#RomaFF12 – Distribuito in pochi cinema statunitensi lo scorso 04 Agosto 2017 in occasione del 50esimo anniversario dei fatti narrati all’interno della pellicola, il 10° film della regista premio Oscar Kathryn Bigelow, Detroit (proiettato oggi alla Festa del Cinema di Roma) si presenta sin da subito come un trattato lucido e spietato di un’America che mai più di oggi sembra rivivere come fosse ieri il problema della disparità razziale tra bianchi e neri.
Detroit
“É un film anti-trump” sarebbe anche troppo facile da dire perché qui si tratta ormai di qualcosa di più dell’operazione fatta già lo scorso anno agli Oscar (e prima sempre qui alla Festa di Roma) con Moonlight.
La Bigelow, mantenendo il suo stile sporco e la macchina costantemente a mano, ricca di zoom, fuori fuoco, ombre e luci fredde, riesce ad addentrarsi in un racconto con fare documentaristico per raccontare (romanzando, certo) le vicende di un gruppo di ragazzi come tanti che, per via del colore della loro pelle in un momento di grandi movimenti di protesta e di rabbia di una città nei confronti delle autorità bianche, finiscono vittime di alcuni poliziotti sovversivi rispetto ad un sistema che sta cercando di progredire (almeno apparentemente) e di far si che tutto funzioni, in un’America che si sta avviando verso gli anni Settanta e che non può quindi permettersi una certa quantità di sangue versato e che però continua a mostrarsi ambigua nel prendere una direzione certa e chiara sulla gestione sociale, politica e giurisdizionale del paese.
Detroit non si limita banalmente a fare un discorso di vittima e carnefice perché per la Bigelow l’animo umano vive di sfumature e per questo tutti hanno, in qualche modo, ragione e torto: tanto i bianchi che cercano un modo per mantenere la tranquillità e il potere che si vedono sopraffatto giorno dopo giorno quanto gli uomini di colore che cercano l’indipendenza e la parità agli occhi della legge, oltre a riconoscimenti dei propri diritti in quanto uomini e donne.
In questo (tragico) momento politico statunitense il film della Bigelow centra ancora una volta, e più del precedente Zero Dark Thirty, l’obbiettivo nell’affermarsi come opera di grande carisma e ritmo (non si sentono affatto i 142 minuti di durata), supportato da una sceneggiatura (di Mark Boal) che riesce a fondere un racconto con immagini di repertorio al racconto di finzione e ad un cast in cui spicca Will Poulter (Maze Runner, Come ti spaccio la famiglia) e John Boyega (Attack the Block, Star Wars: Il risveglio della forza).