All’uscita dell’attesissimo Alice in Wonderland, la collaborazione tra Tim Burton e Johnny Depp non fa nemmeno più notizia. Eppure, tra i due c’è qualcosa di mistico e quasi ossessivo che rende tale rapporto un po’ diverso da quello tra le altre coppie regista-attore.
Si sa, la figura dell’ attore feticcio o della musa ispiratrice è caratteristica comune, se non assoluta, dei registi più stravaganti, e un po’ per questo risultano essere i più geniali.
Woody Allen, dopo l’affetto per Diane Keaton, è rimasto ammaliato dalla sensualità di Scarlett Johansson; Sergio Leone regalò a Clint Eastwood i suoi ruoli più celebri; consolidata ormai anche la coppia Martin Scorsese–Leonardo Di Caprio, ottima alternativa dopo quel toro scatenato di Robert De Niro; e come dimenticare il cervellotico Quentin Tarantino, la cui ispirazione si divide tra Samuel L. Jackson, Tim Roth e la bella Uma Thurman.
Insomma, a ognuno il suo.
Tim Burton e Johnny Depp: due vite oscure e parallele
Ma il legame tra Tim Burton e Johnny Depp ha “quel qualcosa in più” che, ad ogni loro ennesimo risultato cinematografico, inevitabilmente incuriosisce: è qualcosa di intenso e sottile che trasporta la loro immagine in un mondo onirico e fiabesco, esattamente quel mondo che viene da essi mostrato nei film.
Burton è stato fin da piccolo solitario ed eccentrico, amante delle atmosfere gotiche dei cimiteri ( “C’era un cimitero proprio accanto alla casa dove vivevamo […] Era un posto dove mi sentivo tranquillo, dove stavo bene; un mondo di pace e di silenzio, ma anche d’avventura e di dramma […]” ) che ritornavano nei suoi controversi disegni-incubo.
Frankenweenie – disegno di Tim Burton
Quei mostri oscuri e grotteschi, circondati dal burtoniano universo romantico, vengono proiettati nell’universo interiore di un individuo altrettanto misterioso e visionario quale è Johnny Depp.
Attore fenomenale, oltre che allettante!, sembra essere l’unico capace di tradurre sul grande schermo il disagio interiore di Burton.
Forse perchè lo stesso Johnny ha avuto un’infanzia turbata dal mondo esterno: i bordelli dove lavorava la madre come cameriera, i continui traslochi, sesso e droghe dalla prima adolescenza.
Ma soprattutto la morte dell’adoratissimo nonno nativo americano cherokee, dal quale Depp ha probabilmente ereditato l’anima un po’ mistica che è poi in gran parte fonte del suo fascino.
L’acquisto nel 1995 del castello in stile pseudogotico a Beverly Hills, appartenuto nientemeno che a Bela Lugosi (Dracula di Tod Browning, 1931), non fa che confermare il suo interesse per quei mondi cupi e fantasiosi raccontati da Tim Burton.
Il primo “incontro” e l’immedesimazione
Questa compatibilità artistico-psicologica la si nota, senza dubbio, nel capolavoro Edward Scissorhands (1990).
Edward è al di fuori del perbenismo e dell’uniformità della tipica cittadina americana (come accade a Tim nella sua città d’origine, Burbank in California); è un eroe post-romantico, tenuto insieme da fibbie che rispecchiano il cinema burtoniano, dal montaggio spesso incompiuto e caotico.
Torbido e un po’ anarchico, come in fondo lo è Edward, Johnny Depp si è calato con estrema facilità in un ruolo che, anche a distanza di anni e con una pregevole carriera nel mezzo, gli calza ancora a pennello.
Edward Scissorhands – disegno di Tim Burton
E quel ruolo altro non è che una delle evoluzioni della personalità di Tim Burton. E’ l’evoluzione di Vincent Malloy, bambino solitario e aggressivo, protagonista di uno dei primi cortometraggi del bizzarro regista, Vincent (1982) appunto. Accompagnato dalla voce di Vincent Price (vero “amore” di Burton), questo bambino di sette anni è preda di continue metamorfosi ed istinti violenti ogni qualvolta precipita nell’oscurità della sua psiche.
Probabilmente, se l’incontro fra i due fosse avvenuto un po’ prima, Burton avrebbe dato a Vincent la voce (e, perchè no, le sembianze) di Johnny Depp, come ha fatto ne La Sposa Cadavere (2005).
D’altra parte, la chioma corvina ed arruffata che incornicia il volto pallido di Edward [mani di forbice] è caratteristica anche di Vincent, e diciamolo, anche di Tim.
Il sogno di Burton diviene realtà: ora può essere Price
L’immedesimazione tra Johnny Depp e Tim Burton è così vera che è come se (ma lo è) il regista stesse facendo una sorta di autopsicoanalisi, concretizzandola attraverso le immagini cinematografiche.
Tim avrebbe voluto essere Edward, creazione dell’adorato Vincent Price (che appunto interpretava lo scienziato nel film), e la sua timidezza ha trovato in Johnny il passaggio per poter vivere quel mondo.
Ed i ruoli si sono così invertiti: Depp è la creatura di Burton, e questi è finalmente passato dalla parte di Price, come già desiderava in Vincent.
Complimenti Alice, il tuo articolo èuna vera chicchetta…molto molto interessante! La tua ricostruzione del rapporto Burton- Depp è veramente affascinate
mi complimento anch’io. è sempre un piacere leggere i tuoi articoli!
I disegni di Tim Barton sono spettacolari, rispecchiano perfettamente i suoi pensieri che si rispecchiano poi nei film che gira come regista.
La sensazione che si ha, leggendo questo articolo di grandissimo valore, è che la correlazione dei due sembra quasi parentale, cioè potrebbero essere tranquillamente fratelli o parenti stretti, vista la loro perfetta fusione professionale/cinematografica.
Grazie Alice per aver condiviso con noi queste tue riflessioni da cui ho tratto molte informazioni utili sul cinema che scopro solo oggi.
Cinemio sta diventando un fulcro di idee, spunti, suggerimenti, informazioni cinematografiche e stimolatore della parte creativa del nostro cervello.