L’arte di Charlie Chaplin è ora in mostra a Milano

La Fondazione Cineteca Italiana di Milano rende omaggio, in questi mesi, ad un grande regista, nonchè attore, produttore e quant’altro, di nome Charlie Chaplin.

La mostra, allestita nella sala principale dell’Area Metropolis 2.0, si compone di rari e preziosi manifesti sulla vita e l’arte di questo maestro cinematografico, provenienti anche dall’Archivio della Cineteca Svizzera di Losanna.

L’area espositiva, accessibile fino a giugno 2010, è stata inaugurata ieri (mercoledì 21 aprile) con la proiezione di una pietra miliare della cinematografia: City Lights (Luci della Città) del 1931.

La trama

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Il nostro Charlot (Charlie Chaplin), vagabondo spiantato, s’innamora di una giovane fioraia cieca (Virginia Cherrill), e cerca di assisterla dandole denaro e conforto, facendole però credere di essere un ricco gentiluomo.

Riesce a farsi aiutare da un vero milionario (Harry Myers), che ha salvato dal suicidio: questi, tuttavia, gli offre amicizia solo quando è ubriaco.

Nasceranno così innumerevoli e divertenti avventure, che si concluderanno con l’arresto del povero Charlot.

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A differenza della prima scena (che si dice sia stata girata almeno 300 volte, causa il perfezionismo a dir poco morboso di Chaplin), quella finale si risolse in poche ore: la ragazza, riacquistata la vista, riconoscerà il suo umile benefattore solo dopo avergli sfiorato la mano.

Un finale “giusto“, come lo definì il regista, in cui nulla è esagerato; in cui vediamo per la prima volta (grazie all’introduzione della pellicola pancromatica, che traduce i colori in una gamma di grigi più ampia) le lacrime disarmanti di Charlot.

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Ed in cui tutto si interrompe senza finire, perchè lo stesso Chaplin ha ritenuto giusto lasciare che fossimo noi a concludere la storia.

Il primo film sonoro ma non parlato

City Lights è il primo lungometraggio sonoro di Charlie Chaplin: in realtà il regista nutriva una certa ostilità verso questa innovazione che andava diffondendosi in quegli anni, poichè a suo parere costituiva un discreto problema per il personaggio di Charlot, nato dalla comicità muta dello slapstick.

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Decise quindi di resistere con la pantomima, ma di cogliere comunque l’opportunità di potervi aggiungere musica ed effetti sonori.

E addirittura compose un’intera partitura d’orchestra, partendo dal motivo di una canzone popolare di Jose Padilla, La Violetera (Who’ll buy my violets), e inserendovi delle variazioni per i momenti d’incontro tra Charlot e la fioraia.

Un esile vagabondo con la bombetta: questo è Charlot, eroe tragicomico

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La figura di Charlot (così chiamato dalla Francia del primo dopoguerra) nasce nel 1914 con il secondo cortometraggio prodotto dalla Keystone, Kid Auto Races in Venice (Charlot si distingue).

Scarpe rotte e troppo grandi, così come i pantaloni; una bombetta, i baffetti ed un bastone: l’abbigliamento proviene dalla Londra dei quartieri poveri, dove Chaplin è nato e cresciuto.

Ciò che però lo rende comico è il movimento, l’atteggiamento di colui che “malgrado tutto, si rifiuta di ammettere che gli capita qualcosa di eccezionale e cocciutamente cerca di conservare il prorpio sussiego”, il proprio contegno.

In parte è anche questo che conferisce un certo sadismo all’arte di Charlie Chaplin: egli racconta le disgrazie e le illusioni dell’uomo contemporaneo (non solo a lui, ma anche a noi), del vagabondo senza patria nè amici, la cui unica aspirazione è quella di conservare la sua esistenza.

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Sebbene tutto ciò venga raccontato attraverso la parodia, Chaplin non ci concede una vera risata: la comicità viene risolta con situazioni tragiche.

E dopo l’apparente commedia, restiamo inevitabilmente commossi e costretti a riflettere.

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Le gag al ristorante in City Lights, tra cui lo scambio di mani e sigari tra Charlot e il milionario ubriachi, ci mostrano in verità la drammatica condizione umana del nostro eroe, raggiungendo l’apoteosi nel finale, quando egli sarà privo di bastone e camicia, simboli dell’indifferenza alla mala sorte che lo aveva finora salvato dalla tristezza.

“[…] sia per un negoziante, che per un albergatore, un editore o un attore, alla base di ogni successo non c’è che la conoscenza della natura umana.” (Charlie Chaplin)

Ed ora la comicità di “City Lights”: Chaplin e Myers al ristorante

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