Chi è Weerasethakul, Palma d’Oro di Cannes 2010

Avevo già accennato al premio come miglior film assegnato a “Lo zio Boonmee che si ricorda delle sue vite precedenti” nel post sui vincitori dell’ultimo festival di Cannes. Ed in attesa di vederlo mi aspetto sia davvero bellissimo; se non altro perché ha un titolo talmente orrendo che per forza dovrà essere compensato in qualche modo.

E così immagino abbiano pensato anche quelli della BIM: quando hanno deciso di distribuire in Italia un film come questo, firmato da un regista il cui nome sembra una sequela di caratteri pescati a caso nello Scarabeo (Apichatpong Weerasethakul), e per giunta thailandese, dovevano evidentemente crederci tantissimo.

Onore a loro, dunque. Un po’ meno onore a Natalia Aspesi, che su Repubblica il 24 maggio ha commentato così la scelta della giuria:

“… Burton deve aver immaginato cosa il giovanotto thailandese potrebbe fare con il 3D o altre supertecniche miliardarie, quando con pochi dollari è riuscito a creare rustici misteri, magie bonarie, visioni fiabesche anche se molto di cartone, partendo dalla storia degli ultimi giorni di vita di un apicoltore che si sottopone a dialisi e si trova benissimo col fantasma della moglie e con l’orango che era precedentemente suo figlio”.

Cosa c’entra il 3D? Ci avete capito qualcosa da un riassunto così? No? Nemmeno io. In compenso mi sto sforzando di guardare – un pezzo per volta, devo ammetterlo – un film precedente di Weerasethakul (che d’ora in poi chiamerò amichevolmente “control V” perché riesco a scriverlo solo facendo copiaeincolla), dal titolo “Tropical Malady (Sud Pralad)”. Che poi, zitto zitto, anche questo se ne era uscito da Cannes 2004 portandosi a casa nientemeno che il Premio Speciale della Giuria.

tropical-malady

Ma veniamo al film. La storia racconta l’amore omosessuale tra Keng (un soldato) e Tong (un contadino). Dopo una prima parte in cui il loro rapporto si svolge nella tranquilla vita di campagna, avviene l’imponderabile: il contadino sparisce nella foresta; e siccome c’è una leggenda secondo cui un uomo può trasformarsi in un animale feroce, il soldato si avventura nella giungla tropicale per cercarlo.

Se non altro la Aspesi non aveva torto quando parlava di “visioni fiabesche”, e a quanto pare sono il suo forte. Lo stile registico di “control v” Weerasethakul mi pare molto raffinato, ma mi pare anche molto una mattonata. I dialoghi sono rarefatti e abbastanza criptici, l’azione si svolge tra lunghi silenzi. Temo che giungerò stremato alla fine della visione, ma prima di stramazzare al suolo cercherò comunque di farvi sapere se ne è valsa la pena…

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