tragica perdita del proprio fratello, causata per una tragica fatalità, dal proprio padre.

Grazie al canale youtube di I’VEE SEEN FILMS, c’è anche la possibilità di vedere l’intero corto.

E ora una chiacchierata con il regista.

L’idea

L’ ispirazione è legata ad una mia personale condizione di vita, non però al mio nucleo familiare che è l’esatto opposto, ma alla condizione del dolore. L’esperienza della perdita di un amico mi ha portato a voler indagare il dolore, nella speranza di tracciarne un senso, di trovare risposte.

una scena del film

una scena del film

Ho creato una storia che appartenesse ad altri, cercando di voler capire quale fosse il loro dolore per coglierne un senso manifestabile, esprimibile e in questo modo individuarne le tracce ancestrali e comuni, le tracce del dolore nel suo senso universale. Cercando un tema il più contemporaneo possibile, che tracciasse dei legami con il nostro tempo, ho creduto opportuno sviluppare la narrazione all’interno della famiglia che rappresenta, nella nostra cultura, il principale nucleo di riferimento.

Lo sguardo

La mia è un’esperienza evocativa, archetipica e viscerale sulla necessità dello sguardo: i personaggi non hanno vissuto, mai scoperto, mai conosciuto, mai “visto”, pertanto non sono mai morti. Ho voluto sottolineare la giusta possibilità di guardare, nella quale non vi è rassegnazione, ma forza, coraggio, volontà.

Il riferimento è all’importanza dello sguardo, della conoscenza del mondo di cui ogni persona non dovrebbe essere privata, come invece accade ai personaggi del mio film. Il gesto estremo dell’accecamento evoca la legittimità dello sguardo, più che il passato dei protagonisti. In questa analisi apparentemente crudele è ciò che viene sottratto ad avere un valore.

una scena del film

una scena del film

La preparazione e la presentazione al pubblico

Come in ogni progetto in cui si crede, la genesi del corto non è stato privo di difficoltà ma Antonio guarda ai risultati.

Alla mia domanda su come vivesse il dopo riprese Antonio ha risposto:

Innanzitutto sono contento di averlo finito, questo per me rappresenta il vero successo: tutto ciò che otterremo sarà solo un qualcosa in più. Il mio unico auspicio è quello che possa vederlo tante gente: potrà sembrare strano ma non mi interessano tanto i premi quanto la gente, la possibilità di dire, entrare in contatto con le persone, tessere relazioni emotive. Da questo punto di vista sarà utile la partecipazione ai festival: è interessante la possibilità del confronto che si crea nelle manifestazioni cinematografiche.

Il mio film non è compiacente, affronta il problema in maniera diretta, probabilmente questo potrà creare delle difficoltà ma io penso al cinema come una ricerca esistenziale, di senso. Per me il cinema è un’esigenza e non posso non pensare ad esso come strumento attivo, riflessivo, esplorativo.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

A settembre inizierò a lavorare sul mio prossimo progetto che affronterà il tema della disabilità visto in chiave lirica e concettuale.

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