Humpday: la recensione

Allora, qualche giorno fa avevo introdotto questa specie di nuovo sottogenere cinematografico chiamato “mumblecore”: le sue regole, i suoi principi di base, ed infine i film che lo stanno definendo all’interno del cinema indipendente americano.

In particolare avevo accennato ad “Humpday” di Lynn Shelton, che di questo mumblecore è considerato un po’ l’opera-manifesto.

Nel frattempo, me lo sono visto. E le mie reazioni in proposito sono ancora da definire, perché ad essere onesti ho finito di guardarlo tipo sette minuti fa e non so bene se esplodere in un fragoroso “Embè??” oppure sottolineare i suoi punti di interesse e originalità.

Dunque, nel dubbio, vi racconterò di che parla. La storia mette insieme parecchi luoghi comuni da commedia: tanto per cominciare, che c’è una giovane coppia di marito e moglie, e che all’inizio sembrano tanto felici nella loro armonia coniugale. Anche un po’ annoiati? Sì, forse, chissà: ma se lo sono, non se lo dicono.

E poi, sai com’è, in piena notte suona alla porta di Ben ed Anna un vecchio compagno di università. Non di lei (cosa che metterebbe in moto meccanismi abbastanza telefonati verso il tradimento) ma di lui. E’ un barbuto biondino di nome Andrew, non si vedevano da una vita, e da allora la sua vita ha preso una piega del tutto diversa da quella di Ben: girare il mondo, oggi qui domani là, senza lavori/progetti/storie sentimentali da portare avanti.

Insomma, i due si ritrovano e si mettono subito a cazzeggiare frequentando artistoidi vari, finché non se ne escono con questa idea di dubbissimo gusto: girare un film porno gay “per eterosessuali”, con loro due stessi come attori ed autori. Il perché vogliano farlo non si capisce bene, anzi si capisce che non ne hanno alcun motivo: non sono tentati dall’omosessualità, né la loro amicizia sembra particolarmente morbosa (anche se sa di bromance).

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Il tipico triangolo causato dall’estraneo che rompe l’armonia famigliare, dunque, in “Humpday” assume sfumature abbastanza particolari. Perché naturalmente l’armonia si rompe davvero (provate un po’ voi a dire alla vostra donna, peraltro dopo avere cercato goffamente di nasconderlo, che volete girare un film di questo genere), ma non perché fra i due maschi scoppi una “vera” passione di tipo amoroso. E’ un gioco appunto, nel quale probabilmente si infilano solo per dimostrare a se stessi di essere abbastanza coraggiosi per farlo. O almeno questa è la mia interpretazione: il sesso omosessuale come una sorta di “sport estremo per eterosessuali”: ed insensato, come in fondo sono gli sport estremi.

Non mi dilungo sullo stile, che è infittito di “dialoghi da mumble mumble” nei quali l’improvvisazione ha un ruolo determinante: come si è detto, questo è infatti l’elemento più caratteristico del mumblecore. Chiudo invece insultando chi ha avuto la bella idea di aggiungere il sottotitolo che accompagna l’uscita italiana del film: “Humpday – un mercoledì da sballo”.

Qualcuno poi mi spieghi dove sarebbe lo “sballo”, ok?

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