Arriva in sala da domani il nuovo film del regista Pierre Morel che, dopo From Paris with love (2010) ritorna con Sean Penn e Javier Bardem in un action dalle tinte noir adattato da un romanzo di Jean-Patrick Manchette: The Gunman.
The Gunman
Jim Terrier (Sean Penn; Gangster Squad, I sogni segreti di Walter Mitty) ha operato in diverse zone pericolose come Agente Speciale Internazionale. È profondamente innamorato di Annie (Jasmine Trinca; Nessuno si salva da solo, Maraviglioso Boccaccio) che dovrà lasciare a seguito di un’azione segreta che lo porta necessariamente lontano da lei. Ma il passato torna ad ingombrare la sua vita.
Trailer del film:
Passo incerto
Quello che fa rabbia è cercare di intuire i motivi per il quale una colonna portante del cinema hollywoodiano come Sean Penn abbia deciso di affidarsi, per una sua discesa nell’action hero tipico de I mercenari, ad un regista come Pierre Morel che, nella sua mediocrità, era riuscita a definire definitivamente, nel bene e nel male, la figura di Liam Neeson nel primo capitolo di Taken. E Penn ci ha creduto fortemente, lavorando per anni al progetto, in parte producendolo e scrivendolo.
Il problema nell’adattare il testo di Manchette, datato 1981, è proprio l’estrema voglia di prendersi sul serio dove, in primis, proprio Sean Penn e risulta non essere totalmente credibile nella sua componente di uomo d’azione spacca tutto e vendicativo. Difatti, accanto ad una convincente Jasmine Trinca nella sua prima prova hollywoodiana, riesce a dare il meglio di sé nella sua componente più intimistica e sottile. Accanto a lui un personaggio davvero mal caratterizzato interpretato dal poliedrico Javier Bardem (Skyfall, The counselor: il procuratore) e la presenza di un attore importante come Ray Winstone (Biancaneve e il cacciatore, Noah) che, malgrado l’incerta sceneggiatura, riesce comunque a spiccare in verità.
Il problema alla base di The Gunman rimane ancora una volta il copione: interessante è ben accetto l’idea di cavalcare il tema dello sfruttamento delle risorse minerarie della Repubblica democratica del Congo e la conseguente denuncia delle scorrettezze delle multinazionali. Il problema è che questo thriller/action tinto di un certo noir d’altri tempi non trova una sua connotazione definita nel ritmo e nei rapporti tra personaggi, definendo una bella fotografia dei luoghi (tra l’Africa, Londra e Barcellona) ma non definendosi nell’idea di regia che, sostenuto da un buon copione ed un montaggio meno forsennato, avrebbe potuto rendere di più e giustificare le tematiche e la seriosità.