Diretto da James Mangold con il piglio tipico di una saga americana Le Mans ’66 – La grande sfida riassume la sfida che la casa automobilistica di Detroit, Ford, lanciò, vincendola, alla Ferrari grande dominatrice negli anni Sessanta della corsa di Le Mans, la spettacolare 24 ore croce e delizia degli amanti delle gare a quattro ruote.
Le Mans ’66 – La grande sfida
Ottima ricostruzione per quanto riguarda i costumi e i colori tipici dell’epoca, ovvero i primi anni Sessanta, gli anni del grande boom economico nel mondo occidentale, il film è chiaramente di parte, ricostruendo l’investimento economico e meccanico da parte della Ford, celeberrima casa produttrice di automobili brutte in una brutta fabbrica, come si fa dire al patron della casa di Maranello, Enzo Ferrari, al fine di riuscire a battere sul circuito di Le Mans i rivali italiani.
I protagonisti della grande sfida sono Carroll Shelby (Matt Damon) ex corridore ritiratosi a causa di un serio problema cardiaco e Ken Miles (Christian Bale) ingegnere britannico ed eroe di guerra per il Regno Unito, che, negli anni Sessanta, vivacchia con una officina meccanica ai limiti del fallimento, da sottolineare che nella pellicola non si accenna mai che l’uomo è un inglese trapiantato negli Stati Uniti a evidenziare solo il mito americano della rincorsa alla vittoria a tutti i corsi.
Antagonista è Enzo Ferrari (Remo Girone) relegato dal regista a poche battute ma che, malgrado lo scopo principale sia di mettere in cattiva luce i “nemici” italici, riesce tutto sommato a dare una immagine positiva del mitico “ingegnere” a guida di una delle più famose case automobilistiche nazionali.
Il trailer del film
Trattandosi di un film dedicato a una corsa automobilistica di resistenza, il ruolo riservato alle donne è assolutamente marginale.
La moglie di Miles, interpretata da Caitriona Balfe è la tipica donna anni Sessanta destinata a prendersi cura del figlioletto e della casa e, soprattutto, ad aspettare, come veniva richiesto agli angeli del focolare da un copione non scritto.
La parte forte della pellicola, la cui lunghezza supera la durata canonica di un film anche se, malgrado le sue due ore e mezza non coglie mai lo spettatore impreparato appassionandolo con continui colpi di scena, è data non tanto dalla dialettica che inizialmente vede coinvolti i manager della Ford, quanto dalla preparazione tecnica alla grande sfida di Le Mans.
Il ruolo del leone è sicuramente di Christian Bale alias Ken Miles che interpreta un uomo sopra le righe, a tratti guascone e sbruffone, ma dedito al suo lavoro con abnegazione fino al sacrificio totale così come l’epopea americana ha sempre richiesto fin dai tempi dei Padri Pellegrini.
Più che rivaleggiare con Ferrari, uomo probo che dà omaggio a Miles, il protagonista deve sfidare il politburo Ford che più che guardare alla valentia del pilota pensa all’etichetta e all’apparenza.
Il punto di vista ovviamente vira a far primeggiare gli uomini Ford sullo staff Ferrari che appare confusionario, con dirigenti quasi mafiosi e un pilota che sembra il meme di un personaggio a cartoni animati degli anni Settanta, tale Dick Dastardly, cinico pilota automobilistico mentre certe scene sul circuito mutuano la sfida sulle bighe del leggendario Ben Hur, kolossal fine anni Cinquanta .
Malgrado tutto l’opinione dello spettatore italiano riesce a sovvertire il trionfo della volontà a stelle e strisce per rilevare quanto lo staff Ford sia impregnato di quel fordismo simbolo della meccanizzazione più deleteria al punto da sacrificare l’Uomo per asservirlo agli interessi del gruppo societario.
Le Mans ’66 – La grande sfida resta un film interessante su una gara forse non più popolare come cinquanta anni fa, degli interpreti validi da ogni punto di vista e soprattutto una vicenda avvincente soprattutto per gli appassionati di circuiti automobilistici.