Recensione: “I Mercenari – The Expendables”

Alla fine qualcosa bisognerà pur dirlo, sul superfilm che raduna insieme Sylvester Stallone, Mickey Rourke, Dolph Lundgren, Eric Roberts, Bruce Willis, insomma praticamente tutti i protagonisti di un certo filone action movie hollywoodiano anni Ottanta (e c’è perfino un cameo dell’attuale governatore della California).

Una rimpatriata di vecchi ex-eroi ormai col catetere, come dice KriticoKattivo? Certamente è – anche – questo. Ma il livello del cast lo rende al tempo stesso un appuntamento da tenere d’occhio anche per chi, come il sottoscritto, detestava i film di Stallone & C. già all’epoca. Diamo infatti per assodato che “The Expendables” è ovviamente uno di quei film da prendere o lasciare, ovvero: se ti piacciono un certo tipo di intrattenimenti a base di violenza + trafficanti di droga + agenti segreti corrotti + eccetera eccetera, ti piacerà; altrimenti non ti piacerà.

I mercenari

Infatti non è questione se questo film ci piaccia o no: “The Expendables” fa inevitabilmente il punto su come una certa America (quella che una volta si sarebbe detto “imperialista”) vede se stessa, e come vede il mondo. Non è certo l’America di Obama, né quella della Hollywood ecologista e radical chic, ma l’America è – anche – questa. Del resto, in passato mi è successo varie volte di capire più cose – sul cinema, sulla vita, sul mondo – proprio da quei film che sulla carta erano esattamente agli antipodi dei miei gusti. Chiamatelo bisogno di evasione, chiamatela curiosità, ma senza quella voglia di sfottere che peraltro in questo caso sarebbe talmente scontata da non divertire nessuno (una crudeltà inutile).

Ebbene, per quanto riguarda la voglia di evasione, dico subito che non è stata soddisfatta. Non posso farci niente: io per “evadere” ho bisogno di provare quell’istinto basilare di identificazione che ti fa “essere” il personaggio per tutta la durata del film; ed in questo caso, immedesimarsi nella faccia di Stallone (ed ancor più nelle sue buffe tute paramilitari) è veramente difficile. Dunque non resta che guardare questi Mercenari con una curiosità distaccata, e priva di emozioni.

In questo senso, mi aspettavo una totale mancanza di pretese – dopotutto il regista è Stallone stesso – ovvero una mancanza di qualsiasi contenuto che potesse in qualche modo dirsi “filosofico”; ed invece, al di là delle varie forme di combattimento messe in scena (bombe, pallottole, spade, calci e pugni) qui di momenti “filosofici” ce ne sono eccome. In effetti è giusto: i guerrieri non si nascondono di essere invecchiati, sono in crisi di mezza età e si sentono orfani del loro eroismo – non a caso, Stallone & C. sono appunto una banda di “mercenari” pronti a combattere solo per denaro. Ma ne soffrono. Oggi che non ci sono più buoni e cattivi, resta un gruppo di personaggi che hanno ancora – cinematograficamente – molti tratti dell’eroe, ma sono diventati cinici macellai senza più ideali (nemmeno il più scontato patriottismo).

Ma se i “buoni” non sono più davvero “buoni” come una volta, su chi siano i cattivi non ci sono proprio dubbi: sono talmente supercattivissimi che i mercenari – al confronto – ridiventano automaticamente angeli benefattori (ritrovando uno slancio di umanità che ritenevano di avere perso per sempre). Chi sono dunque i cattivi, oggi? Non più i comunisti (la guerra fredda è finita da un pezzo), e nemmeno i fondamentalisti islamici (anche l’11 settembre è ormai lontano). Ripeto, non si può pretendere da gente come Stallone che questo sottotesto psicologico venga approfondito più di tanto – il film resta artisticamente nullo – eppure è curioso che “I Mercenari”, così apparentemente “reaganiano” nell’estetica, si riveli invece una specie di rivisitazione disillusa ed amorale dei Rocky che furono. Un po’ come è accaduto – scusate l’accostamento blasfemo – al genere Western, dopo che il Western era morto.

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