Wicked: Part Two, dal 19 dicembre al cinema, si presenta come un capitolo conclusivo che non si limita a raccogliere l’eredità del primo film, ma preferisce ampliarne in modo deciso la portata emotiva e narrativa.
Fin dai primi minuti si percepisce un cambio di marcia: il tono si fa più cupo, più politico e più drammatico, mentre il mondo di Oz acquisisce una complessità che lo rende più sfaccettato e meno fiabesco rispetto al suo predecessore. Nel cast ritroviamo Ariana Grande e Cynthia Erivo, rispettivamente Glinda e Elphaba.
di Silvia Frezza
Wicked parte 2 – Il trailer
Elphaba e Glinda: due destini che si separano
Il cuore pulsante del film resta il rapporto tra Elphaba e Glinda, due figure diametralmente opposte che in questo secondo capitolo affrontano scelte che ne definiscono definitivamente i destini. La loro evoluzione non è più solo personale, ma simbolica: ciò che fanno non riguarda solo loro stesse, ma l’intero futuro di Oz. Le scene che le vedono insieme sono cariche di tensione emotiva, spesso più silenziosa che spettacolare, con piccoli gesti o sguardi che raccontano molto più delle parole. I momenti in cui il film esplora la frattura, ma anche l’amore e il rispetto ,che continua a unirle, rappresentano alcune delle sequenze più memorabili. Qui la regia e la sceneggiatura lavorano all’unisono, raccontando una storia di amicizia, sacrificio e inevitabile distanza che riesce a essere sia intima sia epica.
Fiyero e Glinda: un amore che si incrina sotto il peso delle scelte
In Wicked: Part Two, il rapporto tra Fiyero, interpretato da un magistrale Jonathan Bailey, e Glinda assume una dimensione più tormentata e complessa rispetto al primo film. La loro relazione, inizialmente basata su leggerezza, fascino e un’idea quasi idealizzata dell’amore, viene messa alla prova dagli eventi sempre più drammatici che travolgono Oz. Fiyero, costretto a prendere posizione e a guardare oltre le apparenze, si trova a rivalutare ciò che credeva di volere, mentre Glinda tenta disperatamente di mantenere un equilibrio tra i propri sentimenti, il proprio ruolo pubblico e le responsabilità che le ricadono addosso. I momenti tra loro sono intrisi di una malinconia crescente: si percepisce come entrambi avvertano lo slittamento emotivo che li separa, pur cercando di preservare ciò che resta del loro legame. Il film racconta questa frattura con sensibilità, mostrando come l’amore, quando non cresce insieme ai cambiamenti interiori, possa trasformarsi in una dolce ma inevitabile distanza. Mentre Glinda e Fiyero si allontanano, incapaci di crescere nella stessa direzione, Elphaba entra sempre più in sintonia con colui che riesce a vedere oltre il suo aspetto e oltre le bugie che avvolgono Oz. Questo triangolo non viene raccontato come un semplice conflitto sentimentale, ma come un percorso emotivo maturo, segnato da scelte difficili, sofferenza e accettazione: un intreccio che rivela quanto l’amore possa essere allo stesso tempo fragile e rivelatore.
Un ponte con Il Mago di Oz: omaggi e parallelismi
Una delle sorprese più riuscite del film è il modo in cui riesce a intrecciarsi con Il Mago di Oz senza mai scivolare nel fan service fine a sé stesso. Gli omaggi sono numerosi ma calibrati, e i collegamenti narrativi si incastrano in modo naturale, quasi inevitabile. Personaggi iconici come Dorothy, lo Spaventapasseri o il Boscaiolo di Latta fanno effettivamente la loro comparsa. Gli ultimi due sono personaggi importanti per la trama mentre Dorothy ha un ruolo marginali e sono presenze che servono a situare la storia di Wicked all’interno del mitico immaginario di Oz, senza però rubare la scena o alterare la centralità di Elphaba e Glinda. Dorothy, in particolare, appare in un modo narrativamente coerente e mai invadente: la sua presenza è un tassello che arricchisce il quadro generale invece di distoglierlo dall’obiettivo principale. In questo senso, Wicked 2 riesce a essere un vero “ponte” narrativo, che raccorda la versione ufficiale degli eventi con la loro lettura alternativa, offrendo un duplice punto di vista che aggiunge profondità a entrambe le opere.
Wicked parte 2 – Numeri musicali grandiosi, meno da vetrina e più parte integrante della storia
Dal punto di vista musicale, il film conserva l’impatto spettacolare del primo capitolo ma fa una scelta interessante: i numeri sono meno concepiti come momenti isolati di pura esibizione e più integrati al tessuto narrativo. Molti dei brani diventano veri e propri monologhi emotivi, che scavano nei conflitti interiori dei personaggi e li fanno avanzare nella loro evoluzione. Le coreografie sono ricche ma non invadenti, e gli arrangiamenti musicali tendono a sottolineare la maturità crescente della storia, con toni più drammatici che celebrativi. Alcune canzoni potrebbero non avere l’impatto immediato dei grandi classici del primo film, ma nel contesto della narrazione risultano sorprendentemente efficaci, contribuendo all’atmosfera più solenne e tragica del capitolo finale. Mentre la regia si prende più rischi rispetto al primo film: si concede momenti più oscuri, più teatrali e più visivamente ricchi, mantenendo però sempre il focus sulle emozioni dei personaggi. Le scenografie di Oz sono espanse con un livello di dettaglio che trasmette sia la bellezza sia l’ambiguità di un mondo che, pur incantato, è attraversato da contraddizioni profonde. L’uso dei colori come metafora narrativa è uno degli elementi più affascinanti: il contrasto tra la luminosità di Glinda e le tonalità più cupe associate a Elphaba rispecchia perfettamente le loro strade divergenti, senza mai risultare didascalico.
Un finale catartico che chiude il cerchio con eleganza
Il finale di Wicked: Part Two riesce nell’impresa più difficile: offrire una conclusione emotivamente soddisfacente e coerente sia per chi conosce il musical, sia per chi ha amato solo i due film. La storia trova il suo compimento naturale, ma non rinuncia a una vena malinconica che accompagna lo spettatore anche dopo i titoli di coda. Le ultime scene rendono giustizia al percorso dei personaggi principali e chiudono il cerchio con Il Mago di Oz in modo elegante, senza forzature né banalizzazioni. È un epilogo che celebra il viaggio, le divergenze e le ferite, ma anche la capacità di trovare un significato più grande nel proprio destino.
