Il Festival continua, e dopo la Guzzanti ieri l’attenzione è stata monopolizzata da un altro documentario: Inside Job di Charles Ferguson, fuori concorso, che – scrive oggi il Corriere della Sera – “racconta con rigore il disastro mondiale degli ultimi anni”. Quale disastro, direte voi? Beh, il Disastro per eccellenza di questo periodo: la Crisi economica.
Ecco cosa dice Mereghetti al riguardo:
“Ma che documentario! Con un rigore da far invidia a Cartesio, Ferguson ha ricostruito la ragnatela di responsabilità e di interessi che hanno portato alla più grave crisi economica dal 1929 e che ha rischiato di mettere sul lastrico l’economia di tutto il mondo”.
Da queste parole, in effetti, non si capisce necessariamente l’importanza del film: tutto sommato dell’argomento si è già scritto e parlato in tutte le salse. E c’è anche stato un certo Michael Moore nel frattempo (vedi la scheda di “Capitalism: A Love Story” sul sito di Michael Moore). Ma appunto, sembra che Inside Job si tenga alla larga dal suo stile sarcastico e provocatorio:
“Senza mai voler essere protagonista, ma senza dimenticare il suo dovere di scavare a fondo, Ferguson costruisce un film che non ha momenti di pausa, e non dimentica le regole del montaggio e il piacere dell’occhio, ma che soprattutto non abdica al dovere di usare il cinema per colloquiare con l’intelligenza del pubblico”.
Ma alla fine chi è questo Charles Ferguson? Devo ammettere che il suo nome mi è del tutto ignoto. Ed un’occhiata alla scheda di Charles Ferguson su imdb non aiuta granché: a quanto pare prima di “Inside Job” ha girato solo un altro documentario, “No End In Sight”, dedicato alla guerra in Iraq. A questo punto sospendiamo giudizi e pregiudizi, ed aspettiamo che arrivi dalle nostre parti.
Stroncato Tavernier
Non altrettanta fortuna, almeno per il pubblico e i giornalisti presenti al Festival, sembrano avere avuto le altre pellicole di ieri. Il Corriere liquida con due parole “La Princesse de Montpensier” del veterano Bertrand Tavernier, film in costume e in concorso ambientato all’epoca della guerra tra ugonotti e cattolici. Repubblica invece apre proprio su di lui: “Amori e guerre, Tavernier torna al Cinquecento”; e a riferire sulla tiepida accoglienza riservata al film, in questo caso, è Natalia Aspesi.