Seconda recensione questa settimana della nostra new entry Beatrice Campagna. Questa volta è andata a vedere per noi Sulla strada di casa, opera prima del regista Emiliano Corapi che vede nel cast Daniele Liotti, Vinicio Marchioni, Donatella Finocchiaro e Claudia Pandolfi.
Sulla strada di casa
Realizzato con un budget limitatissimo, Sulla strada di casa è un’opera prima del regista Emilano Corapi e si inserisce sicuramente tra le migliori proposte del cinema indipendente. Ha partecipato a numerosi festival in patria e all’estero, vincendo anche diversi premi.
L’idea che ha portato alla stesura della sceneggiatura nasce da un articolo di giornale di alcuni anni fa, che parlava di come spesso la criminalità organizzata preferisca avvalersi di persone comuni per portare a termine determinate operazioni. Periodi economico-sociali difficili come quello che stiamo vivendo, sollecitano la parte peggiore delle persone: i problemi quotidiani fanno cadere tanti ideali in nome dell’interesse personale.
Questo film mostra la necessità per l’uomo medio di restare fedele alla propria personalità e ai valori in cui crede, senza percorrere le facili scorciatoie dell’illecito che potrebbe scegliere per timore, insoddisfazione, necessità. La storia ruota attorno a due famiglie ed essenzialmente i protagonisi sono due: Alberto, interpretato dal bravissimo Vinicio Marchioni (Il Freddo della fortunata serie Romanzo Criminale, tra le sue ultime partecipazioni ricordiamo “Scialla!”) e Sergio, Daniele Liotti (miglior attore rivelazione al Golden Globe 2004 per Il fuggiasco).
Nella prima parte del film il protagonista assoluto è Alberto, il cui destino si incrocerà in maniera decisiva con quello di Sergio; avverrà ad un certo punto una sorta di “passaggio del testimone” tra i due e il fulcro del racconto diventerà il secondo personaggio.
La storia ha inizio in Liguria, nella villetta di Alberto, che abita con la moglie Laura (Donatella Finocchiaro) e i loro due figli, un maschio e una femmina. Alberto è un piccolo imprenditore , titolare di una ditta che produce oggetti in ferro. Si trova in gravi difficoltà economiche ed è sul punto di dover chiudere la propria fabbrica.
Per risollevarsi ed evitare il fallimento, accetta di lavorare saltuariamente come corriere per una potente organizzazione criminale. Il suo compito consiste nel ritirare oggetti di vario genere (dei quali egli non conosce neanche l’entità) in determinati luoghi d’Italia, viaggiando con la sua auto; deve poi consegnare il carico secondo le indicazioni dei suoi mandanti.
Per un periodo di tempo imprecisato va tutto liscio e Alberto viene retribuito in maniera molto consistente per i suoi servizi. Alla moglie che lo ama e apprezza molto la sua onestà, l’uomo nasconde i reali motivi dei suoi viaggi, dei quali del resto non parlerà mai con nessuno.
Un giorno, alla vigilia di una sua partenza per la Calabria, un altro gruppo di criminali irrompe nella casa di Alberto e sequestra Laura e i bambini: sono interessati al carico che l’uomo è in procinto di ritirare e sono disposti a tutto per ottenerlo. Da qui inizia il lungo viaggio del protagonista che si troverà ad affrontare una realtà molto più grande di lui.
Il film si configura come una sorta di thriller a tinte drammatiche, dove la tensione è forte e sempre costante, l’esito della storia incerto fino all’ultimo momento. Genere non facile da realizzare con un budget tanto ridotto (sono stati spesi circa 280.000 euro in tutto) e scelta sicuramente coraggiosa, non essendo, questa, una tipologia di film tradizionalmente prodotta in Italia.
In conferenza stampa, il regista Emiliano Corapi ha sottolineato:
Non mi interessava fare un film puramente di genere, ma raccontare una storia che avesse anche una natura drammatica in quanto espressione di personaggi tormentati, divisi tra il bisogno di mantenere integro il proprio bagaglio di valori e allo stesso tempo cavarsela, sopravvivere.
Sia in scrittura che in ripresa ho cercato di realizzare un film di tensione che non fosse necessariamente legato agli stilemi tipici del thriller, ma che avesse invece un tratto realistico e che riflettesse il più possibile i giorni nostri. In poche parole, ho voluto realizzare un film che parlasse di noi.
Posso osservare che in effetti, la tensione è profonda proprio in quanto è molto semplice identificarsi nei personaggi: per le connotazioni che hanno, sono persone assolutamente comuni, due uomini medi che hanno paura e agiscono in maniera istintiva. La definizione più efficace ed immediata l’ha data, secondo me, Vinicio Marchioni a conclusione di un suo intervento
Quella tra Alberto e Sergio, è una guerra tra poveri. E’ la guerra di tutti.