Anteprima Cinemio, Woody Allen: A Documentary

Questo documentario, presentato di recente a Cannes dove Woody è da sempre amatissimo, rappresenta un’ottima occasione per ripercorrere i momenti salienti della sua vita e rivivere assieme i tanti capolavori che ha realizzato.

Gli inizi

Quando  Heywood Allen Stewart Cönigsberg ha iniziato a scrivere battute e sketch, ha deciso anche che era il caso di usare uno pseudonimo, Woody Allen, un nome ormai scolpito nella storia del cinema e non solo.

Gli inizi di Woody sono tra tv e teatro. Quando scrive la sua prima sceneggiatura (Ciao Pussycat) la sua comicità è abbastanza grossolana, parla soprattutto alla pancia dello spettatore.

Il comico resta insoddisfatto dalla riuscita del  film, la sua idea viene stravolta, facendogli decidere che avrebbe iniziato a dirigere e a interpretare i film che scriveva.

E’ il caso di Che fai rubi?, in cui usa molte scene del film giapponese Kagi no Kagi, fino a  trasformarlo in una farsa con il doppiaggio inglese: parodia degli 007, nella  folgorante ricerca della ricetta di un’insalata.

Più o meno lo stesso tipo di comicità, con lui stesso rigorosamente attore protagonista, riguarda i quattro film successivi che ha diretto: Prendi i soldi e scappa, Il dittatore dello stato libero di Bananas, Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso…. e Il dormiglione.

Il primo è uno spassoso esempio di mockumentary, riguardante la vita di un improbabile criminale;

il secondo fa emergere per la prima volta la maschera tipica di Woody, un’uomo insicuro, timido, al limite della nevrosi, che in questo caso si ritrova ad essere dittatore di uno staterello (Bananas appunto). Sempre più spassose le gag e le trovate;

nel terzo film pare voler testare la resistenza del suo pubblico di fronte a sketch dissacranti, su un argomento come il sesso, di per sè difficile da affrontare;

infine con Il dormiglione Allen sperimenta la parodia dei film di fantascienza, miscelandola ad una irriverente critica verso la tecnologia e, come raramente era successo fino ad allora, verso la biogenetica.

Questa fase della sua carriera ha portato il regista al successo, grazie soprattutto al suo talento naturale per la comicità, che risulta semplice ma assolutamente mai banale.

Nel mezzo ha scritto e interpretato Provaci ancora Sam, diretto da Herbert Ross, con tutt’altra fortuna rispetto a Ciao Pussycat. Qui Sam è costretto ad un assurdo confronto con Humphrey Bogart, in una eccezionale parodia di Casablanca.

Il trailer originale del documentario

La maturità

Diane Keaton

L’incontro con Diane Keaton è una vera svolta nella vita e nel percorso artistico di Woody. Con due matrimoni falliti alle spalle, l’attrice  rappresenta un amore importante e consolida uno straordinario sodalizio artistico, che nel 1977 culmina in Io e Annie.

Due anni prima il comico porta a compimento Amore e guerra, omaggio a Tolstoj e parodia dei classici russi. Qui la Keaton interpreta la cugina e amata dell’impacciato protagonista, Boris. Non mancano i riferimenti al grande Eisensteijn e al cinema nord-europeo, a Bergman in primis.

Ma come dicevamo, la vera svolta per Woody Allen è rappresentata dal film Io e Annie.

Viene abbandonato lo stile slapstick degli esordi e il commediografo costruisce quella che sarà la sua poetica universalmente riconosciuta. Nel monologo iniziale del film ne presenta le caratteristiche con un’ironia nuova, più amara, complessa e che oltre alla pancia colpisce la mente e le riflessioni dello spettatore.

Si tratta di un film bello per la sua semplicità, dal modo di recitare ai temi di vita quotidiana (l’amore, la morte, le nevrosi contemporanee, la psicoanalisi), eppure molto complesso, specie nella rappresentazione di Manhattan come un bunker separato dal resto del mondo, antitetico rispetto a Hollywood e a Los Angeles.

Io e Annie vince ben quattro oscar, ma Allen conferma la sua opposizione a hollywood, ritenendo poco serio mettere in competizione film diversissimi tra loro, e non presenzia alla cerimonia di consegna.

Una svolta ancora più drastica è Interiors, primo film drammatico del regista di Brooklyn. In questo caso il riferimento al cinema di Ingmar Bergman è palese, la regia è dinamica, intelligente e Allen non compare come attore. Una importante prova di maturità.

Molto si è già detto su Manhattan, film simbolo, girato in bianco e nero e che all’epoca non convinceva affatto Woody, ma il seguito gli ha dato decisamente torto.

Anticonformismo e Mia Farrow

Nonostante l’accoglienza pessima della critica, Stardust memories è un’opera essenziale nella nostra retrospettiva. Allen fu addirittura accusato di aver copiato 8e mezzo di Fellini, ma la sua ammirazione verso il regista riminese non è mai stata un mistero.

Questo è un film senza peli sulla lingua, un atto di rabbia verso chi apprezza solo le sue commedie (specie le prime), verso i fan che non amano le riflessioni e anche verso la critica, un po’ ottusa un po’ moralista. Autobiografico o no, il film è pervaso di un’ironia amarissima che lo rende assolutamente imprevedibile; e questo piace.

In questo periodo il regista incontra Mia Farrow, con la quale ha un’intensa e duratura relazione. Come accadde con la Keaton, la relazione prelude anche ad una duratura collaborazione, che frutterà ben 13 film assieme.

Nel 1983 realizzano Zelig, film che completa il percorso iniziato con Prendi i soldi e scappa, sulla strada del mockumentary. I temi sono di ben altro valore: il protagonista soffre di una strana malattia che gli fa assumere caratteristiche psicosomatiche dipendenti dalle persone e dal luogo dove si trova, il tutto raccontato come in un documentario anni ’20. Ma questo conformismo camaleontico è una malattia molto più diffusa di quel che si pensi e la struttura del film, da questo punto di vista, è strettamente metaforica.

Tanti film di questo periodo esprimono una critica sprezzante a quegli ambienti borghesi e intellettuali che, suo malgrado, Allen conosce bene. Non fanno eccezione Broadway Danny Rose, La rosa purpurea del Cairo e soprattutto Hannah e le sue sorelle.

Addirittura fa di nuovo capolino un grande russo come Dostoevskij in Crimini e misfatti, uno dei lavori più interessanti di questa fase.

La struttura del documentario

Il documentario si inserisce nella serie American masters, con una durata originale di circa tre ore. Andato integralmente in onda sulla PBS, è stato snellito e dimezzato per la presentazione a Cannes e per la distribuzione BIM.

La prima parte della vita di Woody, per intenderci quella che abbiamo analizzato sopra, copre gran parte della durata. La struttura è quasi psicoanalitica, il racconto e le risposte del protagonista sono serie, come se fosse su un lettino dallo strizzacervelli. Sembra essere una costante nella sua vita oltre che nei suoi film.

L’importanza di questo aspetto è testimoniata dalla trovata presente in Io e Annie, quando invece di dividere lo schermo al montaggio, Allen fa dividere meccanicamente la scena dai rispettivi dottori con Diane Keaton. Segno che il raccontarsi è un momento sacro e paradossalmente inutile.

Il regista Robert Weide ha inoltre raccolto le preziose testimonianze di Diane Keaton, Penelope Cruz, Naomi Watts, Josh Brolin, Sean Penn, Martin Scorsese e  Scarlett Johansson. In questo modo è riuscito a realizzare un lavoro complicatissimo, su un personaggio complesso e sfaccettato, autore prolifico, dalla creatività instancabile.

Un film all’anno

Dall’87 al 2012 Woody ci ha regalato un film all’anno, secondo un principio apparentemente stupido “almeno in questo modo ogni due anni farò un film riuscito”.

Nei fatti, però, è un principio che ha trovato un certo riscontro e lui è sparito o quasi come interprete, dedicandosi maggiormente al ruolo dietro la macchina da presa.

In tutto questo grande sforzo creativo c’è stata la separazione traumatica da Mia Farrow dopo la scoperta della relazione con Soon-Yi Previn, figlia adottiva coreana della Farrow e del suo ex-marito. Uno scandalo, dal quale il commediografo è uscito a modo suo, senza clamore e grazie anche al matrimonio con la giovane amante.

La qualità delle sue produzioni può aver subito l’influenza dello scandalo. Tra i titoli di maggior successo possiamo sicuramente citare La dea dell’amore del 1995, Harry a pezzi nel filone autobiografico e Accordi e dissacordi, testimonianza del suo immenso amore per la musica e terzo mockumentary, interpretato da un istrionico Sean Penn e da Uma Thurman.

Gli anni duemila sono, generalmente, percepiti come anni di involuzione nel cinema di Woody. In patria lo ha punito anche il botteghino, mentre in Italia e Francia è sempre più seguito ed amato. La sua nuova musa pare essere Scarlett Johansson, interprete di Match point, Scoop e Vicky Cristina Barcellona.

Un ritorno al passato si è avuto con Basta che funzioni, dove Larry David interpreta una sorta di alter ego dei classici personaggi interpretati da Woody Allen. Boris Yellnikoff è infaati un fisico candidato al Nobel cinico e totalmente disilluso, che dopo aver tentato il suicidio, ritrova stimoli e voglia di vivere sposando una giovane ragazza. E’ il film simbolo della nuova maturità del regista, che per alcuni è noiosa, per altri è saggia e consapevole. Per chi ama i suoi film è semplicemente Woody.

 

 

 

 

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