Recensione: Louis C.K., “Hilarious”

Oggi parliamo di una stand-up comedy, ovvero di una forma di spettacolo (solitamente televisiva) che consiste di un solo attore che – sostanzialmente – racconta barzellette, reggendo la scena per un’intera serata. Ammetto che solitamente non sono proprio un fan di questa roba, anche perché gli esempi italiani…

… sono abbastanza deprimenti: se ci penso, il primo che mi viene in mente è Panariello (il secondo è Beppe Grillo, che è un genio ma sappiamo che ultimamente non fa più il comico). Comunque nel mondo anglosassone è diverso, Regno Unito e Stati Uniti hanno una nobile tradizione di stand-up comedians: sarà che l’inglese si presta meglio ad un certo humour, sarà che c’è più tolleranza verso certi contenuti provocatori e borderline, o sarà semplicemente che sono più bravi.

Louis C.K., come molti di loro, si è fatto conoscere in programmi come il Late show with David Letterman e Late Night with Conan O’Brien. Non so molto altro di lui, salvo che uno dei suoi spettacoli è diventato un film – “Hilarious” – che per di più è stato addirittura presentato al Sundance di quest’anno (ed è la prima volta che il festival concede l’onore ad una stand-up comedy).

In Italia Louis CK resta un perfetto sconosciuto – almeno per il momento – dunque non so se e quando vedremo Hilarious nella nostra lingua. Intanto me lo sono recuperato in rete, e l’ho trovato strepitoso fin dai primi istanti:

“Grazie, buonasera a tutti. E dicendo tutti, ehm, intendo… voi, ovvero: tutti quelli che sono qui. In effetti non dovrei dire tutti, perché la maggior parte delle persone non è qui. E di gran lunga! La maggior parte delle persone è in Cina, in effetti. Anzi questo non è vero: la maggior parte delle persone è MORTA! Praticamente tutte le persone che sono mai esistite, ora sono morte. Anche tutti voi morirete, e quindi vi troverete ad essere morti per molto più tempo rispetto a quanto siete stati vivi. […] Sapete cosa siete? Siete dei morti che non sono ancora morti…

Così, senza alcuna soluzione di continuità, è passato da quella sempre imbarazzante situazione in cui il comico deve “rompere il ghiaccio” – al momento in cui spara la più banale e terribile delle verità, mettendoci di fronte al nostro tragico destino attraverso il meccanismo tipicamente comico dello spiazzamento.

E non che trascrivere queste sue parole renda l’idea, ovviamente, altrimenti ne avrebbe fatto un libro e non uno spettacolo. Per quest’ultimo occorre aggiungere il suo faccione da (ex) ragazzone americano:

louis-ck

Che poi non ride quasi mai, durante lo spettacolo, anzi ha un’aria burbera e nervosa; e se a noi fa anche ridere, questo in fondo è quasi un dettaglio. Louis CK parla di sé, di vicende personali e normalissime, ma poi dal particolare arriva sempre al generale: parla alla società, americana in prima istanza, ma in fondo dice molto anche su di noi che magari lo guardiamo dall’altra parte del mondo. Ha l’istinto per l’aforisma folgorante, la frase storica che – buttata lì sempre con l’aria di parlare del più e del meno – all’improvviso ti fa capire tutto. Anche le ovvietà alle quali non stai mai a pensare.

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